Nella lingua dei faraoni, artigiani e artisti sono identificati con il termine kathemut, in cui kat indica il lavoro sulla materia e hemut colui che opera sulla materia. In greco (τεχνίτης) technìtes, in latino artifex: l’artista-artigiano, protagonista e narratore lega e caratterizza, con mode e stili, influenzando e contaminando culture.
“Non v’e alcuna differenza qualitativa fra l’artista e l’artigiano […]. Formiamo una nuova corporazione di artefici senza la distinzione di classe che alza un’arrogante barriera tra artigiano e artista”. Così Walter Gropius, nel suo Manifesto della Bauhaus, del 1919.
Un complesso nodo di problemi storico-estetici si stringe attorno a queste due figure, ora diverse, un tempo uguali e paritetiche, che hanno prodotto e sviluppato, nel corso dei secoli, sia un’arte definita “maggiore”, come la pittura, sia un’arte che oggi si definisce applicata, prima ancora industriale, oppure, più sbrigativamente, ma perpetuando in una radicata incomprensione, “minore”. Come definire o definirli, è una questione di cultura.
In questo panorama, indagare lo stretto intreccio tra arte, architettura, design, e quindi tra artigiano ed artista, permette di comprendere le loro reciproche relazioni e i loro stretti legami, per influenze, che portano con loro l’eco del continuo rapporto con tutte le discipline consorelle nel corso dei secoli. Un secolo fa nacque l’Istituto di Istruzione Artistica che restò aperto solo 14 anni, ma lasciò un grande segno in quello che ci circonda: la Bauhaus. Il dibattito trova proprio lì terreno fertile. Da William Morris, che denuncia la mediocrità della produzione industriale perorando la rinascita dell’artigianato fondando un centro di produzione, Arts and Crafts, sino appunto a Gropius che sostiene l’esatto contrario, arrivando poi, con molto ritardo in Italia, poco dopo il secondo Dopoguerra, il design si affermerà con un primato tutto italiano, grazie all’incontro di artisti-architetti-artigiani che in un rapporto diretto e stretto creano e producono una perfetta sintesi di tutte le arti e soprattutto in ogni ambito artistico.
In questo panorama, indagare lo stretto intreccio tra arte, architettura, design, e quindi tra artigiano ed artista, permette di comprendere le loro reciproche relazioni e i loro stretti legami
Concettualizzata da progenitori d’eccezione quali Ponti, Albini o i fratelli Castiglioni, la produzione italiana s’impone sul mercato, tenendo sino a oggi questo primato, grazie all’idea di mantenere la tradizione classica elaborandola e trasfigurandola. “Il mondo formale nel quale viviamo è più ricco dell’antico, perché vi è compreso anche l’antico; nella nostra cultura l’antichità è un fatto ‘contemporaneo’; nella cultura non esiste antico: esiste la presenza simultanea e meravigliosa di ogni cosa antica e attuale: e l’attrazione misteriosa del futuro”. Questo il pensiero di Giò Ponti, fondatore di Domus che, come Mario Sironi fa nella pittura, mantiene ed individua, nella sua produzione artistica, una classicità mai passata di moda. Nelle serie di ceramiche più note, come Le mie donne e la Conversazione classica, il gusto della citazione colta appare evidente: nel primo caso l’autore si ispira ai grandi piatti amatori rinascimentali, che descrivono figure femminili forti ed eleganti, basti pensare ai corpi michelangioleschi nella Cappella Sistina; nel secondo invece, s’ispira ai Gran Tours settecenteschi, dove vengono descritte le figure di questi viaggiatori innamorati del Belpaese.
Ponti mescola insieme il vecchio ed il nuovo, attingendo sia al mondo greco, etrusco e romano, sia a un vasto repertorio figurativo di matrice palladiana e neoclassica. Non sono meno i fratelli Castiglioni, che grazie alla loro lampada ad arco dettano un preciso rimando all’architettura classica: il Pantheon, nella cupola forata della stessa, l’immagine arriva senza argomentazioni.
Ma arriviamo a citazioni più contemporanee e surrealiste. Gli oggetti eccentrici e bizzarri, nati con l’obiettivo di trasformare feticci di uso quotidiano in opere d’arte dal carattere stravagante, come il divano Mae West di Salvador Dalí e le sculture irridenti di Meret Oppenheim oppure la poltrona Proust di Alessandro Mendini, non ricorda forse le sedute barocche descritte nella ritrattistica sei-settecentesca? Come non notare nello stesso oggetto citazioni e rimandi ben precisi a correnti artistiche come l’impressionismo, il puntinismo o il divisionismo? Ma allora l’artigiano, il designer, può essere considerato interprete di un’arte “maggiore”? Di quell’arte e quell’ingegno che solo i più grandi artisti hanno saputo esser capaci? Oppure è solo una rivisitazione di oggetti preesistenti, dove magari si vanno aggiungendo elementi decorativi o strutturali che modificano la dinamica dell’originale?
Riferimenti letterari, citazioni pittoriche, lavoro di abili artigiani. Tutto ciò probabilmente dà vita a un’arte diversa, ma sicuramente non meno nobile o minore
In sintesi: riferimenti letterari, citazioni pittoriche, lavoro di abili artigiani. Tutto ciò probabilmente dà vita a un’arte diversa, ma sicuramente non meno nobile o “minore”. Un’idea, l’istinto e subito dopo la creazione. Questa è indiscutibilmente arte, anzi Arte con la maiuscola. “L’artista è un ricettacolo di emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno.” Lo scriveva un Picasso, che aggiungeva: “I buoni artisti copiano, i grandi rubano.”
Immagine di apertura: Sala Mae West nel Teatro-Museo Dalí de Figueres, Girona. Foto Lanoel.