Il bilancio delle vittime continua ad aggravarsi, i morti sono ormai più di quarantamila. Violento, troppo violento il terremoto che, nella notte del 6 febbraio, ha distrutto molte città tra la Turchia meridionale e la Siria settentrionale. Le squadre di emergenza lavorano giorno e notte, ininterrottamente. La terra continua a “muoversi” e a tremare, da sempre. L’umanità appare devastata dalle tragedie che negli ultimi anni sembrano inarrestabili: pandemie, guerre, catastrofi climatiche e naturali.
Silvestro Lega, artista romantico del XIX secolo, dipinse tra il 1858 e il 1863, per il sacello della Madonna del Cantone, quattro lunette rappresentanti le quattro calamità da cui la Madonna protesse Modigliana, la sua città natale: la Carestia del 1563, la Guerra, la Peste del 1630 ricordata anche da Alessandro Manzoni, nonché la terribile spagnola del 1855 e infine il Terremoto del 1649 e quello del 1816.
Quattro lunette ex-voto che ornano gli archi ciechi della navata, quattro scene dove le tragedie vengono descritte in maniera quasi silenziosa seppur terrificante. Morte e distruzione, paura e sgomento. I colori tipici della pittura di Lega appaiono ancor più cupi, meno dolci e soavi. Donne, uomini e bambini colpiti da tragedie dalle quali è difficile sfuggire. Lega studia gli spazi e li sfrutta nella loro prospettiva in maniera eccellente dove ogni dettaglio si lega al momento sostenendo tutto il dolore raffigurato.
Nella notte tra l’11 e il 12 settembre 1927 la Crimea subì uno dei terremoti più devastanti della storia, l’epicentro era situato a sud di Yalta, sotto il fondo del mare, e si estendeva lungo la costa. I pescatori hanno percepito dal mare le prime avvisaglie e quindici minuti dopo la mezzanotte iniziò la tragedia.
Kuzma Petrov-Vodkin, artista russo vissuto tra il XIX e XX secolo, dedicò al momento una tela magnificente, dal titolo Terremoto in Crimea. Tutto appare quasi calmo, ordinato. Le figure maestose, monumentali, quasi statuarie. La scena si divide in due momenti. Nella parte di destra il momento è concitato, i personaggi agitano le braccia come a chiedere aiuto, mentre nella parte sinistra tutto sembra calmo, come se nulla fosse. Uomini, donne e bambini escono in maniera ordinata dalle loro abitazioni.
A dividere la scena un uomo appoggiato alla colonna, si nasconde, si mette al riparo, è impietrito, terrorizzato. La sua figura viene descritta come la più esile, così assottigliata, allungata, contrariamente alle altre che sembrano la personificazione della forza di quel popolo.
Mala tempora currunt et peiora premunt. Gli antichi romani ricorrevano a quest’espressione per esprimere difficoltà in tempi presenti, prevedendone in futuro altre: corrono cattivi tempi e peggiori incalzano. Prendiamone atto e correggiamo il possibile.