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Il vetro è protagonista assoluto della nuova sede Conad
Nel progetto per Sidera, la nuova sede direzionale del gruppo CIA Conad alle porte di Forlì, la società AGC Flat Glass Italia ha avuto un ruolo determinante.
Se la Milano del ‘900 è conosciuta per la qualità e la specificità dell’architettura del Moderno, l’avvento del nuovo millennio ha innestato nella città nuove “talee” di architettura internazionale. Dal 2000 ad oggi, Milano ha visto un rinnovamento molto forte, promosso anche dai grandi eventi ospitati dal capoluogo meneghino. Sono innumerevoli gli interventi, soprattutto di rigenerazione urbana, che hanno trasformato frammenti di città dandole una nuova immagine, spesso introducendo un seme di internazionalità ad interpretare una nuova vocazione globale della città. Questa trasformazione ha visto, più che in altri contesti italiani, una spiccata tendenza nel richiamare figure dello star system internazionale, nonché diverse firme insignite del prestigioso Premio Pritzker.
Domusweb ha voluto raccogliere, attraverso 15 architetture, il racconto di queste opere, fortemente legate alla firma dei loro autori. A fare da apripista, proprio agli inizi del decennio, è l’edificio per Il Sole 24 Ore di Renzo Piano. L’opera di rigenerazione del vecchio tessuto industriale viene presto seguita in varie altre parti di Milano verso un processo di graduale rinnovamento. Quattro anni più tardi viene concluso il nuovo edificio dell’università Bocconi, firmato da Grafton Architects, che con i suoi volumi imponenti cerca di interpretare i tessuti milanesi, riprendendone la materialità con i rivestimenti in ceppo di Gre.
Ma è senza dubbio nel 2012, tre anni prima dell’Expo Milano, che la città assiste a un rinnovamento radicale. Nell’area prossima alla stazione ferroviaria di Porta Garibaldi, Cesar Pelli firma il progetto della Torre Unicredit, tassello di un masterplan che ha costruito uno dei luoghi più iconici della Milano contemporanea. In questo processo di trasformazione dell’area di Porta Garibaldi, Milano prende la scena internazionale con il Bosco Verticale di Stefano Boeri, che fa della sua immagine verdeggiante un manifesto. Si passa così alle forme creative che hanno popolato City Life, dalle residenze prima, alle torri dopo, raccontando l’estro di Zaha Hadid, di Daniel Libeskind, e il rigore di Arata Isozaki.
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Degli stessi anni sono gli edifici del Mudec e Fondazione Prada, firmati rispettivamente da David Chipperfield e Oma, che con linguaggi distanti tra loro disegnano nuovi luoghi della cultura. E ancora, abbiamo Herzog e De Meuron, a reinterpretare la cerchia muraria spagnola per la Fondazione Feltrinelli, la forme organiche del Campus Bocconi di Sanaa, Norman Foster e l’intervento in Piazza Liberty, ed infine le residenze di Peter Eisenman in Città Studi.
15 progetti che non sono solo icone, ma aprono anche domande, su quale sia il portato dello star system all’interno della cultura progettuale milanese, pur avendo certamente fissato la città tra i centri pulsanti dell’architettura mondiale.
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1. Renzo Piano Building Workshop – Il Sole 24 Ore / Monte Rosa 91 (2003-riqualificazione del 2023)
Il complesso Monte Rosa 91, già sede del Sole 24 Ore, vede la fase di progettazione iniziare nel 1998, anno in cui Renzo Piano viene insignito del prestigioso Premio Pritzker. Il progetto si inserisce all’interno della trasformazione e rigenerazione di un complesso industriale esistente, del quale due corpi di fabbrica vengono inglobati nel nuovo intervento di Piano.
Sviluppato su sei piani fuori terra, l’edificio si dispone lungo la strada che cinge l’isolato, lasciando verso l’interno dello stesso lo spazio per una collina artificiale, al di sotto della quale è ospitato un auditorium. L’alberatura fa da contrappunto ad un’architettura spiccatamente tecnica, con facciate vetrate interrotte dai corpi scala, rivestiti in tavelle in terracotta. La copertura si solleva leggera, mostrando l’intreccio tra travi e pilastri in acciaio che sorreggono una sequenza di frangisole.
Un intervento sempre firmato Rpbw, concluso nel 2023, ha portato novità nel progetto come la riqualificazione della collina artificiale, sviluppando sulla sua superficie un sistema di terrazze e percorsi destinati a renderla fruibile da una articolata collettività di utenti. Leggi l'articolo dedicato al progetto.
