The Wrong Biennale è “una biennale d’arte internazionale indipendente, multiculturale, decentrata e collaborativa”, con una forte base digitale, fondata dallo spagnolo David Quiles Guilló, in tempi non sospetti, ovvero nel 2013, molto molto prima che la pandemia ci costringesse a casa e che follie e speculazioni legate al mondo degli Nft portassero l’arte digitale sotto le luci della ribalta. Oggi arriva alla sesta edizione.
Questa biennale si articola in Padiglioni virtuali e Ambasciate nel mondo fisico, così come in numerosi eventi online e dal vivo sparsi per tutto il mondo, nati dall’iniziativa di curatori e artisti locali, e supportati da The Wrong Studio. E se l’edizione del 2018 era stata benedetta dal New York Times come “la risposta del mondo digitale a Venezia”, ospitando artisti e curatori come Elisa Giardina Papa, Marisa Olson, Lorna Mills, Kamilia Kard, El Popo Sagre, Systaime, Patrick Lichty, oggi e in seguito all’Nft Craze ci troviamo innanzi a un panorama necessariamente variato, con progetti che portano nel dibattito Web3 e metaversi come “Homo Metaversus: The Transition” o “Superinternet World” e iniziative transmediali e nostalgiche dell’era del post internet e della net art, come “Post Animals”, “Covid 1984”, o l’esplicito “Net Art Died But Is Doing Well”.
L’iniziativa di New Float, il padiglione berlinese curato da Manuel Rossner, si colloca come un interessante ibrido delle due correnti. Come afferma Rossner, “dopo un picco di interesse per l’arte digitale durante il lockdown e l’attenzione della stampa, per lo più di natura speculativa, l’attenzione si concentra ora sulle qualità effettive del mezzo e su ciò che può dirci su noi stessi e sulle nostre comunità in tempi incerti.” Se da un lato New Float nasce nel 2022 come ‘museo virtuale’, nel tentativo di rispondere alla “urgente necessità di un museo per l’arte digitale e gli Nft a Berlino”, dall’altro è riuscito a dare eco e continuità alla comunità di artisti digitali pre-Nft Craze, ospitando all’interno del suo spazio digitale nomi estremamente conosciuti nel mondo della net art come Simon Denny, Sofia Privet, Rafaël Rozendaal, Kim Asendorf e Casey Reas.
Come comunicare, e soprattutto come collaborare nell’era della post verità, della propaganda, dei deepfake e della totale confusione di estetiche e linguaggi simbolici?
Clusterduck
Per di più, la galleria di New Float si colloca simbolicamente in uno spazio fisico altamente dibattuto, ossia la landa desolata su cui è in atto la dispendiosa realizzazione del nuovo museo per l’arte del XX secolo a firma Herzog & de Meuron, di fronte alla iconica Neue Nationalgalerie di Berlino. Allo spazio digitale, visitabile online, fa infatti da pendant un edificio visibile in augmented reality, sovrapponibile al gigantesco cantiere che ormai domina il difficile spazio tra Kulturforum e Potsdamer Platz.
Una scelta assolutamente consapevole e programmatica, come spiega Rossner: “L’obiettivo di New Float è riflettere sulla cultura digitale e colmare il divario tra spazio online e offline. Con il nostro edificio interamente digitale accanto alla Neue Nationalgalerie di Berlino, invitiamo i visitatori in una nuova realtà tra l'edificio e l'ambiente codificato.”
In occasione di questa edizione di The Wrong Biennale, Manuel Rossner ha temporaneamente adibito il suo museo virtuale a padiglione digitale, aprendo una nuova stanza, dedicata al Solo Show del collettivo Clusterduck: “Deep Fried Feels”. L’opera transmediale a detta di Clusterduck è la prima preview di un progetto sviluppato durante la loro residenza presso Fondazione Paul Thorel, che inaugurerà questo Marzo a Gallerie d’Italia a Napoli per poi diffondersi tra varie istituzioni e musei, ed “elabora il trauma della perdita di informazioni nel mondo delle infrastrutture complesse”. Come afferma Rossner, “l’incredibile risultato è quello di mostrare, intensificare e allo stesso tempo contestualizzare i fenomeni online che sono troppo veloci e nebulosi per essere individuati.” Dietro immagini ipersature e figure buffe Clusterduck nasconde domande tragicamente urgenti: “come comunicare, e soprattutto come collaborare nell’era della post verità, della propaganda, dei deepfake e della totale confusione di estetiche e linguaggi simbolici?”
Come i “meme fritti” – ovvero i meme che, passando di piattaforma in piattaforma e di chat in chat, via via perdono informazioni comprimendosi, fino a diventare simili ad un quadro astratto nel quale colori, informazioni e, alla fine, il significato stesso dell’immagine vengono persi – o come gli avatar 3D, che spesso ritroviamo imprigionati in un lag, con espressioni orrorifiche, per via del fatto che i nostri computer, connessioni wifi o schede grafiche non sono adeguati a supportare le piattaforme estremamente pensanti che caratterizzano i metaversi; o come le simbologie surreali, strane e maledette scaturite dai vari software di IA Generativa, che ci aprono ad un mondo perturbante e incomprensibile, facendoci sentire al cospetto di un intelligenza “altra”; così l’opera di Clusterduck ci parla di come l’ipercomunicazione mediata e l’iper produzione di contenuti sta oggi rendendo difficile, se non impossibile, la cooperazione in molti campi del sapere e del fare, oltre a confondere in modo quasi irrimediabile la trasmissione di quei sentimenti che ci rendono umani.
Con l’augurio di non perdersi tra le piogge di contenuti e nel rage biting, la mostra è visitable sulla piattaforma spatial.io.
Immagine di apertura: Il New Float Museum dall’esterno, per come si vede in Augmented Reality.