Il crollo del viadotto sul Polcevera, a Genova, è stato uno degli eventi più tragici del 2018 e, conseguentemente, anche uno dei casi mediatici più discussi, spettacolarizzati e strumentalizzati. L’Italia – e non solo – ha imparato a conoscere l’ingegner Riccardo Morandi, gli elementi architettonici dell’infrastruttura, e le ipotesi sulle cause tecniche del crollo.
Nonostante la sovraesposizione mediatica di quest’opera, con milioni di immagini circolate su giornali cartacei e portali web, a distanza di tre anni è possibile trovare un racconto (fotografico) inedito. Questo grazie a due autori – Alessandro Cimmino ed Emanuele Piccardo – che durante tutta la fase di demolizione hanno esplorato la zona rossa attorno al ponte e hanno ritratto l’opera da punti di vista inediti. Il risultato di questa indagine, iniziata nel settembre 2018 e conclusasi nel dicembre 2019, ha come risultato un libro fotografico intitolato 1182 e pubblicato da plug_in.
Cimmino e Piccardo sono fotografi e architetti, il secondo è un cittadino di Genova. Con due percorsi fotografici separati e complementari (sia tecnicamente sia tematicamente) raccontano le ultime fasi di vita dell’infrastruttura progettata negli anni Sessanta. Questo libro è stato per loro un modo per meditare sulla trasformazione del paesaggio ma anche per elaborare un lutto: il viadotto era infatti un’opera cara a tutti i genovesi, e considerato molto più di un semplice collegamento stradale.
I due autori evitano di mostrare gli scatti più spettacolarizzati e condivisi: quelli della demolizione o le fasi più significative del nuovo ponte firmato Renzo Piano. Ci mostrano invece la vita alla base dei piloni, il suo rapporto con il costruito e i reperti conservati nel deposito della Procura. In alcune sequenze vediamo il viadotto scomparire lentamente, in altre si esaltano i tratti monumentali del Ponte Morandi.
1182 ritrae un pezzo di paesaggio, le sue trasformazioni e le sue complessità, non emettendo giudizi ma fornendo nuovi spunti di riflessione. Ci insegna a guardare con più attenzione, che spesso mille foto condivise con fretta non valgono uno scatto meditato.