Mi faccio spesso una domanda, cos’è una mostra di architettura? O meglio cosa mostrare del lavoro degli architetti quando si cura una mostra. Mettere in scena degli edifici oppure cercare di spiegare come questi progetti vengono costruiti, e per costruzione intendo prima di tutto la costruzione mentale del progetto. A Lisbona nello spazio del CCB dedicato all’architettura (spazio espositivo ricavato nel parcheggio non utilizzato del Centro Culturale di Belém Garagem Sul, nella mostra “Building Stories”, curata da Amélia Brandão Costa e Rodrigo da Costa Lima ho trovato alcune risposte molto convincenti. Prima di tutto l’idea che l’architettura sia una narrazione, formata da frammenti parecchio diversi tra loro. Memoria, linguaggio, materiali e forme compongono una grammatica attraverso la quale ogni architetto scrive una storia molto particolare, una scrittura che è innanzitutto spazio, ma che definisce ogni volta il significato più profondo della disciplina.
“Building Stories” è per i curatori “la rappresentazione di un paesaggio astratto fatto di frammenti di architettura”, ma è ancor di più secondo me, un dialogo e un confronto tra architetti differenti, che in alcuni momenti arrivano a confondersi tra di loro. Lo spazio della galleria costringe a perdersi, a non seguire un percorso prestabilito, ma a muoversi lentamente tra i frammenti. In questo smarrirsi il visitatore è costretto quasi a mettere in secondo piano le singolarità espressive degli architetti e a trovare un significato al processo di costruzione mentale dell’architettura. Un universo di desideri e passioni, di esperienze e condizioni in cui operare, De Vylder Vinck Taillieu (Belgio), Maio (Spagna) e Ricardo Bak Gordon (Portogallo) dialogano attraverso frammenti del loro immaginario, usano lo spazio, gli danno una forma unitaria senza mai rinunciare alla propria soggettività.
De Vylder Vinck Taillieu utilizzano ciò che serve per costruire, sabbia, reti metalliche, travi in ferro, acqua e blocchetti di cemento e li utilizzano per creare una partitura incompiuta che rimanda direttamente alla vita del cantiere, all’accumulazione che avviene prima che l’architettura sia architettura. La definiscono come la bellezza che prende forma dal fare. “Beauty around the making of architecture”, come i land artist degli anni Settanta riportavano frammenti del paesaggio in galleria per dichiarare che era necessario uscire dalla disciplina per sperimentare nuove forme espressive, allo stesso modo gli architetti belgi poeticamente raccontano l’architettura attraverso ciò che è fuori dagli studi, quando si è circondati dai materiali da costruzione, è li prima dell’assemblaggio che nasce il progetto. Nello spazio creano una serie di accumulazioni ed accatastamenti in cui specchiarsi e ritrovare il senso del costruire.
Maio fa una doppia operazione: da una parte usa la struttura del centro culturale, la moltiplica e ne cambia le proporzioni, inserendo una nuova griglia di pilastri falsi che costruiscono lo spazio espositivo trasfigurandolo; dall’altra appoggiano a terra quasi casualmente un sistema di figure montate in trittici, foto di assemblaggi di modelli, disegni e immagini. Ricardo Bak Gordon presenta la sua Blue House, progetto attualmente in costruzione e qui riprodotto parzialmente in scala 1: 1, tracciandone il perimetro in mattoni e inserendo al suo interno una serie di disegni e modelli di altri progetti, come a dire che l’architettura che verrà, prende forma da ciò che è stato.
La mostra è costruita attorno all’idea di comunicare il significato dell’architettura ad un pubblico di non architetti. Il visitatore, va avanti e indietro cerca qualcosa che non gli viene detto ma solo suggerito, è lui che trova il filo narrativo nei momenti in cui i frammenti dei singoli architetti si toccano e nascono nuove storie, dialoghi appunto, in cui è praticamente impossibile capire dove finisce il lavoro di uno dei tre gruppi di architetti e comincia l’altro. Queste tangenze naturali sono il senso dell’architettura e rappresentano il suo significato più profondo. E quel luogo in cui avviene lo scontro, una stanza in cartongesso dipinto di rosa (Maio) chiusa su tre lati sulle cui pareti è proiettato un video, con un quarto lato formato da dei mattoni in cemento accatastati (DVVT) a formare una gradinata che ci permette di guardare il video sostando nello spazio. Questa cosa qui, non mostrare la fine ma il processo, non è altro che la descrizione di come l’architettura lentamente diventa città.
- Titolo mostra:
- Building Stories – de vylder vinck taillieu, Maio e Ricardo Bak Gordon
- A cura di:
- Rodrigo da Costa Lima e Amélia Brandão Costa
- Date di apertura:
- fino al 14 ottobre 2018
- Luogo:
- Centro Cultural de Belém
- Indirizzo:
- Praça do Império, Lisbona