La storia della capanna racconta dell’atavico bisogno dell’uomo di proteggersi dalle forze della natura, attraverso il gesto di delimitare e coprire una piccola porzione di spazio per ricavarne un riparo. Dalla capanna primitiva di Laugier a quella di Thoreau a quella degli horror slashed, nel corso dei secoli l’iconografia della capanna si è arricchita di varie sfumature: da strumento di sopravvivenza, a metafora abitativa in cui lo spazio ridotto e le forme scarne non pregiudicano la sacralità dell’ambiente domestico ma ne esaltano l’autenticità, anche grazie al rapporto biunivoco con la natura. Nel XX secolo il concetto romantico di piccola capanna nei boschi si evolve in quello di casa-minima, “atterrata” dai paesaggi incontaminati nelle città post-belliche vessate da crisi economica e disagio sociale: un’architettura della necessità, concepita per rispondere in tempi rapidi e con costi contenuti alle pressanti esigenze abitative delle masse. Così, a partire dalla teoria dell’Existenzminimum del CIAM del 1929, che definiva gli strumenti per soddisfare i bisogni fisici e psicologici dell’uomo in spazi minimi, la micro-casa diventa sempre più una machine à habiter tecnologica, producibile in serie, economica, di veloce assemblaggio e facile trasporto: ne sono un esempio la Dymaxion Deployment Unit, prototipo di unità emergenziale ideato da Richard Buckminster Fuller nel 1940 – una yurta di 6m di diametro in acciaio ondulato realizzata in catena di montaggio – e il Cabanon , la casa-capanna di 14mq del 1951, prefabbricata in legno, che Le Corbusier progetta nella macchia mediterranea, seguendo i principi antropocentrici del Modulor. In tempi più recenti, la ricerca di esperienze “detox” dallo stress urbano induce un turismo spesso esclusivo a riscoprire le suggestioni idilliche delle origini in luoghi appartati, dove piccole architetture immerse nel paesaggio prefigurano un cambio di rotta esistenziale anche solo per un week end: nei casi peggiori, costruzioni che ripropongono in forma nostalgica i caratteri figurativi del passato; nei casi migliori, opere che reinterpretano in chiave contemporanea la tradizione vernacolare attraverso tecniche artigianali (Studio Heima in Islanda, Sher Maker in Tailandia) oppure, sulle orme dei maestri del razionalismo, tramite processi di standardizzazione e modularizzazione che rendono la costruzione economica e di veloce montaggio (Muji Hut in Giappone, IIlab in Val Trebbia), ripetibile in serie (Atelier Lavit nel Monferrato, Reiulf Ramstad in Francia, Laboratoire in Francia) e trasportabile ovunque, al pari di “una valigia contenente elementi standard come un letto, un bagno, acqua e fognature, elettricità” (Caspar Schols, Summary in Portogallo, Scenic Lets Architects in Gran Bretagna). Comune denominatore è l’approccio low tech che ricollega idealmente le opere contemporanee all’archetipo originario e depura lo spazio da soluzioni ipertecnologiche, domotiche e digitali, ritenute fuorvianti da quel processo di assonanza tra corpo e mente che il contatto con la natura e lo stile di vita essenziale incoraggiano. Meno filologici invece sono, da un lato, i costi talvolta elevati di acquisto (o di soggiorno) che rendono l’esperienza catartica nella natura appannaggio esclusivo di chi se la può permettere; dall’altro, la formula aggregativa dell’eco-villaggio, che contraddice la tensione alla solitudine che ha ispirato la capanna sul lago Walden.
La capanna nei boschi: da mito primordiale a kit di montaggio per vivere nella natura
Ripercorriamo la storia di un archetipo abitativo che continua ad evocare il fascino di una vita autentica in mezzo alla natura, rivisitato nel corso del tempo con l’evoluzione del pensiero e delle tecnologie.
