Nella smodata crescita della città cinese assistiamo a un marginale, ma crescente, rifiuto da parte della migliore cultura architettonica locale dei modelli di crescita urbana prevalenti e a proposte che rilanciano sulla possibilità di rinnovare la vita collettiva.
Architetture per la Cina
Nella mostra del curatore alla Biennale di Architettura, lo studio di Liu Jiakun presenta People Mountain People Sea, a celebration of daily life, una grande architettura urbana per la collettività.
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- Spartaco Paris
- 09 giugno 2016
- Venezia
Di solito gli insediamenti urbani contemporanei in Cina crescono e si sviluppano sostanzialmente in una alternanza di due parti distinte: i quartieri degli edifici intensivi alti destinati agli alloggi che ottimizzano la crescente necessità di case, secondo un vago riferimento al modernismo a metà tra impostazione socialista e costruzione in altezza filo-americana; i luoghi destinati alle funzioni collettive e della mobilità urbana, in cui la qualità dello spazio pubblico è affidata a parchi e giardini, spesso costretti in un suolo urbano prevalentemente devoluto alle auto oppure mortificato dai centri commerciali globalizzati.
Tra le possibili alternative a questo modello spicca quella di Jiakun Architects, che presenta presso il padiglione centrale della Biennale di Venezia, il progetto People Mountain People Sea, a celebration of daily life. Il progetto di Liu Jakun, attivo in Cina dalla metà degli anni ’90, rappresenta uno straordinario tentativo di trovare una forma adatta alla vita della collettività e alla necessità delle comunità urbane di condividere spazi ricreativi.
West Village a Chengdu è un edificio complesso che occupa un grande isolato di 237x178 metri, raggiungendo un’altezza massima di 24 metri, e definisce una sorta di recinto-promenade, a spessore variabile, e abitabile a differenti quote. Questo bordo costruito accoglie, nel suo spessore variabile, funzioni legate alla vita collettiva e al tempo libero e un sistema di passerelle e percorsi pedonali che arrivano fino alla quota della copertura, attraverso ponti, padiglioni e piattaforme. L’edificio cinge un’area interna che include campi sportivi, una grande conca verde, case da te, cortili di bambù e spazi più intimi. Un edificio-città aperto ad accogliere un’ampia gamma di funzioni commerciali e ricreative, e capace di definire un luogo urbano pieno di vita; un vero e proprio “fatto urbano”, per usare la perfetta definizione di Aldo Rossi per nominare le architetture della città.
La costruzione del complesso urbano ha perseguito una strategia di utilizzo di materiali e sistemi low-tech ed economiche, anche attraverso l’uso rinnovato di materiali della tradizione come mattoni riciclati e rigenerati per i rivestimenti e le pavimentazioni, e bambù a elevata resistenza per i corrimani. Il sito del progetto si trova all’interno di una comunità residenziale popolosa, la percentuale di copertura costruita, pari al 40% dell’aerea disponibile, ha comunque garantito la possibilità di realizzare una combinazione di diversi tipi di spazi pubblici, con un layout – come sottolinea l’autore – centrifugo, in opposizione alle logiche centripete tipiche dei centri commerciali.
Anche l’allestimento del progetto all’interno dello spazio della Biennale, restituisce la ricchezza e generosità del progetto. Un modello in legno all’interno di un recinto metallico descrive non solo la volumetria monumentale del complesso, ma ne restituisce in modo ludico il funzionamento: infatti lasciando rotolare delle biglie metalliche sulla copertura è possibile intuire la ricchezza di percorsi di questo edificio-promenade, dalla copertura fino al suolo attrezzato.
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