Ponti, in effetti, è dappertutto a Milano. Per quasi sessant’anni parla innanzitutto alla città, ma anche a tutta Italia e al mondo, dalle pagine della sua rivista, la nostra rivista, Domus, che fonda nel 1928. Contemporaneamente, costruisce tantissimo. Si spiega anche alla luce di questa abbondanza l’attenzione tutto sommato ridotta che storici e critici hanno prestato alla Rai di Corso Sempione, che il fondatore di Domus progetta con i suoi soci Antonio Fornaroli e Eugenio Soncini e con l’ingegnere Nino Bertolaia. Si tratta di un’opera forse minore in termini di puro valore artistico, ma interessantissima e pressoché unica per il dialogo che stabilisce tra architettura e ingegneria, forma e funzione, linguaggio e tecnica
Architettura d’autore dietro le quinte: alla scoperta della sede Rai di Gio Ponti
La televisione italiana ha tante “case”, ma solo una è un’architettura veramente d’autore, e che autore! Festeggia 70 anni dalla sua entrata in funzione la storica sede della Rai di Milano, opera di Gio Ponti.
Foto Ramak Fazel
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- Alessandro Benetti
- 16 luglio 2024
Dalle impalcature ai bombardamenti, e ritorno: sopravvivenza e metamorfosi di un progetto dell’entre-deux-guerres
L’edificio ha una storia travagliata, che comincia sul volgere degli anni ’30. Il regime, Il regime, ancora ottenebrato dalla sua stessa retorica trionfalistica e autarchica, scalpita per dotare l’Italia di un palazzo della radio – e non ancora della televisione – che possa rivaleggiare con gli equivalenti europei già attivi dal decennio precedente, dalla Broadcasting House di Londra di George Val Myer (1928) alla Haus des Rundfunks di Berlino di Hans Pölzig (1929). La cordata guidata da Ponti vince il concorso indetto nel 1939 per il nuovo Centro di produzione dell’Eiar – Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche e nello stesso anno ne comincia i cantieri. Il tempismo, ça va sans dire, è decisamente improvvido, perché le bombe alleate cominciano a cadere sulla città pochi mesi dopo e, nell’estate funesta del 1943, colpiscono anche la struttura ancora incompleta. L’embrione del palazzo è ammaccato ma sopravvive agli anni successivi di caos, miseria e rivolgimenti politici. I cantieri riprendono nel dopoguerra e l’inaugurazione arriva infine, sospiratissima, nel 1952. L’Eiar, nel frattempo, è diventata la Rai – Radiotelevisione italiana che conosciamo oggi.
La RAI in corso Sempione, catalogo dei modernismi milanesi
Anche corso Sempione è cambiato. Già trafficato, percorso dai tram e in buona parte urbanizzato prima della guerra, negli anni ’50 e ’60 si arricchisce di un vero e proprio catalogo dei modernismi milanesi, compresi alcuni edifici iconici. Alla prebellica e pionieristica Casa Rustici di Pietro Lingeri e Giuseppe Terragni (1933-1936), si aggiungono nel giro di pochi anni l’elegante Edificio per abitazioni di Monti Gpa (1955), dai caratteristici frangisole traforati in mattoni, la gioiosa Torre Vespa di Luigi Vietti (1955-1959), con al piano terra lo scintillante concessionario da cui si riversano sulle strade cittadine le celebri motorette Piaggio, e soprattutto l’imponente Grattacielo Ina di Piero Bottoni (1953-1958), ideale frammento del piano ben più ampio e mai realizzato della “Milano Verde” (1938). Proprio a fianco dell’edificio di Bottoni, che è pressoché inglobato nelle ramificazioni del suo lotto irregolare, la Rai di Ponti nasce come un tassello di questo paesaggio in fermento, nella Milano che si prepara al boom economico.
Monumentale, funzionalista, all’avanguardia della tecnica: un edificio che sfugge alle classificazioni
L’approccio di Ponti è prettamente funzionalista: l’edificio si scompone in una sequenza di tre corpi, ciascuno corrispondente a una funzione specifica, particolarmente evidenti osservando la facciata laterale su via Villasanta. A partire da corso Sempione si allineano gli uffici, un volume intermedio e leggermente arretrato che contiene gli spazi di risalita, e il blocco degli studi di registrazione e trasmissione – in origine 22 studi radiofonici, 10 auditori radiofonici e 2 studi TV – a sua volta circondato da ulteriori spazi per uffici. Il linguaggio e i dettagli degli esterni sono improntati a una complessiva semplicità e asciuttezza, con le aperture disposte secondo una griglia regolare e le decorazioni e modanature ridotte al minimo. Non manca una buona dose di monumentalità. Il basamento è interamente ricoperto in lussuose lastre di marmo e l’angolo è risolto con uno spazio porticato di ordine gigante che sottolinea l’ingresso principale, ora spostato. All’interno, l’organizzazione degli uffici risponde ai più avanzati criteri dell’epoca, dimostrando la sensibilità di Ponti agli standard internazionali, in particolare americani, ma senza particolari guizzi di originalità.
