È l'esperienza che crea la spazialità? È possibile
separare lo spazio dalla sua rappresentazione
per sperimentare un vero confronto? Accade
comunemente che la pratica costruttiva cerchi
soprattutto di sostenere la struttura e gli obiettivi
perseguiti dal funzionalismo. Da un altro punto
di vista, il progetto cerca sempre le potenzialità
creative legate all'interazione tra essere umano
e spazio. Una relatività basata su una sperimentazione
soggettiva dello spazio potrebbe allora
costituire l'elemento base di un edificio.
Il progetto del Vakko Fashion and Media Center,
recentemente completato a Istanbul da REX, apre
il dibattito, per esempio, su un buon numero di
questioni importanti, tutte completamente nuove
per il pubblico della metropoli turca: convertire
una struttura esistente in uno spazio urbano, un
forte processo di comunicazione interattiva con
il cliente (Cem Hakko), un design interno 'relazionale'
rappresentato da una struttura in vetro a
specchio, nonché un profondo lavoro di ricerca
materica che sembra aver permesso agli architetti
di creare una pratica architettonica 'localizzata'
sul territorio.
La complessa struttura in acciaio, sviluppata su
quel che rimane del progetto incompleto per
un grande albergo risalente agli anni Ottanta,
consiste in sei parallelepipedi utilizzati per alloggiare
diverse funzioni (showroom, auditorium,
biblioteca, sale riunioni, uffici…) nel quartier
generale Vakko. Gli interni dell'edificio sono
sostanzialmente composti e avviluppati in combinazioni
di cristallo e specchio. Gli interni di
vetro specchiante riflettono totalmente spazi e
persone, creano infiniti rapporti spaziali partendo
da singoli movimenti che espandono immagini
ripiegate su se stesse.
Nel corso dei miei incontri con le persone che
lavorano in questi uffici, mi è stato riferito che
molti hanno sperimentato una perdita di orientamento:
cercare ogni giorno i riferimenti in questo
spazio interno, simile a un labirinto, è per loro
un'avventura e un'esperienza spaziale. Possiamo
guardare a quest'esperienza spaziale come fosse
una rappresentazione del progetto? La rappresentazione
diventa non tanto una chiusura, concentrata
solo sull'edificio quale oggetto in sé, ma
un flusso, un'esperienza interattiva attraverso i
movimenti di quanti usano lo spazio.
Come ha scritto Boris Groys in un suo testo: "Il
progetto tenta di plasmare lo sguardo dello spettatore
in modo tale da renderlo capace di scoprire
le cose da solo". Alla fine, non è il carattere della
rappresentazione del progetto a guidare l'esperienza
spaziale negli interni del Vakko: possiamo,
invece, sperimentare la dissoluzione della rappresentazione
attraverso la molteplicità degli spazi
avvolti da interni in vetro specchiante. Per questo,
l'esperienza spaziale primaria qui si trasforma in
una modalità relazionale.
Con in mente il design delle facciate degli edifici
utilizzati dai grandi nomi della moda, REX
ha lavorato a una lastra in vetro appositamente
disegnata e realizzata in collaborazione con un
laboratorio specializzato nella lavorazione del vetro.
La struttura dell'edificio preesistente è stata
così rivestita con una guaina di vetro extra sottile:
risultato della combinazione tra alta tecnologia e
artigianato locale (una scelta basata sulla stretta
collaborazione creativa con i maestri vetrai). REX
si è avvalso così delle possibilità ancora offerte
dalla città che si sono tradotte in pratiche combinate,
capaci di generare potenzialità per trovare,
creare e riformare i materiali.
Commissionare un lavoro a uno studio straniero
non è cosa nuova e, tuttavia, rappresenta una pratica
non comune in una città a rapido sviluppo ed
espansione come Istanbul. La scena architettonica
locale vive ancora il conflitto della tensione tra
locale e globale e questo a partire dal concorso
semipubblico per l'area di Maltepe (l'asse sud-est
di Istanbul) organizzato nel 2007 dall'amministrazione
locale e affidato a Zaha Hadid. In un
mondo di produzione architettonica universale,
Istanbul stenta ancora a presentare il lavoro di
autori contemporanei.
In un tale contesto e in presenza di numerose limitazioni,
REX dimostra come sia possibile trarre
vantaggio dai processi di produzione materica e
dal design locale per creare una pratica radicata
nel territorio. In più, Istanbul è una metropoli
in rapida espansione in termini di costruzione
e produzione dello spazio, con grandi numeri
nel campo delle componenti edilizie. Lavorare
sulla base di un edificio preesistente e riciclare la
struttura in una nuova architettura creativa è un
processo che deve attirare l'attenzione di tutti noi,
abitanti della città, non solo per le potenzialità
progettuali, ma anche per il futuro dello spazio
costruito a Istanbul.
Vakko Fashion Center and Power Media
Center, Istanbul, Turkey
Architects: REX
Design team: Erez Ella, Tomas Janka, Mathias
Madaus, David Menicovich,
Tsuyoshi Nakamoto, Joshua Prince-Ramus,
Ishtiaq Rafiuddin, Tieliu Wu
Structural engineering: Buro Statik
Construction supervision: Cem Mimarlik
Plant engineering: Gurmen Muhendislik
Facade consultant: Front
"Ring" and "Showcase" facade glass
Manufacturer: Lamglas
Client: Vakko and Power Media
Built area: 5,400 m² (Vakko Fashion Center)
and 3,700 m² (Power Media Center)
Design phase: February 2008 – June 2008
Construction phase:
February 2008 – January 2010
Additional consultants: ARTE, Autoban,
Cedetas, Dora, Eleksis, Norm Tecnic,
Say Yapi, STEP, Superpool
REX: Vakko Fashion Centrer, Istanbul
A Istanbul, una geometria caleidoscopica, definita da prismi di cristalli e specchi, riflette i movimenti delle persone al di fuori della gravità: le attività umane si trasformano così in rappresentazione.
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- Pelin Tan
- 20 settembre 2010
- Maltepe