Renzo Piano Building Workshop, Il Sole 24 Ore / Monte Rosa 91, Milan, 2023. Foto Enrico Cano.
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1. Renzo Piano Building Workshop – Il Sole 24 Ore / Monte Rosa 91 (2003-riqualificazione del 2023)
Renzo Piano Building Workshop, Il Sole 24 Ore / Monte Rosa 91, Milan, 2023. Foto Enrico Cano.
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1. Renzo Piano Building Workshop – Il Sole 24 Ore / Monte Rosa 91 (2003-riqualificazione del 2023)
Renzo Piano Building Workshop, Il Sole 24 Ore / Monte Rosa 91, Milan, 2023. Foto Enrico Cano.
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2. Grafton Architects – Università Bocconi (2008)
L’ampliamento dell’università Bocconi firmato dalle Grafton è esito di un concorso internazionale, e consegna alla città un edificio composto da volumi stereometrici, che raccolgono e interpretano il disegno del tessuto circostante.
Rivestito in ceppo di Gre, sulla scorta della tradizione meneghina, l’architettura è solcata da tagli e vuoti, che scandiscono la partitura del progetto, garantendo l’illuminazione per gli spazi più interni. Elemento centrale nell’esperienza dello spazio, è il grande foyer che è collegato visivamente con la strada attraverso una grande vetrata.
In generale, le geometrie così descritte, nel dialogo tra pieni e vuoti, spazi opachi e trasparenti, sembrano generare volumi sospesi, che riescono però a far percepire l’edificio come fortemente radicato al suolo, inserito saldamente nel tessuto costruito.
Grafton Architects, Università Bocconi, Milano, 2008. Foto di Corinto88, via wikimedia.
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2. Grafton Architects – Università Bocconi (2008)
Grafton Architects, Università Bocconi, Milano, 2008. Foto di Corinto88, via wikimedia.
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3. Cesar Pelli – Torre Unicredit (2012)
Torre Unicredit, disegnata dall’architetto argentino, si inserisce nell’ambito di rigenerazione per l’area di Porta Nuova Garibaldi, il cui masterplan porta la firma dello stesso Pelli. La torre è parte di un complesso di tre edifici disposti a semicerchio, che vanno a creare una piazza rialzata, a segnare una nuova centralità nella vita meneghina.
La torre diventa così l’elemento simbolico dell’operazione. Alta circa ottanta metri, l’edificio si avvolge a spirale verso l’alto, innestandosi in un corpo vetrato che volumetricamente insegue l’alzarsi della guglia. Il complesso di edifici definisce infatti un crescendo che ridisegna lo skyline urbano, attraverso corpi vetrati massicci, sottolineati dall’uso della pietra nei lati minori.
Cesar Pelli, Torre Unicredit, Milano, 2012. Foto Matteo Ceruti, via AdobeStock.
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3. Cesar Pelli – Torre Unicredit (2012)
Cesar Pelli, Torre Unicredit, Milano, 2012. Foto nicolecedik, via AdobeStock.
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4. Boeri Studio – Bosco verticale (2014)
Il Bosco verticale, costituito da due edifici a torre, diventa a Milano un’immagine dell’architettura vestita dalla vegetazione.
Il progetto segna in maniera chiara il linguaggio che caratterizza la ricerca di Boeri Studio (Stefano Boeri, Gianandrea Barreca, Giovanni La Varra), presentando l’idea di un’architettura in simbiosi con gli alberi e il concetto di rimboschimento delle città.
Il progetto diventa così uno strumento per accrescere la biodiversità locale, trasformando i balconi in vasche vegetate che, al variare delle stagioni, mutano l’aspetto della facciata, cercando di interagire anche con il microclima locale.
Le due torri sono quindi dei volumi semplici, con una finitura scura e balconi aggettanti, così da far risaltare la vegetazione sugli stessi. Ed è proprio questa che prende una parte importante della progettazione, nella scelta delle specie vegetali, dei colori e degli apporti ambientali, quasi a far diventare l’architettura un pentagramma silenzioso per la vegetazione che su di esso cresce.
Boeri Studio, Bosco verticale, Milano, 2014. Foto Arcansél, via AdobeStock.
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4. Boeri Studio – Bosco verticale (2014)
Boeri Studio, Bosco verticale, Milano, 2014. Foto franco ricci, via AdobeStock.
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4. Boeri Studio – Bosco verticale (2014)
Boeri Studio, Bosco verticale, Milano, 2014. Foto Renáta Sedmáková, via AdobeStock.
