A Macel, gli artisti interessano tutti: di ogni età, provenienze e notorietà; in questo senso, manifesta una notevole libertà e la sua mostra risulta molto trasversale.
E anche degli artisti le interessa tutto: non solo il gesto creatore e il suo esito – l’opera – ma anche la quotidianità, i luoghi, i ritmi e i modi di vivere. E, infatti, la mostra si apre, nel Padiglione Centrale, con una serie di fotografie dell’artista serbo Mladen Stilinovic addormentato nel suo studio. È Artist at Work, opera del 1978: un atto concepito allora come rivendicazione di valori improduttivi come il tempo, la nullità, la non efficienza, nonché come resistenza passiva all’assorbimento da parte della politica.
Nell’Arsenale, invece, proliferano le opere legate alla trama, alla rete, all’intreccio, al tessuto; nelle forme più diverse, dalle grandi sculture murali di Franz Erhard Walther – premiato con il Leone d’oro per la partecipazione alla mostra internazionale – con cui è possibile interagire, ai lunghi ed eleganti intrecci sospesi di Leonor Antunes, al momento di grande felicità del muro di colori di Sheila Hicks: una gigantesca, multicolore cascata di morbidi e accoglienti pompon di lana.
Numerose le opere di carattere collettivo legate allo spazio pubblico, per lo più degli anni Sessanta e Settanta: Antoni Miralda, Joan Rabascall, Jaume Xifré, per citarne alcuni. Come a ribadire che queste opere hanno una forte relazione con la sensibilità odierna e hanno ancora molto da dire.
Se singoli episodi significativi come questi incoraggiano a trattenersi e ricordano che l’arte può colpire e sorprendere, l’insieme della mostra non risulta altrettanto motivante.
Lungo tutto il percorso le opere sono giustapposte in “stanze” che accolgono un artista ciascuna; un andamento all’insegna della leggibilità, che però genera un senso di reiterazione più che di sviluppo; tanto più che tra un’opera e l’altra la connessione è labile, o addirittura assente. La ripetitività dell’allestimento è particolarmente evidente nell’Arsenale, soprattutto nelle Corderie, per via del ritmo regolare, con le opere installate prevalentemente sui due lati dell’asse di scorrimento centrale. La scansione per sezioni contribuisce all’effetto didascalico dell’insieme. Questo assetto livellante influisce anche sulla percezione delle singole opere, che appaiono in molti casi inoffensive.
Pur con molte presenze poco ovvie e con molti nomi nuovi, la mostra risulta nel complesso ordinaria, offre meno di quanto il titolo entusiasta proponga e non genera novità.
Ma ciò che soprattutto colpisce è la sensazione di scollamento rispetto al tempo che viviamo. Il nostro presente è drammatico, feroce, è fatto di grandi scontri, di disgregazione, di emergenze umanitarie e di barriere che si alzano. Lo sentiamo incombere inesorabilmente. E gli artisti, i grandi rabdomanti di ogni tempo, le urgenze le sanno cogliere e le sanno esprimere; ne abbiamo avuto innumerevoli prove.
fino al 26 novembre 2017
Viva Arte Viva
Giardini, Arsenale, Venezia
Curatrice: Christine Macel