Era il 17 Marzo del 1805, Napoleone Bonaparte proclamava il regno d’Italia.
Dalla Repubblica al regno, il tutto sotto la benedizione di Papa Pio VII.
Bonaparte conquistò il bel paese e le sue meraviglie, una figura, la sua, dove la potenza politica di ogni suo gesto reclamava gloria e potenza. Naturalmente furono numerosi gli artisti italiani, e non solo, che rimasero affascinati da Napoleone tra cui Andrea Appiani, che sempre nel 1805 scelse di ritrarre l’imperatore nel giorno della sua incoronazione nel Duomo di Milano.
Solenne, severo, altero e un po’ sdegnoso, in una posa a tre quarti, Napoleone viene ritratto come il Re d’Italia. Appiani realizza un’opera maestosa, autorevole, in cui Napoleone appare tanto Re quanto uomo, di potere sì, ma senza una posa poco reale, ma più regale. La cerimonia d’incoronazione avvenne il 26 Maggio del 1805, pochi giorni dopo la dichiarazione del regno d’Italia e un altro artista rese omaggio a quel momento: Gaetano Monti.
Nel 1811 venne commissionata all’artista ravennate una scultura destinata sull’Arco del Sempione, l’Arco della Pace di Milano, ma la caduta di Bonaparte nel 1814 mise una pausa alla realizzazione, che riprese poi nel 1826 per volontà dell’Imperatore Francesco I d’Austria.
Conservato oggi presso la Pinacoteca di Brera, il rilievo in marmo ritrae Napoleone come un antico imperatore. Al suo cospetto la Repubblica Italiana nelle vesti di una donna con una corona con le torri. La donna indica con la mano destra il popolo mentre con la sinistra regge la Corona Ferrea, elemento che legittima l’incoronazione di Napoleone. “Iddio me l’ha data. Guai a chi la tocca” disse Bonaparte in quel momento.
Era il 17 Marzo del 1805. É il 17 Marzo del 2023. Un nuovo secolo, una diversa arte. Una repubblica in crisi, un’Europa in crisi. Ancora guerre e lotte di potere, ancora stragi d’innocenti causate dall’egoismo di un solo uomo al comando.
Emmanuel De Las Cases riporta queste parole di Napoleone: “Ad un tratto un cane sbuca di sotto il mantello di un cadavere, si slancia verso di noi, e ritorna subito nel suo nascondiglio emettendo dolorosi guaiti. La bestiola leccava, convulsamente la faccia del morto, e si dirigeva poi di nuovo verso di noi come per implorare soccorso, o per chiedere vendetta. Fosse lo stato d’animo, o il luogo o il tempo o il fatto stesso, o altro che non so spiegare, certo è che mai nulla, in nessun altro campo di battaglia, mi ha tanto commosso. Mi fermai un momento per apprezzare quella scena. Quest’uomo, mi dicevo, forse ha degli amici, ne ha forse in questo campo, nella sua compagnia, e giace qui, abbandonato da tutti meno che dal suo cane! Che lezione ci dà la natura tramite un animale!...
Che cosa è mai l'uomo e quale è il mistero delle sue impressioni! Avevo, senza commuovermi, ordinato battaglie che dovevano decidere della sorte dell'esercito, avevo veduto, con occhio distaccato, eseguire movimenti che portavano alla perdita di molti tra noi e ora mi sentivo toccato nel profondo dai gemiti e dal dolore di un cane... Quello che è certo è che in quel momento sarei stato più arrendevole verso un nemico supplichevole: capii meglio il gesto di Achille che restituisce il corpo di Ettore al pianto di Priamo” (Da Il Memoriale di Sant’Elena).
Immagine di apertura: Napoleone Bonaparte, Re d'Italia, ritratto da Andrea Appiani. Foto da wikimedia commons