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5. Daniel Libeskind – Residenze Libeskind (2014)
Il complesso residenziale firmato dall’architetto decostruttivista segna la rigenerazione dell’area di City Life. Dai volumi imponenti, anche rispetto al tessuto edilizio circostante, le nuove residenze portano le forme spezzate tipiche dell’architetto.
I corpi sono alti fino a sedici piani, e sono caratterizzati da forme spigolose, sottolineate dalla presenza di fasce listellate in legno che corrono lungo l’intera altezza della facciata. La sequenza dei piani vede, nel coronamento, la presenza di ville urbane, che con doppie altezze e svuotamenti angolari, disegnano punti notevoli dell’architettura. I balconi, infine, di dimensione variabile, sottolineano la spigolosità degli edifici, come fossero tracciati da solchi profondi.
Daniel Libeskind, Residenze Libeskind, Milano, 2014. Foto Matteo Ceruti, via AdobeStock.
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5. Daniel Libeskind – Residenze Libeskind (2014)
Daniel Libeskind, Residenze Libeskind, Milano, 2014. Foto faber121, via AdobeStock.
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5. Daniel Libeskind – Residenze Libeskind (2014)
Daniel Libeskind, Residen Libeskind, Milano, 2014. Foto AlexMastro, via AdobeStock.
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6. Zaha Hadid – Residenze Hadid (2014)
Di contrappunto alle residenze Libeskind, le residenze Hadid, progettate dall’omonima architetta premio Pritzker nel 2004, sono caratterizzate da un disegno fluido e dinamico. Le forme delle residenze, nella sequenza di spazi vetrati, balconi e logge, ricordano quella di imponenti corpi navali incagliati nel mezzo del tessuto milanese.
La finitura bianca e i parapetti in vetro sono scanditi dall’uso del legno in facciata, restituendo un patchwork dinamico di materiali che aumenta la sensazione di movimento degli edifici. Come le residenze Libeskind, anche in questo caso i volumi del progetto presentano dimensioni considerevoli, con un coronamento che ospita ville urbane e vede uno scarto nel disegno della facciata, mostrando vetrate ampie e una linea di colmo movimentata.
Zaha Hadid, Residenze Hadid, Milano, 2014. Foto Matteo Ceruti, via AdobeStock.
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6. Zaha Hadid – Residenze Hadid (2014)
Zaha Hadid, Residenze Hadid, Milano, 2014. Foto Claudio Colombo, via AdobeStock.
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6. Zaha Hadid – Residenze Hadid (2014)
Zaha Hadid, Residenze Hadid, Milano, 2014. Foto Claudio Colombo, via AdobeStock.
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7. Arata Isozaki – Torre Isozaki (il dritto) (2015)
Torre Isozaki è la prima delle tre torri che caratterizza la piazza omonima. Progettata dall’architetto nipponico Arata Isozaki, premio Pritzker nel 2019, la torre si eleva come un corpo dritto (da qui il nome con il quale viene riconosciuto), la cui facciata è descritta da volute in vetro. La presenza di queste vetrate convesse permette all’edificio di risuonare colori diversi durante il giorno, colorandosi così d’azzurro o accogliendo le sfumature del tramonto.
Elemento notevole sono certamente le quattro staffe alla base, che, come contrafforti, sostengono l’elevarsi del grattacielo. L’opera, che si pone tra le ultime del maestro giapponese, riconosce un linguaggio quasi neo-International Style, e insieme al gruppo di torri progettate da Libeskind e Hadid, distingue un luogo di Milano in cui si respirano forme e atmosfere internazionali.
Arata Isozaki, Torre Isozaki (il dritto), Milano, 2015. Foto arcansel, via AdobeStock.
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7. Arata Isozaki – Torre Isozaki (il dritto) (2015)
Arata Isozaki, Torre Isozaki (il dritto), Milano, 2015. Foto Plflcn, via Wikimedia.
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7. Arata Isozaki – Torre Isozaki (il dritto) (2015)
Arata Isozaki, Torre Isozaki (il dritto), Milano, 2015. Foto Paolobon140, via Wikimedia.
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8. David Chipperfield – MUDEC (2015)
Sito all’interno di un tessuto storico milanese, il progetto rigenera l’area delle fabbriche dell’ex-Ansaldo. Qui, l’architetto inserisce dei volumi semplici, rivestiti in alluminio preverniciato, ad ospitare le gallerie espositive del Museo delle Culture. I materiali e le atmosfere del progetto guidano il visitatore in un’esperienza immersiva.