Courtesy Muji
Courtesy Muji
Foto Auðunn Nielsson & Trym Sannes
Foto Auðunn Nielsson & Trym Sannes
Foto Rungkit Charoenwat
Foto Rungkit Charoenwat
Foto Anna Positano, Gaia Cambiaggi - Studio Campo
Foto Anna Positano, Gaia Cambiaggi - Studio Campo
Foto Jorrit ‘t Hoen
Foto Jorrit ‘t Hoen
Foto Florent Michel @11h45
Foto Florent Michel @11h45
Foto di Silvia Lavit, Daniele Mazza
Foto © Fernando Guerra
Foto di Nicolas da Silva Lucas
Foto Francesco Mariani
Foto Francesco Mariani
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- Chiara Testoni
- 15 maggio 2023
Proposta dall’azienda nipponica Muji, Muji Hut è una piccola casa prefabbricata di 9 mq che, con un prezzo democratico e una tecnologia sostenibile, offre a chiunque la possibilità di rifugiarsi in un piccolo ma confortevole luogo personale, dai boschi alle città. La costruzione si ispira alle Kyosho jutaku, le tradizionali micro-case giapponesi che spesso fanno di necessità virtù, trasformando spazi piccolissimi in ambienti accoglienti. Realizzata in legno proveniente dal Giappone, la mini-casa è caratterizzata da pareti esterne rivestite con un legno di cedro carbonizzato per aumentarne la resistenza, finito con un trattamento superficiale ad olio. Le superfici interne della capanna, prive di trattamenti, si prestano a varie forme di personalizzazione.
Aska in islandese significa “cenere” e la piccola costruzione di 21 mq richiama nel nome la cenere e la lava che ricoprono il paesaggio locale. L’approccio progettuale fa esplicito riferimento alla tipologia della casa tradizionale islandese: semplice, funzionale, con tetto verde (il tipico turf) e realizzata con materiali naturali, dove la componente artigianale è parte portante del processo costruttivo. L’intera costruzione è realizzata in legno, materiale naturale per eccellenza. Gli esterni sono rivestiti in doghe di legno di pino bruciato secondo l’antica tecnica giapponese dello Shou-sugi ban che garantisce al materiale, sottoposto a carbonizzazione, maggiore resistenza agli agenti atmosferici e organici; in contrasto con il colore scuro dei prospetti, gli interni sono in legno di pino chiaro che offre luminosità e calore agli ambienti.
La costruzione essenziale a impianto rettangolare, sospesa su palafitte e immersa nella vegetazione, è un chiaro omaggio alla cultura vernacolare e al mestiere del proprietario, un produttore di mobili: una struttura metallica sostiene un involucro realizzato interamente in legno locale secondo la tradizione della zona. L'uso che in questo progetto viene fatto dell’antica tecnica giapponese di carbonizzazione Shou-sugi ban, oltre a prolungare il ciclo di vita del legno, vuole in questo caso conferire alle superfici un carattere morbido e caldo grazie alle sfumature irregolari e alle imperfezioni che solo una fattura manuale può conferire.
L’edificio ispirato alle capanne nei boschi scandinave e alle sale da tè giapponesi, con i suoi 12 mq può essere vissuto come studio, rifugio o struttura ricettiva. L’essenziale volume parallelepipedo, sospeso su montanti metallici e accessibile da una passerella, sembra fluttuare nel vuoto e dichiara la volontà di inserirsi “in punta di piedi” nel paesaggio, minimizzando l’impronta ecologica del manufatto. L’intera costruzione, prefabbricata e montata a secco, è realizzata con una tecnologia modulare che favorisce la massima flessibilità e scalabilità della composizione a seconda del contesto.
Altamente standardizzata, prefabbricata, leggera, modulare, facilmente assemblabile, reversibile grazie alla tecnologia a secco e dunque ecologica: questo è come si presenta ANNA cabin che, come dice il progettista, è in sostanza “una valigia contenente elementi standard come un letto, un bagno, acqua e fognature, elettricità”. L’opera è concepita infatti per offrire un kit di base per la vita quotidiana in chiave low tech. L’involucro è caratterizzato da due gusci scorrevoli che offrono controllo delle visuali, schermature da luce e venti, flussi incrociati di ventilazione a seconda del contesto geografico, climatico e di esposizione. La struttura è studiata per garantire il massimo confort grazie a tecnologie di isolamento e di tenuta brevettate che rendono l’abitazione resistente, durevole e adattabile a qualsiasi luogo.
