Un giro nella street art di Bologna, insieme ad Alicè

Alice Pasquini, nota street artist, ci ha guidato in una città ricca di opere d’arte a cielo aperto, grazie a un’iniziativa di Ford Italia.

“La cultura hip hop diceva che se non avevi i soldi per frequentare le scuole artistiche, l’arte te la dovevi inventare” racconta Alice Pasquini, in arte Alicè, davanti a un’opera che copre il muro scuro del parcheggio multipiano della stazione di Bologna. È di Daim, ovvero Mirko Reisser, artista tedesco conosciutissimo per il suo lettering 3D.

Apprezzati, stigmatizzati, voluti o no, legali o illegali, i graffiti e i murales sono entrati a far parte del paesaggio urbano delle città che viviamo. La street art nasce a New York e poi si diffonde in tutto il mondo. In Italia, una delle città che per prime ha abbracciato il movimento è stata Bologna. Ne abbiamo parlato con Alicè, street artist, scenografa e illustratrice italiana che ci ha accompagnati in un tour della città grazie a un’iniziativa di Ford Italia.

L'opera realizzata da Alicè per Ford Italia.

Nata e cresciuta a Roma, Alicè ha girato il mondo con la sua arte, dalle prime opere in Italia fino ad arrivare a San Paolo e Hong Kong, ma ha lasciato la sua firma anche nel capoluogo emiliano.
“Oggi Bologna è costellata di murales di grandi dimensioni, grazie a un progetto del comune nel 2012 intitolato ‘Frontier’” ci dice Alicè “ma in realtà tutto ha inizio da una mostra del 1984 che deve essere ricordata”. Sta parlando di “Arte di frontiera: New York graffiti”, allestita alla Galleria civica d’arte moderna. È una mostra che ha fatto la storia grazie alla partecipazione di artisti del calibro di Kenny Scharf, Crash, John Ahearn, Toxic, Haring e Basquiat, e fortemente voluta da Francesca Alinovi, critica d’arte uccisa l’anno prima di vedere la sua idea realizzarsi, che aveva vissuto negli Stati Uniti proprio durante gli anni del boom della street art, a contatto con i suoi esponenti più interessanti.

Ci mostra poi i murales verticali e tridimensionali di Dado e Etnik nel quartiere di San Donato, che era incluso in quel progetto del 2012 di riavvicinamento della periferia al centro attraverso la street art. 

Un'opera di Alicè in Via Pratello. Courtesy Ford Italia

“Io non sono una grande fan dei muri bianchi, anche se ne ho realizzati alcuni nella mia vita. Mi piace creare le mie opere su supporti ruvidi, irregolari, già ‘sporchi’. Dicono qualcosa in più” ci confida mentre camminiamo al Pratello, dove si concentra un’altissima quantità di opere di artisti provenienti da tutto il mondo, dalle stampe sui muri di Guerrilla SPAM, al murales di Ericailcane e Bastardilla, fino alle saracinesche dei negozi di Mp5 e Ale Senso, due street artist donne. “Purtroppo è difficile trovare artiste che fanno street art. A volte ho chiesto a mio marito di accompagnarmi mentre realizzavo le opere, i passanti si fermavano e facevano i complimenti a lui”. 

Alice Pasquini in arte Alicé. Foto Cristina Ciancaglioni. Courtesy Ford Italia

Su una delle saracinesche di via Pratello, Alicè ha raffigurato una ragazza con un mazzo di fiori colorati in mano che nasconde una parte del viso dietro la tenda, ricordando che quella di strada “è un’arte che scatena polemiche” e nel corso della sua carriera i problemi non sono di certo mancati, ma riconosce che dopotutto “è il rischio di firmarsi con il proprio nome”.

Quando ci spostiamo a San Giovanni in Persiceto a bordo della nuova Ford Puma, l’artista ci mostra un’ultima opera, realizzata da lei nel 2021. Il titolo è Mille Papaveri Rossi, e rappresenta le donne della Resistenza: staffette partigiane, operaie, braccianti agricole, donne rimaste sullo sfondo nella narrazione della guerra di Liberazione. “Tengo molto a quest’opera perché è un omaggio alle donne dimenticate” dice Alicé, che conclude il nostro viaggio con un’opera che ci ricorda ancora una volta la spinta rivoluzionaria della street art e il suo impatto positivo.

Mille Papaveri Rossi di Alicé. Foto courtesy Alicè

Immagine di apertura: Via Pratello, Bologna

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