In tutta Europa avanza la destra. Terremoti e conferme politiche, disegnano una nuova composizione tra i banchi del parlamento EU per la decima legislatura. È un nuovo Stato, di certo, ma quale? Non c’è dubbio: il quarto, anche se completamente diverso da quello che rese famoso uno dei più grandi pittori del XIX e XX secolo: Giuseppe Pellizza da Volpedo, il paese del Piemonte dove nacque il 28 luglio 1868 e morì il 14 giugno 1907. Pellizza è noto al grande pubblico per uno straordinario manifesto democratico: Il Quarto stato. Un corteo inarrestabile avanza verso il futuro, dipanando la narrazione di un’Italia in subbuglio, colta nel vivo delle sue contraddizioni e delle sue speranze. Un’epopea visiva, un dipinto palpitante di umanità che cattura l’essenza stessa di un popolo in cammino verso la propria indipendenza, verso il potere democratico. Una metafora, mutatis mutandis, dello sconquasso che il voto europeo ha appena creato in Europa, con il leader dei due stati più importanti – Emanuel Macron, presidente della Francia, e Olaf Scholz, cancelliere della Germania, sul punto di dare le dimissioni. Qualcosa di impensabile, anche solo fino a ieri.
La democrazia europea del quarto stato
Il quarto stato non era semplicemente una rappresentazione del proletariato, ma raccontava un ideale, quello democratico, quantomai attuale dopo lo sconquasso delle ultime elezioni europee.
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- Valentina Petrucci
- 14 giugno 2024
Immersi tra la folla di Pellizza, possiamo quasi percepire il fremito silenzioso che anima la massa solo apparentemente diversa da quelle europee di oggi. I volti, scolpiti con realismo crudo e potente, raccontano storie di fatica e di lotta, sogni infranti e tenace speranza. Le figure, disposte con sapiente equilibrio compositivo, formano un blocco compatto e inarrestabile, un’onda umana che s’infrange contro le ingiustizie. La luce, sapientemente modulata, illumina i volti e sottolinea i dettagli, rendendo la scena ancora più viva e palpabile.
Pellizza non si limita a ritrarre una protesta, ma dipinge un ideale. Il “Quarto Stato”, a cui il titolo allude, non è solo la classe operaia, ma l’umanità intera che anela a un futuro più giusto e dignitoso.
Da vero maestro Pellizza non indugia su gesti plateali o espressioni scomposte. In primo piano, tre figure spiccano come vessilliferi di questa lotta silenziosa. La donna, scalza e fiera, stringe al petto un bambino, simbolo del futuro per cui si combatte. Accanto a lei, un uomo dal portamento eretto, la mano sulla cintola in segno di sfida, incarna la tenacia e l’intransigenza dei manifestanti. Un terzo bracciante, più silenzioso e riflessivo, completa il quadro, rappresentando la diversità e la ricchezza di questa classe lavoratrice.
Dietro di loro, un mare di volti si estende, ognuno con la sua storia da raccontare, ognuno con la sua scintilla di speranza negli occhi. Non c’è spazio per individualismi, per protagonismi vuoti. È la forza del collettivo, l’unione inestricabile di questi uomini e donne, che fa tremare le fondamenta del potere.
Da par suo, Pellizza non si limita a ritrarre una protesta, ma dipinge un ideale. Il “Quarto Stato”, a cui il titolo allude, non è solo la classe operaia, ma l’umanità intera che anela a un futuro più giusto e dignitoso. È un’immagine che scuote le coscienze, che invita alla riflessione, che alimenta la speranza.
Nell’opera di Pellizza, ritroviamo echi della grande tradizione artistica italiana. L’impostazione solenne ricorda gli antichi fregi romani, mentre la resa dei volti, così carichi di espressività e la composizione scenica, richiamano i grandi capolavori del passato, come l’Ultima cena di Leonardo o la Scuola di Atene di Raffaello.
Il Quarto Stato è più che un dipinto. È un monito, un inno, una profezia. È l’immagine di un mondo che si risveglia, di un popolo che reclama i propri diritti, di un futuro che si apre finalmente all’orizzonte. Manifesto democratico e divisionista, movimento artistico di cui Pellizza fu uno dei massimi esponenti, Il Quarto stato, con le sue piccole macchie di colore, permette all’artista di creare una sorta di vibrazione luminosa che amplifica la tensione emotiva della scena. Un capolavoro tecnico che diventa un monito. Un dipinto d’ ammirare, una storia da leggere, un racconto che ci parla di un’Italia che si stava facendo nazione, tra dolori e speranze, tra lotte e conquiste. Un’opera che ci ricorda che la storia non è fatta da re e condottieri, ma da uomini e donne comuni che, con il loro lavoro, con il loro sacrificio, e con le loro idee costruiscono il futuro, un futuro democratico. Un augurio che vale sempre, soprattutto oggi.
Immagine di apertura: Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, 1901