Dal 3 al 5 novembre a Torino c’è Artissima 2017. Con l’occasione la città inaugura molte mostre. Ne abbiamo scelte cinque per voi.
1. Carlos Garaicoa. “El palacio de las tres historias”, alla Fondazione Merz (dal 30 ottobre 2016 al 4 febbraio 2018)
Un progetto espositivo inedito. Grandi installazioni, opere fotografiche e video. L’artista cubano si sofferma sulle spinte differenti che caratterizzano Torino: quella industriale, quella razionalista e quella del riuso di edifici abbandonati quale palestra di sperimentazione di nuova socialità e trasformazione. Queste le parole della curatrice della mostra Claudia Gioia: “Carlos Garaicoa guarda le città, le architetture e i sogni sottesi, quelli dismessi e quelli ancora realizzabili; ne legge le trame, le offese e i ricordi incancellabili e poi con instancabile creatività traccia altre prospettive, innesta vecchio e futuro, disegna nuove linee di fuga e cerca il comune e la moltitudine quali soggetti di un incessante divenire altro.
Come già l’Avana ha costituito un punto di partenza per indagare il senso e le possibilità di una stagione del vivere sociale, così Torino diviene metafora della contemporaneità attraverso le parole, le immagini e la storia di un’utopia industriale e politica che si è fatta tessuto connettivo, volto urbano, fare e soggettività fino a scomparire, trasformarsi e declinarsi in qualcosa ancora da capire”.
2. Like a Moth to a Flame / Come una falena alla fiamma
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo & OGR Officine Grandi Riparazioni - dal 4 novembre al 14 gennaio 2018.
Se il titolo vi ispira, diciamo che vale la pena anche solo per i nomi dei tre curatori: Tom Eccles, direttore del Center for Curatorial Studies del Bard College di New York, Mark Rappolt, redattore capo della rivista inglese Art Review, e l’artista britannico Liam Gillick.
È una mostra la cui forza è proprio la curatela. I tre curatori hanno visitato tutti i musei di Torino, e hanno individuato un percorso tra le opere che i musei di Torino hanno prestato (due importanti al Museo Egizio e 100 oggetti), che si dipana per libere associazioni nel tempo e nello spazio. La mostra si divide in due sedi, e all’ingresso di entrambe troviamo opere dallo stesso titolo: “In girum imus nocte et consumimur igni”. All’OGR l’opera è di Cerith Wyn Evans, sitratta di un testo circolare realizzato in neon, (2006). Lo stesso titolo ha l’ultimo film Guy Debord: il video è punto di partenza della mostra alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. La frase articola un indovinello: cosa “gira di notte ed è consumato dalle fiamme”? Una possibile soluzione è una falena.
3. Cecile B. Evans, “Amos world Episode one”. Dal 3 novembre al 7 gennaio al Castello di Rivoli.
L’artista belga e americana (è del 2016 la sua personale alla Tate Modern) porta al Castello di Rivoli una nuova versione dell’opera “Amos world Episode one”. Si tratta di una video installazione, concepita come uno show televisivo in due episodi. Il primo episodio introduce Amos, un architetto che è una via di mezzo tra Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry e lo stereotipo dell’uomo bianco arrabbiato. Amos è costretto a confrontarsi con gli abitanti del complesso abitativo da lui progettato, che non intendono adeguarsi ai comportamenti prestabiliti, causando così una rottura nelle relazioni, reali e virtuali.
4. Uriel Orlow. “What Plants Were Called Before They Had a Name”. Al Pav (parco arte vivente) dal 5 novembre al 17 marzo 2018.
Che nomi avevano le piante prima che venissero scoperte? L’artista Uriel Orlow si interroga su quali fossero i nomi delle piante nelle lingue originarie del sud africa. Il lavoro rievoca il meccanismo di subordinazione che ha portato i colonialisti a rinominare la flora locale assimilandola al sistema di Linneo. Attraverso film, foto, installazioni e suoni, l’artista propone l’idea del mondo botanico come palcoscenico di complesse e articolate dinamiche politiche.
Niki de Saint Phalle 4 ottobre -14 gennaio al Museo Fico (MEF)
Unica esponente del Nouveau réalisme, Niki de Saint Phalle è la protagonista di due esposiioni: “Antologica” e “Il Giardino dei Tarocchi” (Tarot. From the Renaissance to today).