Anziché avvalersi di raffinate tecnologie domotiche e digitali, Anna Cabin funziona esclusivamente in modo muscolare per agevolare quel naturale processo di assonanza tra corpo e mente oggetto di studi da parte delle neuroscienze che, insieme al contatto con la natura, è indispensabile per qualsiasi processo di equilibrio interiore. Anna Cabin, di cui si sta approfondendo la modalità di produzione anche da digitale, si è evoluta recentemente nelle versioni Anna Collection, la più lussuosa, e Anna One, la più basica che, fornita di un kit di montaggio, può essere interamente assemblata in autonomia, come un modello in scala 1:1. Unico problema: il costo d’acquisto.
Una hytte (parola norvegese che significa “piccola casa di legno" e che indica la capanna di montagna tipica dei paesi nordici, diventando Hutte in tedesco) nei boschi dell’Alsazia: così si presenta l’opera che richiama una tipica struttura scandinava progettata dall’architetto norvegese Reiulf Ramstad per un cliente franco-danese. L’intervento consiste in quattordici cabine che punteggiano la collina, disposte su palafitte e interamente smontabili in modo da preservare il più possibile il paesaggio circostante.
Tutti i volumi sono rivestiti in castagno non trattato e di provenienza locale, scandito da ampie aperture. Quattro tipologie distinte caratterizzano i volumi poligonali, sviluppati su un unico livello, svettanti e sottili o più spaziosi. Gli interni sono minimali e rustici, qualificati dal legno chiaro e dai mobili a incasso.
L’intervento consiste in una sequenza di quattro unità dedicate ad accoglienza turistica e chiaramente ispirate all’archetipo della capanna nel bosco. Le costruzioni, situate in posizione indipendente sul pendio naturale e sopraelevate da terra di circa 2,50 m, sono interamente realizzate in legno, impiegato negli involucri con trame di listelli più o meno fitte per il controllo dell’irraggiamento e in funzione del livello di privacy richiesto dai vari ambienti.
L’intervento riguarda la realizzazione di undici cabine di quattro tipologie – dai mq 28 ai 58 mq – dislocate in un contesto dalla complessa orografia montuosa. Le costruzioni possono essere utilizzate sia come alloggi turistici sia come piccole case, in modo da permettere al complesso di essere fruito durante tutto l’anno. Le cabine in calcestruzzo e legno sono frutto di un processo produttivo interamente standardizzato che ha consentito di ridurre i costi e i tempi di cantiere e di impattare il meno possibile sul contesto, anche grazie alle facili operazioni di montaggio: il progetto ha impiegato infatti Gomos System, un sistema modulare ideato dallo studio stesso che offre moduli completi anche di finiture interne ed esterne, isolamento, serramenti, sistemi per l’acqua e l’elettricità, arredi.
Il progetto di Laboratoire in una struttura turistica all’interno di una zona boschiva nei pressi di Liegi riguarda la realizzazione di una serie di cabins unifamiliari distribuite nella proprietà. Le architetture si rifanno all’iconografia della capanna, rievocata dal volume essenziale qui reinterpretato in chiave contemporanea grazie all’impiego del vetro traslucido che smaterializza i volumi. Lo studio ha scelto il vetro industriale Uglass, un materiale utile per realizzare pareti dall’elevata resa luminosa e mantenere un alto grado di efficienza, grazie alle ottime performances in termini di acustica, sicurezza e isolamento termico. L’impiego anche nelle coperture contribuisce a diffondere la luce solare da diverse angolazioni.
L’opera si innesta nella topografia scoscesa delle colline dell’Hertforshire – dove la famiglia della committente da decenni gestisce un’azienda agricola – e comprende tre case-vacanze. Il rapporto biunivoco con il paesaggio e la cultura locale è la chiave di lettura dell’intervento: la volumetria a capanna e i rivestimenti esterni in legno scuro intessono un dialogo con le forme costruite e le cromie del contesto. Dal momento che, del sito in forte pendenza, solo la parte superiore era pianeggiante e quindi accessibile per la costruzione, le case-vacanza sono state realizzate interamente attraverso una tecnologia off-site e assemblate in situ su fondamenta già predisposte, in poco tempo e con minimi disagi per il sito. Ogni unità include un kit di base pronto per il trasporto con bagni e cucine preinstallati, un sistema di riscaldamento a umido a pavimento, i cablaggi e l'involucro completo di finestre.