Nicola Pellegrini, artista ed erede della Galleria Milano, insieme agli storici collaboratori Toni Merola e Bianca Trevisan, riprende oggi, quando tutti siamo in casa, l’idea dell’autoprogettazione di Mari ma riferita alle opere d’arte. Tra i tanti lodevoli progetti degli artisti visti in questo periodo che hanno donato le loro opere a favore di ospedali e centri di ricerca, questo spicca per essere altro.



Autoprogettazione
Gianluca Codeghini, Fai finta di esistere. Autoprogettazione di un oggetto per autoalimentare una finta, 2020

Autoprogettazione
Emilio Fantin, La costruzione dell'immagine interiore del diamante dodecaedrico, 2020 (Leonardo da Vinci, Dodecaedro)

Autoprogettazione
Ugo La Pietra con Lucio La Pietra, La riappropriazione della città: i tuoi itinerari, 2020

Autoprogettazione
Gianluca Codeghini, Fai finta di esistere. Autoprogettazione di un oggetto per autoalimentare una finta, 2020

Autoprogettazione
Emilio Fantin, La costruzione dell'immagine interiore del diamante dodecaedrico, 2020 (Leonardo da Vinci, Dodecaedro)

Autoprogettazione
Ugo La Pietra con Lucio La Pietra, La riappropriazione della città: i tuoi itinerari, 2020
Nel 1974 Enzo Mari presentava alla galleria Milano la mostra “Proposta per un’autoprogettazione”, nella quale metteva a disposizione di tutti una serie di disegni e istruzioni per farsi i mobili da sé – quelli essenziali, la sedia, il tavolo, l’armadio, il letto. Nella proposta di Mari c’è quell’attitudine critica nei confronti di un mondo, quello della produzione su larga scala, che priva le persone della propria capacità di fare e trasformare. Il suo era un progetto aperto che ciascuno poteva modificare, divenuto talmente famoso che paradossalmente è stato prodotto da una grande azienda, Artek, con la complicità del designer.
La proposta dell’autoprogettazione delle opere d’arte, a cui hanno aderito oltre una settantina di artisti, racconta però qualcosa d’altro. Intanto fornire le istruzioni è un atto di generosità, in questo simile a quello di Mari, significa smontare l’aura, mettere in gioco un’idea di arte che si basa sulla collaborazione e condivisione dei pensieri prima e degli atti poi. L’arte non è una sola, non lo è mai stata, le sue categorie sono molteplici, e oggi sempre di più.

Questo progetto mette in gioco pratiche artistiche che trascendono il mercato, o meglio che esistono indipendentemente dal mercato anche se a volte lo intercettano, gioca con l’idea della copia e si interroga su quale sia la funzione dell’arte. La domanda non è nuova ma in questo momento particolare acquista un altro ulteriore senso. Al progetto partecipano quegli artisti, alcuni famosi altri meno, che da anni praticano forme d’arte che interagiscono con lo spettatore, lo coinvolgono nella produzione delle opere, oppure le creano insieme ad altri artisti, qualcuno tra loro non ha messo in questione l’autorialità dell’artista ma è disponibile ad atti e momenti condivisi come questo.
È un gruppo esteso di persone che si ritrova a riflettere sul senso del proprio fare, su quale sia il ruolo dell’artista a fronte della consapevolezza che non sarà più come prima – migliaia di persone hanno già perso il lavoro nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo – e che è necessario riprogettare le nostre vite a partire da un atto felice come quello di farsi la propria opera d’arte.
Il progetto è visibile sul sito autoprogettazione.com e su Instagram dove ciascuno può postare l’opera che ha realizzato in un dialogo per immagini con tutti gli altri.

In apertura: Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini, perhaps home is not a place but simply an irrevocable condition, 2020