Ci sono storie che sembrano incredibili. Intrighi e colpi di scena che vedono come protagonisti dei “semplici” fogli di carta. Anche se non tutti lo direbbero, in architettura capita molto più spesso di quanto ci si potrebbe immaginare. È il caso dei disegni originali che Renzo Piano, Richard Rogers e Gianfranco Franchini consegnarono nel giugno 1971 al concorso per la costruzione del Centre Georges Pompidou, a Parigi. Il concorso, come tutti ben sappiamo, lo vinsero, realizzando quella che diventò una vera e propria icona dell’architettura del Novecento, ma della maggior parte dei disegni (circa 400 tubi, che contengono un numero compreso tra i 2000 e i 4000 disegni) dopo una mostra delle proposte progettuali allestita nel 1978 si perse traccia.
Inaugurato il 31 gennaio del 1977, il Beaubourg rappresenta uno spartiacque nella concezione del museo. In linea con i sentimenti e le riflessioni scaturite dal ’68, il progetto, invece di apparire autoritario e respingente, si proponeva di essere un luogo accessibile e aperto a tutti, una fabbrica della cultura, capace di avvicinare le persone, a partire dalla sua piazza e dalle sue forme colorate – che oggi definiremmo a buon diritto “disruptive”. Tant’è che alla sua apertura invece delle 5mila persone attese ne arrivano 30mila. “Eravamo dei ragazzacci,” ha dichiarato spesso Renzo Piano: “Ogni volta che passo davanti al Beaubourg non mi meraviglio che lo abbiamo fatto, perché qualcuno, in quel clima che seguiva le manifestazioni e le rivolte del ’68, doveva farlo, ma che ce lo abbiano lasciato fare…”. Non a caso, forse, quando nel 1971 venne letto l’esito del concorso, a cui parteciparono 681 proposte da tutto il mondo, nessuno sapeva chi fossero “Piano & Rogers”.
Quando Piano e Rogers poi si separarono chiesero di visionare i disegni, e così scoprirono che erano andati distrutti in un'alluvione. La Fondazione Renzo Piano ne conservava diverse centinaia, ma erano soprattutto fotocopie degli originali. E lo stesso vale per il fondo Richard Rogers, appartenente alla famiglia Rogers e custodito ancora presso lo studio RSHP di Londra. Tuttavia era una piccola parte dell’intero materiale prodotto per il progetto. Dopo quarant’anni, però, Boris Hamzeian – architetto e ricercatore in Storia e teorie dell’architettura, nato a Sestri Levante da una famiglia di origini iraniane – li ha "ritrovati", nei sotterranei del Centre Pompidou stesso, o meglio è riuscito a identificare il fondo che li conteneva. I 400 tubi erano infatti stati conservati in un deposito del Department Batiment et Securitè, finché l’archivista Jean Philippe Bonilli, di fronte alla richiesta di liberare lo spazio, ha salvato il fondo – di cui a quella data si era ormai persa conoscenza del contenuto – dalla distruzione, e che oggi senza dubbio si appresta a divenire il più grande fondo d’archivio di disegni dedicati al Centre Pompidou. Bonilli ha infatti deciso di trasferirlo in un’area di stoccaggio localizzata nel sottosuolo del Centre, adiacente all’ex parcheggio autobus, in attesa che qualcuno lo identificasse.
Quel qualcuno è stato proprio Hamzeian, che presto diventerà responsabile del Fondo Patrimoniale Piano + Rogers Architects, oltre che consulente del progetto di trasformazione del Centre Pompidou 2025-2030, voluto fermamente dal presidente del Centre national d’art et de Culture Georges Pompidou Laurent Le Bon e da Xavier Rey, direttore del Musée national d’art moderne. “Con il sopraggiungere dell’anniversario dei 50 anni dalla sua inaugurazione, il Centre Pompidou si appresta ad affrontare un’importante opera di trasformazione tecnica e architettonica destinata a fare dell’edificio e della prospiciente piazza uno dei cantieri più importanti del decennio”, ha dichiarato Le Bon, “in queste circostanze, ora più che mai è tempo di riscoprire la storia della nostra istituzione”.
Cover image: Centre Georges Pompidou, 1975. Photo Bernard Vincent © Fondazione Renzo Piano © Rogers Stirk Harbour + Partners.