Gallerie, case d’asta, collettivi o singoli artisti: nel momento più acuto della crisi di Covid-19, quando le strutture sanitarie rischiavano il collasso, la risposta del mondo dell’arte è stata solida, pronta e creativa, con iniziative di beneficenza che hanno contribuito a portare un po’ di respiro a ospedali e istituti di ricerca. D’altra parte, la situazione degli artisti contemporanei in questo preciso momento storico è nera: se prima si poteva sperare di sostenersi attraverso la vendita di opere, frutto di relazioni intessute con gallerie e collezionisti, ora con l’imporsi dell’isolamento le possibilità sono di fatto abbattute.
Su cosa possono fare affidamento gli artisti, quindi? Gli aiuti ci sono, ma scarseggiano. Il principale è quello governativo, emanato il 16 marzo attraverso il decreto Cura Italia: un fondo di 25 miliardi stimati per il 2020 al quale possono attingere lavoratori autonomi, partite Iva, co.co.co, stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali, operai agricoli a tempo determinato e – infine – lavoratori dello spettacolo, come riportato nel testo ufficiale. Un aiuto che funziona, nell’erogazione di 600 euro, ma che pone gli artisti nello stesso calderone con tante altre categorie che poco hanno a che fare con l’ambito creativo. Il 22 aprile è stato firmato il via libera a ulteriori 20 milioni dello stesso decreto, destinati questa volta a teatro, danza, musica, circhi, festival; anche qui, non compare un interesse specifico per gli artisti visivi.
C’è stato anche il Fondo Speciale per gli Artisti NUOVOIMAIE – Nuovo Istituto Mutualistico per la tutela dei diritti degli Artisti Interpreti Esecutori, che presenterà probabilmente un nuovo bando a giugno. Tuttavia, anche qui il sostegno è destinato a “tutti gli artisti danneggiati nella professione dagli eventi legati all’emergenza Coronavirus, come ad esempio l’annullamento di un concerto o di uno spettacolo musicale dal vivo, di una rappresentazione teatrale, una produzione cinematografica, una fiction o un turno di doppiaggio”. Si torna al campo audiovisivo, cinematografico, teatrale e musicale. Anche in questo caso, gli artisti non ne fanno parte.
Traendo le conclusioni, l’impostazione di questi aiuti economici rappresenta un po’ lo specchio della percezione che si ha di questa categoria: marginale, difficile da inquadrare e promuovere. Arte come intrattenimeno, quindi, e non come produzione di senso. E non parliamo di quelli che hanno fatto la storia del Novecento raggiungendo alte quotazioni, oppure i pochi che sono riusciti ad affermarsi sul mercato internazionale: si parla di quella fascia medio-bassa che eppure è molto consistente, e porta avanti da decenni una ricerca personale, esistenziale, legata a una riflessione sul tempo vissuto. E che il loro posto sia relegato in dei circuiti di nicchia, percepiti come distanti dal fulcro socio-economico del Paese – e magari dalla sua ripartenza – è forse un problema che nasce ben prima dell’insorgere della pandemia di coronavirus. Tuttavia, lo ribadiamo, il loro operato (gratuito) in questa emergenza non è stato del tutto insignificante: basti pensare a quanto abbia influito sulla raccolta fondi destinata a questa emergenza sanitaria e umanitaria, come gli oltre 700.000€ raccolti da Perimetro con l’iniziativa 100 fotografi per Bergano, per citarne uno.
Oltre alla rilevanza degli artisti visivi in ogni nazione, bisogna tenere conto anche dei modelli economici diversi per ogni paese e delle differenti soluzioni proposte. I modelli virtuosi ci sono. Provengono dal Nord Europa e non solo. L’Arts Council England mette a disposizione 160 milioni di sterline per artisti e organizzazioni in difficoltà, di cui una grossa fetta viene ripartita tra l’Institute of Contemporary Arts, la London Philharmonic Orchestra, il National Theatre, la Royal Opera House. Berlino, ormai settimane fa, ha stanziato un fondo di 500 milioni di euro, ripartito tra gli artisti e liberi professionisti della capitale tedesca con delle erogazioni a partire da 5.000 euro pro capite. Nello stesso periodo, l’assessorato alla cultura della Comunità autonoma di Madrid stanziava un piano di acquisizioni di opere d’arte per un ammontare complessivo di 500mila euro: un investimento lungimirante visto che, oltre a sostenere diverse realtà del sistema artistico cittadino, viene in questo modo ampliata la collezione pubblica di CA2M – Centro de Arte Dos se Mayo, centro d’arte di Madrid che vanta già di una raccolta di duemila pezzi.
Fervido è anche il panorama degli aiuti che si stanno muovendo oltreoceano: gli Stati Uniti, immersi in una grande crisi, con massicci licenziamenti tra lo staff dei musei e delle gallerie più potenti, vede dall’altra parte moltiplicarsi i sostegni destinati agli artisti, tra grants e emergency fund. Programmi stilati da fondazioni private, come il Desert X Artist Relief Fund, spazi no profit e talvolta anche da istituzioni pubbliche, come il City of Boston Artist Relief Fund, erogato dalla Città di Boston. Per ottenerli è necessario compilare le application e rispondere a tutti i requisiti richiesti, che a volte si rivolgono a minoranze sociali, come l’Arts Leaders of Color Emergency Fund destinato a neri o indigeni, o alle donne, come nel caso dell’International Women’s Media Foundation Journalism Relief Fund.
Tra le iniziative nostrane segnaliamo “#10cents – Art at the Supermarket, The Supportive Art Revolution”, ideato da Giuseppina Giordano: un progetto diffuso di arte contemporanea e filantropia che verrà lanciato il 4 maggio e coinvolgerà artisti dall’Italia, New York, Londra, Sideny, San Francisco, Seoul, Lahore, Pakistan, Grecia. Come a dire qui da noi agli artisti ci devono pensare gli artisti stessi.
Immagine di apertura: foto Andy Massaccesi, parte del progetto 100 photographers for Bergamo, Perimetro
Immagine di anteprima: foto Cristóbal Olivares, Chile, parte del progetto 100 photographers for Bergamo, Perimetro