Foto della redazione di Domus
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Silenzio, si gira! La questione cruciale dell’acustica
La vera sfida del Centro di produzione Rai, che ne ispira le caratteristiche meno scontate, è la necessità di proteggere gli spazi di registrazione dai rumori: quelli esterni della città e anche quelli derivanti dallo svolgimento in contemporanea di più attività e di più spettacoli. Il primo problema è risolto posizionando il blocco degli studi all’interno del lotto e circondandolo dei volumi degli uffici, che svolgono così una funzione d’isolamento passiva ed efficace. La seconda esigenza si traduce in una soluzione strutturale non scontata: gli studi sono sorretti da fondazioni proprie, autonome dal resto dell’edificio, da cui sono fisicamente staccati. I corridoi che corrono attorno a questo blocco sono, in effetti, balconi sospesi sull’intercapedine che lo separa dai suoi vicini. La cruciale questione acustica, di abbattimento, di diffusione o di produzione del suono, è affrontata anche tramite molti dispositivi e dettagli degli studi stessi, in gran parte ancora esistenti. L’ingegnere Corrado Tutino, consulente esperto di questi temi, disegna appositamente per la Rai i così detti “tutini”, elementi bombati applicati alle pareti in diverse posizioni per direzionare e dosare le onde sonore. Da questo punto di vista, l’auditorio A, dedicato alla prosa, è uno degli ambienti meglio conservati. In altri studi, le pareti e i soffitti originali sono stati salvati ma nascosti e mascherati da una “scatola nella scatola”, aggiornata nelle sue estetiche e nelle sue dotazioni tecnologiche. Qui, invece, il tempo sembra essersi virtualmente fermato a un’epoca in cui i pannelli fonoassorbenti a parete potevano essere orientati a mano – sono ancora perfettamente funzionanti – e in cui una vera scala metà in legno e metà in marmo era lo strumento più efficace per riprodurre il suono di passi compiuti su superfici diverse.
Riscoprire la Rai di corso Sempione, oggi: un edificio stratificato, senza tempo, in pericolo
Dentro e fuori dagli studi, il Centro di produzione Rai si è notevolmente stratificato nel tempo. Si è esteso per ampliamenti successivi, i primi dei quali progettati ancora dallo studio Ponti Fornaroli Soncini e conclusi nel 1956 e 1961. Ha saturato il suo isolato con i suoi teatri, i suoi laboratori e i suoi depositi. Ha cambiato la funzione dei suoi spazi di registrazione, traslandoli progressivamente dalla radio alla televisione. Ha conosciuto le moltissime alterazioni incrementali che si possono immaginare in un palazzo per uffici che è entrato di slancio nel suo ottavo decennio di vita.
Eppure, percorrendolo, ci si stupisce del livello di originalità di moltissimi particolari, squisitamente pontiani: il vano scale principale, rivestito in ceramica, traforato da grandi oblò e percorso dall’inedito corrimano continuo, che cambia direzione senza interrompersi; frammenti sparsi sia integrati, come porte, maniglie, interruttori o appliques, sia mobili, siano essi sedie, tavoli o scaffali; interi ambienti conservati, soprattutto l’ufficio del direttore, anch’esso cristallizzato in un raffinatissimo secondo Novecento di legno, marmo ed opere d’arte. Perché ripensare al Centro produzione Rai di corso Sempione, oggi? La storia dell’edificio conoscerà presto un importante momento di discontinuità.
Les jeux ne sont pas encore faits, ma la Rai ha lanciato un ambizioso programma di riorganizzazione delle sue sedi, compresa quella di Milano. Si vocifera di una prossima vendita dell’edificio e di un trasferimento in via Gattamelata dove, curiosamente, si trovava il primissimo insediamento della Rai milanese. Molte sue parti sono fortunatamente vincolate, eppure resta il timore che la sua trasformazione in hotel o headquarters possa comportarne compromissioni profonde.
Per il momento, tutto è ancora in funzione, abitato e vissuto, se non intatto perlomeno custodito con cura. E su tutto veglia la torre delle antenne di 140 metri – 100 all’altezza del belvedere molto raramente accessibile – colossale traliccio che domina i quartieri occidentali della città. Su quest’ultimo punto è meglio non lasciarsi ingannare: anch’essa vincolata, la torre esiste come un monumento affascinante e inutile, le cui funzioni sono state ereditate da qualche anno da un equivalente più aggiornata e posto ben più in alto, in cima alla Torre Allianz di City Life. Per gli edifici ai suoi piedi, il prossimo capitolo resta ancora da scrivere.
Ramak Fazel: Nato in Iran nel 1965 e cresciuto a Fort Wayne, Indiana, Ramak Fazel ha sviluppato una ricerca autoriale dove le questioni legate ad una dimensione esistenziale sospesa tra appartenenza geografica, politica e culturale trovano espressione in una produzione poliedrica e multiforme. Dopo la laurea in ingegneria presso la Purdue University (1988), Fazel intraprende un fertile percorso nel mondo della fotografia e della grafica, prima con gli studi a New York e la collaborazione con fotografi americani come Mark Seliger e Bruce Davidson, e poi, nel 1994, con il trasferimento a Milano. Qui, per oltre quattordici anni collabora con riviste di design e architettura (tra cui Abitare, Casa Brutus e Domus), con numerose aziende europee quali Flos, Vitra e Desalto, e con il mondo accademico, tenendo lezioni e seminari presso università e accademie europee e americane, tra cui la SUPSI (Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, CH), la Design Academy di Eindhoven (NE) ed il San Francisco Art Institute. Attualmente vive tra New York, Los Angeles e Milano. Il suo lavoro è stato esposto, tra gli altri, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, allo Storefront for Art and Architecture, New York, alla XIV Biennale di Architettura di Venezia ed alla Chicago Architecture Biennial.
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