Difficile immaginarli, svuotati di questi suoi umili e preziosissimi tesori, temporaneamente riconfigurati qui, nella Salle de la Chapelle. Occupano lo spazio, senza soluzione di continuità e praticamente privi di gerarchia espositiva, dal pavimento al soffitto integrando alcune delle sedie feticcio che hanno punteggiato tanti suoi set teatrali, ora piuttosto ricercate dai collezionisti nelle aste di arte contemporanea. Una geometria superflua regola un regesto di arte oceanica, disegni, foto, effemera e memorabilia assortiti, che l’artista ha raccolto durante tutta la sua vita. È un ossimoro spazio-temporale sul valore quello che Wilson vuole imporre.
Con i suoi videoritratti, che si rifanno ad alcuni insidiosi capolavori, la pop-singer è calata nell’immobilità reclinata del Marat di David, assassinato nella vasca, o veste il candido neoclassicismo con ermellino di Caroline Riviere dipinta da Ingres. Mormora per il Marat, e le sue lacrime segnano lo splendido ritratto ingresiano.
Come un cigno che attraversa lentamente il cielo, sono i soli segni di discrepanza con l’algida pittura qui conservata e monito alle future possibilità di sopravvivenza delle belle arti. Si tratta di un vasto progetto video che comprende anche una decollazione del Battista dipinta da Andrea Solari nel 1507.
Al Louvre è possibile vedere la serie nella sala della Maquette ma ne esiste una versione ancor più domestica da godere assieme all’interessante e intenso backstage del bondage alla galleria Taddheus Ropac fino a gennaio. La performer e il regista sono impegnati in un lavoro di realizzazione molto intenso.
A ogni stagione si riannodano i fili dell’amore reciproco con Parigi dalla prima benedizione pubblica di Aragon, che Wilson ricevette nel 1971 ed era contenuta in una lettera aperta scritta a Breton in cui fu definito … le rêve de ce que nous fûmes, c’est l’avenir que nous prédisions… Erano i tempi dello Sguardo del Sordo.