Nari Ward a Milano, un inno alle cose e alle loro molteplici esistenze

Negli spazi di Pirelli HangarBicocca, Nari Ward porta il suo universo multiforme di oggetti, (anti)monumenti all’umanità, nati da una montagna di rifiuti.

Semi di mango, bottiglie di plastica e di vetro, corde, terra, zucchero cristallizzato, bancali di legno, guanti da cucina, tessuto, piante di aloe, stringhe da scarpe, plexiglass, forni a microonde, lampadine. L’eterogeneo elenco potrebbe andare avanti ancora a lungo, perché questi rappresentano poco più di un decimo dei 114 tipi di materiali e oggetti di recupero usati da Nari Ward per comporre la sua ultima, colossale e insieme intima, mostra retrospettiva a Pirelli HangarBicocca di Milano, curata da Roberta Tenconi con Lucia Aspesi.

Qui, attraverso una trentina di opere, vengono messi in scena altrettanti anni di produzione artistica urgente e coerente come poche altre. Carismatico sessantenne newyorkese di origini caraibiche, Ward è un accumulatore seriale ma è, soprattutto, un riconfiguratore meticoloso, ordinato e rituale di “cose” scartate, sfasciumi espulsi dal circuito consumistico che vengono recuperati, manipolati e assemblati in un processo di profonda rigenerazione estetica e di significato.

Nari Ward Hunger Cradle, Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio. Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca

Questi ex oggetti vengono riscattati dalla perdita di senso e valore economico, smarriti con la loro funzione d’uso, per diventare dispositivi di attivazione dell’immaginazione degli spettatori attraverso le tracce di memorie individuali e collettive che quelle fibre logore e superfici scrostate portano ancora su di esse. L’intenzione dell’artista di far nascere meraviglia, stupore e incanto, trasformando umili rifiuti in (anti)monumenti all’umanità e alla nostra capacità di cambiare, rigenerarci ed evolvere, è dichiarata fin dall’apertura del percorso espositivo.

Qui i visitatori devono letteralmente attraversare la prima opera: un tunnel di fili e corde intrecciati in un groviglio blu in cui galleggiano oggetti diversi. Hunger Cradle (1996-2024) sembra una crisalide fremente che sta per creare bellezza; una rete di pescatori in cui sono rimaste impigliate cose ed esistenze naufragate; un tunnel spaziale che fa viaggiare nel tempo tra ricordi e speranze; un frammento del nostro cervello dove, come ci hanno appena fatto vedere neuroscienziati di Harvard con ricercatori di Google, ci stanno miriadi ramificate di cellule e connessioni neuronali.

Foto Agostino Osio. Courtesy l'artista e Pirelli HangarBicocca, Milano

Sembra anche una crudele tela di ragno, con le sue vittime intrappolate, che proietta incantevoli intrecci d’ombre sul pavimento. La scultura ambientale ‒ che dalla sua prima presentazione in una ex caserma dei pompieri ad Harlem viene ogni volta riallestita per adattarsi all’ambiente espositivo di turno inglobando nuovi elementi locali ‒ sembra queste e tante altre cose perché riesce a essere proprio quello che l’artista desidera creare col suo lavoro, ovvero “(…) uno spazio visivo ed emotivo che combina poesia, immaginazione e memoria”.

L’intenzione dell’artista di far nascere meraviglia, stupore e incanto, trasformando umili rifiuti in (anti)monumenti è dichiarata fin dall’apertura del percorso espositivo.

Come riuscì a raggiungere anche con la mostra “Gilded Darkness” a Milano, curata da Massimiliano Gioni e prodotta da Milano Sport e dalla Fondazione Nicola Trussardi, allestita al Centro Balneare Romano nel quartiere di Città Studi, nel settembre del 2022. I 4.000 m² di superficie della piscina all’aperto, inaugurata nel 1929, erano stati ricoperti da centinaia di coperte termiche di quelle che vengono usate nel primo soccorso, anche dei migranti. Grazie a quell’alluminio dorato, l’immensa vasca era diventata un mare scintillante bellissimo e commovente, leggermente increspato dal vento, che parlava di naufragi e disperazione ma anche, ancora una volta, di speranza e di cambiamento.

Foto Agostino Osio. Courtesy l'artista e Pirelli HangarBicocca, Milano

Un’immagine poetica e politica che combinava memoria e immaginazione lavorando sul potere emotivo dei luoghi, intensificando gli echi delle vite umane che essi, come gli oggetti, contengono e preservano. Prendersi cura delle cose, nella pratica di Nari Ward, equivale a prendersi cura delle persone, delle loro storie. Lui ha iniziato raccontando la propria, ragazzino emigrato dalla Jamaica agli Stati Uniti, utilizzando come materiale artistico i rifiuti raccolti nel suo quartiere.

Il suo discorso è però inclusivo, si allarga alle travagliate vicende della sua comunità, dalla diaspora al movimento Black Lives Matter, fino ad abbracciare temi universali come il dolore e la speranza. Come testimonia, tra le molte opere distribuite sotto le alte navate buie dell’Hangar, la piccola e potente, fragile e struggente Behold, ancora risalente al 1996. Si tratta dell’assemblaggio di un passeggino, una scala e un deambulatore, ovviamente di recupero, legati in un intreccio di fili bianchi, una tessitura che fa pensare all’inesorabilità del tempo e alla continuità della vita, all’esistenza del singolo che si esaurisce per far spazio ad altre.

Foto Epw Studio e Maris Hutchinson. Courtesy l'artista e Lehmann Maupin

Una metafora emozionante che attesta quanto il racconto imbastito da Ward sia oppositivo alla cultura della mercificazione delle cose, delle persone e dei luoghi. L’atto di riciclare, recuperare a una vita nuova, per Ward ha però poco o nulla a che vedere con preoccupazioni ecologiste, come ha dichiarato lui stesso in un incontro pubblico milanese: “Molti mi attribuiscono un pensiero green perché riciclo materiali. Però non sono direttamente legato al movimento ambientalista”. Nari Ward, piuttosto, ricicla con scopi immaginativi e liberatori, per dimostrare che ogni oggetto, come ogni esistenza, può uscire da un destino segnato e diventare qualcos’altro, rinascere. In fondo, riciclare significa salvare.

Immagine di apertura: Ritratto di Nari Ward. Foto Axel Dupeux. Courtesy l'artista e Lehmann Maupin

  • Nari Ward, Ground Break
  • Pirelli HangarBicocca, Milano
  • Dal 28 marzo al 28 luglio 2024