L’ingresso, al piano terra, individua uno spazio in cui la luce tenue scandisce il soffitto cassettonato in cemento armato prefabbricato. I colori bruni e grigi, insieme ai pilastri cilindrici, costruiscono una compressione dello spazio, utile ad aumentare la sensazione di leggerezza e ascesa che si ha salendo la scalinata per salire alle gallerie. Qui, una seconda hall, con un impianto centrale, sagoma una corte interna all’edificio: un alto spazio dalla forma sinuosa e una luce diffusa che, come un monolite, si inserisce nell’edificio.
David Chipperfield, MUDEC, Milano, 2015. Foto ezioman, via AdobeStock.
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8. David Chipperfield – MUDEC (2015)
David Chipperfield, MUDEC, Milano, 2015. Foto ezioman, via AdobeStock.
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9. OMA – Fondazione Prada (2015)
Fondazione Prada è un complesso di edifici siti in una vecchia distilleria, a sud della città. Parte di un processo di rigenerazione più ampio, Fondazione Prada vede la firma olandese OMA riutilizzare sette volumi esistenti, con l’aggiunta di tre nuovi volumi: una torre a svettare lungo l’ex-scalo ferroviario, uno spazio espositivo e un auditorium. Questo connubio, come scrive Rem Koolhaas, rende il progetto un dialogo costante tra progetto contemporaneo e riuso, stabilendo un costante rimando ad elementi in opposizione. E così passeggiando all’interno del progetto, si incontrano torri, ma anche volumi orizzontali, ampie corti, ma anche spazi stretti, finiture minimali e bianche, ma anche vernici color oro che fanno risplendere volumi del passato.
OMA, Fondazione Prada, Milano, 2015. Foto Fiorenzo, via AdobeStock.
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9. OMA – Fondazione Prada (2015)
OMA, Fondazione Prada, Milano, 2015. Foto Claudio Colombo, via AdobeStock.
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9. OMA – Fondazione Prada (2015)
OMA, Fondazione Prada, Milano, 2015. Foto simona, via AdobeStock.
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10. Herzog e de Meuron – Feltrinelli Porta Volta (2016)
Lungo quello che una volta era il limitare delle mura spagnole, Herzog e de Meuron disegnano un progetto composto da due edifici in linea, separati da una stretta fenditura, ad ospitare nuovi spazi per uffici. Il progetto, ancora incompleto, prevede un terzo corpo oltre gli edifici storici di Porta Volta, a completare il ridisegno dell’antico bastione.
Il progetto rilegge la misura del tessuto urbano circostante, con una sezione che non colpisce per l’altezza del progetto, quanto più per la forza espressiva data dalla ripetizione degli elementi strutturali in cemento armato. Il progetto è infatti caratterizzato da portali archetipici, che formano l’ossatura portante dei volumi, intervallati da vetrate, per tutta la lunghezza dei corpi. La radicalità del progetto è quindi risolta dai dettagli delle forme pure, dagli spigoli vivi, nonché di contrappunto alla piazza antistante, minerale, che segue le forme morbide del terreno.
Herzog e de Meuron, Feltrinelli Porta Volta, Milano, 2016. Foto august.columbo, via AdobeStock.
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10. Herzog e de Meuron – Feltrinelli Porta Volta (2016)
Herzog e de Meuron, Feltrinelli Porta Volta, Milano, 2016. Foto august.columbo, via AdobeStock.
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10. Herzog e de Meuron – Feltrinelli Porta Volta (2016)
Herzog e de Meuron, Feltrinelli Porta Volta, Milano, 2016. Foto Lalupa, via Wikimedia.
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11. Zaha Hadid – Torre Hadid (il curvo) e Shopping District (2017)
A comporre il trittico di torri di City Life, oltre alla torre Isozaki, troviamo la Torre Hadid. La torre è denominata “il curvo” per via delle forme morbide che descrivono l’architettura, in uno sviluppo che torce il volume del grattacielo. Interamente in vetro, il corpo dello stesso è caratterizzato da una fenditura che sottolinea la torsione del volume, il quale si radica al suolo dando vita ad un basamento che ospita lo Shopping District dell’area.
Questo assorbe le forme parametriche della torre, continuando la forte dinamicità della stessa, in una forma scultorea che avvolge lo spazio circostante. I due corpi, torre e basamento, si pongono quindi in continuità con le residenze progettate dalla stessa Hadid, mediando la verticalità delle tre torri con l’orizzontalità degli edifici circostanti.
Zaha Hadid, Torre Hadid (il curvo) e Shopping District, Milano, 2017. Foto Restuccia Giancarlo, via AdobeStock.
