Questo articolo è stato pubblicato su Domus 968 / aprile 2013
“In principio”, racconta Javier Corvalán, “la casa rappresentava un processo antitetico ai nostri metodi abituali, poiché come punto di partenza avevamo scelto un fenomeno fisico, e non una questione materiale e strutturale, come nel resto dei nostri lavori”. L’eccezione si deve forse imputare al fatto che, destinata a una famosa cineasta paraguaiana, l’abitazione ha indotto l’architetto a lasciarsi suggestionare da un tema che lo ha sempre affascinato—le proprietà della luce—, e a trarne ispirazione per mettere a punto un’opera che funziona come un dispositivo ottico: una sorta di “camera oscura”, al cui interno si proietta, attraverso un foro stenopeico, l’immagine capovolta del paesaggio circostante.
Gioco gratuito? La soluzione adottata, a dire il vero, ben si presta al programma funzionale. Il progetto si può sintetizzare in due semplici elementi: un basamento, in cui si trovano la camera da letto e il bagno, e un volume superiore, che accoglie la cucina e il soggiorno.
Punto di svolta
Nella campagna di Asunción, in Paraguay, Javier Corvalán ha creato, per una cineasta, un rifugio rurale che, attraverso un meccanismo elementare ma anche intelligente, s’inclina e si apre, senza finestre, verso il paesaggio circostante.
View Article details
- Giacomo Favilli
- 13 maggio 2013
- Asunción, Paraguay
Il basamento è costruito con una muratura di pietra arenaria locale, che regge i carichi del solaio in laterocemento e del volume superiore. Attraverso una scala interna in blocchi di pietra a sbalzo si sale nella “camera oscura”. Si tratta, a ben vedere, di un volume mobile con una struttura a telaio metallica rivestita, all’esterno, da una banale lamiera galvanizzata ondulata e, all’interno, dopo l’isolamento termico, da pannelli in legno MDF.
L’elemento principale della scatola metallica (e di conseguenza la caratteristica più curiosa dell’intera casa) consiste nel meccanismo che le permette di ruotare attorno a un perno disassato rispetto al suo lato lungo. Per inerzia, il volume rompe la condizione di equilibrio e si apre sul paesaggio. A regolarne apertura e chiusura è una macchina elementare: un argano manuale.
Nel progetto originale era presente anche un terrapieno, ora in attesa di essere completato. Realizzata per clienti che trascorrono in patria solo pochi e brevi intervalli, la casa resta a lungo incustodita e abbandonata, quindi, all’invasione di una flora rigogliosa. Per questo motivo si era scelto di concentrare l’intervento, tramite la costruzione di una nuova topografia, in una limitata porzione del lotto e di lasciar crescere liberamente attorno la vegetazione. Il terrapieno è destinato a mantenere l’ambiente inferiore fresco e asciutto durante le stagioni più calde e, sfruttando la sua inclinazione, a generare una rampa, in modo da rendere accessibile la zona giorno, durante le assenze dei committenti, a un familiare disabile.
La logica che presiede alla messa a punto della scatola metallica merita di essere ulteriormente sviscerata. Nella sua ricerca di equilibri—o disequilibri—tra pesi, e nell’ambizione di volgere a proprio vantaggio alcune leggi fisiche elementari, capaci di consentire, se opportunamente sfruttate, l’apertura e la chiusura del volume, il progetto ricorda una celebre soluzione adottata, in piccolo, dall’architetto brasiliano Paulo Mendes da Rocha per le finestre della sua residenza di Butantã (1964), anch’esse concepite per sfruttare l’eccentricità del perno, intorno a cui ruotano, rispetto al baricentro.
Sotto questo profilo, nel modo di procedere di Corvalán si può intravedere una certa affinità con l’esperienza di architetti come Eladio Dieste, Clorindo Testa, João Batista Vilanova Artigas, Antonio Bonet, Affonso Eduardo Reidy e lo stesso Mendes da Rocha, solo per citarne alcuni, assunti del resto come ‘maestri’ da un’intera generazione di progettisti latinoamericani, accomunata dalla convinzione che la struttura possa e debba essere spazio, forma e materia, al tempo stesso.
Tanto più questo vale in Paraguay—dove le risorse sono scarse ed è quindi obbligatorio riuscire a risolvere un determinato problema con un minimo dispendio di risorse. Dove è fondamentale compiere scelte razionali, coniugando programma funzionale, caratteristiche geografiche e climatiche del luogo, materiali e tecniche costruttive disponibili con la massima economia possibile. In questo caso, il movimento del volume superiore, da un lato, permette di ottenere—quando è chiuso—quella dimensione sensoriale e poetica prodotta dall’effetto “camera oscura”, inondando lo spazio interno con l’immagine capovolta della natura circostante; e dall’altro consente—quando è aperto—di risolvere con un unico gesto alcune questioni funzionali e spaziali del progetto.
Anche i mirati riferimenti alla tradizione hanno una precisa funzione. In Paraguay, in media, ci sono 285 giorni di sole all’anno, con temperature che, spesso, raggiungono i 40 °C: il conforto dell’ombra è una necessità. Ed è proprio per questa ragione che il portico è un elemento fondamentale della casa paraguaiana tradizionale, in cui funge da luogo di ritrovo ventilato e, al contempo, riparato dagli inclementi raggi solari. Corvalán, che ha sempre dimostrato una grande abilità nel reinterpretare e reinventare il valore di questo spazio, qui non può per ragioni economiche aumentare la metratura della casa. Riesce, comunque, a includere nel movimento di rotazione del volume superiore la progressività spaziale—aperta, semiaperta, chiusa—tipica di questa regione, regolando così sia la ventilazione naturale sia la relazione con il paesaggio circostante.
I lunghi periodi di assenza dei committenti avrebbero poi esposto la casa a rischi facilmente immaginabili in un Paese nel quale i grandi divari sociali ed economici e la conseguente criminalità generano costante insicurezza. La quasi totale assenza di finestre, oltre a essere dovuta all’esigenza di abbattere i costi, risponde proprio alla necessità di rendere meno vulnerabile l’edificio, in modo che, quando il volume superiore viene a trovarsi nella posizione di chiusura, quest’ultimo diventa una scatola ermetica inviolabile.
Questa soluzione che, a prima vista, potrebbe sembrare gratuita risponde invece a esigenze reali, nell’economia di un progetto che, al di là delle sue innegabili peculiarità, rappresenta in modo compiuto l’opera di Corvalán. Il limitato budget a disposizione—in questo caso, 20.000 euro—non costituisce un limite all’immaginazione, ma diventa, anzi, uno stimolo nella ricerca di nuove soluzioni. Nel Laboratorio de Arquitectura di Javier Corvalán affrontare un progetto significa riflettere sull’atto del costruire, passando per tentativi ed esperimenti, proporzionando pesi, strutture e spazi, e sperimentando nuove condizioni di equilibrio che siano, però, sempre in grado di rispondere a questioni funzionali, spaziali e distributive, senza per questo rinunciare a una precisa poetica. Giacomo Favilli, architetto, abita e lavora a Asunción, Paraguay
Javier Corvalán + Laboratorio de Arquitectura: Caja Oscura
Architetti: Javier Corvalán + Laboratorio de Arquitectura
Design Team: Nicolas Berger, Carlos Agüero, Joaquin Corvalán, Katja Kostrencic
Structural and Plant Engineering, Construction Supervision: Javier Corvalán
Cliente: Paz Encina, Ignacio Telesca
Built Area: 85 mq
Costo: € 20,000
Progetto: 2011
Realizzazione: 2011–2012