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11. Zaha Hadid – Torre Hadid (il curvo) e Shopping District (2017)
Zaha Hadid, Torre Hadid (il curvo) e Shopping District, Milano, 2017. Foto picture10, via AdobeStock.
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11. Zaha Hadid – Torre Hadid (il curvo) e Shopping District (2017)
Zaha Hadid, Torre Hadid (il curvo) e Shopping District, Milano, 2017. Foto Claudio Colombo, via AdobeStock.
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12. Foster + Partners – Apple Store Piazza Liberty (2018)
Come già successo in altre città del mondo, il progetto per lo store rappresentativo della compagnia americana della Mela, viene affidato allo studio Foster + Partners. L’edificio nasce
Con l’intenzione di leggere il genio del progetto urbano italiano, coniugando la mineralità delle piazze, con elementi naturali quali l’acqua. L’Apple Store di Piazza Liberty sorge così in un’area centrale della città, occupando lo spazio sottostante la piazza, che piega la sua superficie a creare una scalinata urbana. Il minimalismo della casa tecnologica viene ripreso dal solo elemento in superficie: un parallelepipedo in vetro che si innesta nella piazza, all’interno del quale sono ricavate delle scale per connettere il livello strada al negozio sottostante. Di fronte al volume vitreo, una fontana disegna uno specchio d’acqua, concludendo la presenza urbana dell’edificio.
Foster + Partners, Apple Store Piazza Liberty, Milano, 2018. Foto Marcuscalabresus, via Wikimedia.
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12. Foster + Partners – Apple Store Piazza Liberty (2018)
Foster + Partners, Apple Store Piazza Liberty, Milano, 2018. Foto Marcuscalabresus, via Wikimedia.
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12. Foster + Partners – Apple Store Piazza Liberty (2018)
Foster + Partners, Apple Store Piazza Liberty, Milano, 2018. Foto Plflcn, via Wikimedia.
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13. Sanaa – Campus Bocconi/campus SANAA (2019)
Leggerezza e sinuosità sono le caratteristiche che contraddistinguonol nuovo campus Bocconi, firmato dallo studio giapponese SANAA, vincitori del premio Pritzker nel 2010. Quattro volumi cilindrici, a cui se ne aggiunge un quinto contenente lo Sport Center (completato nel 2021), si dispongono nell’area che una volta ospitava la Centrale del Latte. I cilindri si deformano, come forme spostate dal vento, formando corti e spazi aperti. Tra gli edifici, si snodo una copertura sostenuta da esili pilastri, riconnettendo gli spazi, e dando continuità tra edifici e spazio aperto.
I volumi sono quindi rivestiti da una lamiera stirata, la cui maglia sottile e ondulata genera un tenue chiaroscuro continuo. Questa rimane rialzata da terra, rivelando l’attacco al suolo degli edifici, dove un vetro continuo permette di traguardare lo spazio tra interno ed esterno.
Sanaa, Campus Bocconi/campus SANAA, Milano, 2019. Foto Plumbago Capensis, via Wikimedia.
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13. Sanaa – Campus Bocconi/campus SANAA (2019)
Sanaa, Campus Bocconi/campus SANAA, Milano, 2019. Foto Plumbago Capensis, via Wikimedia.
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13. Sanaa – Campus Bocconi/campus SANAA (2019)
Sanaa, Campus Bocconi/campus SANAA, Milano, 2019. Foto Burakuberi, via Wikimedia.
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14. Daniel Libeskind – Torre Libeskind (lo storto) (2020)
L’ultima delle tre torri di City Life ad essere completata, la torre firmata da Libeskind, anche detta “lo storto”, conclude il dialogo dei tre nuovi grattacieli milanesi. La sua forma, ricurva per l’appunto, oltre a presentare una sfida tecnica e strutturale, fornisce all’architettura un’immagine riconoscibile ed iconica. Il volume, che sembra essere intagliato da un unico blocco vitreo, presenta in realtà uno sfalsamento dei piani, che seppur da lontano risulti impercettibile, da vicino mostra lo slittamento della facciata nella parte concava. La sommità del grattacielo è infine tagliata diagonalmente, mostrando un’ulteriore facciata convessa anche nel coronamento.
Daniel Libeskind, Torre Libeskind (lo storto), Milano, 2020. Foto Claudio Colombo, via AdobeStock.
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14. Daniel Libeskind – Torre Libeskind (lo storto) (2020)
Daniel Libeskind, Torre Libeskind (lo storto), Milano, 2020. Foto AlexMastro, via AdobeStock.
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