“Tra tutti questi luoghi, quelli che più mi interessano hanno la curiosa proprietà di essere in relazione con tutti gli altri luoghi, ma con una modalità che consente loro di sospendere, neutralizzare e invertire l’insieme dei rapporti che sono da essi stessi delineati, riflessi e rispecchiati”. Era 1992 quando il sociologo francese Marc Augé si fece notare nel mondo teorizzando i “non luoghi”, tutti quegli spazi non identitari, relazionali e storici che si contrapponevano ai luoghi antropologici. Fra questi, la maggior parte erano le entità oggi indagate da DomusAir, le strutture necessarie alla circolazione delle persone e dei beni (aeroporti, autostrade, nodi intermodali), i mezzi di trasporto, i grandi centri commerciali e della nuova distribuzione. Da allora, infatti, molte cose sono cambiate. Non tanto perché la teoria di Augé, che in realtà riprendeva una intuizione di Michel Foucault – l’eterotopia – mostrava differenti fragilità, fra cui la principale era forse che insisteva sulla negazione del concetto di luogo senza fornirne un’interpretazione autonoma. Quanto piuttosto perché, mentre i non luoghi hanno sviluppato nella loro evoluzione tutte quelle funzioni e dimensioni che Augé gli negava, i luoghi rappresentativi della tradizione antropologica li hanno perduti, in un processo di erosione lenta ma fluida. Così, oggi la distinzione luoghi/non luoghi è sempre più sfocata, labile, impalpabile, una dimensione in cui si intersecano vecchio e nuovo, passato e futuro, stakeholders, bisogni, desideri.
L’evoluzione dei non-luoghi, oggi
Marc Augé definì nel 1992 le strutture necessarie alla circolazione delle persone e dei beni come “non-luoghi”,. Oggi, questa distinzione è sempre più sfocata, in linea con le esigenze della nostra epoca: eccesso di spazio, tempo e individualismo.
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- Walter Mariotti
- 23 dicembre 2022
I non luoghi restano i nodi e le reti di un mondo senza confini che sta cercando un’anima e un centro di gravità, più permanente possibile.
Non basta. Oggi i vecchi non luoghi sono distanti anche dalla metafora di una Terra di mezzo che accoglie il viaggiatore smarrito solo per trasformarne l’umanità nel consumo secondo il diktat della globalizzazione. Anche perché forse oggi sarebbe più corretto parlare di deglobalizzazione, spinta dalle dinamiche geopolitiche ma soprattutto finanziarie. La blockchain, gli NFT, le monete digitali. Oggi, la fluidità spazio temporale che rappresenta il cuore di questo momento storico e rende indistinti i confini del vivere associato trova paradossalmente negli ex non luoghi dimensioni che gli trasmettano un senso. Forse non di familiarità e sicurezza ma certamente di identità. Anche perché possiedono ormai tutte le caratteristiche che Augé attribuiva alla surmodernità, ovvero alla nostra epoca. Prima di tutto eccesso di tempo: la temporalità presente è affollata di avvenimenti. Poi eccesso di spazio: il mondo allarga i propri orizzonti stanziali e sempre maggiori sono le città, la mobilità, i trasferimenti di popolazioni e la moltiplicazione di infrastrutture e mezzi per la mobilità e la circolazione. Infine, un eccesso di individualismo: perché l’epidemia dei riferimenti globali impone un percorso personale, soggettivo, unico. I non luoghi restano i nodi e le reti di un mondo senza confini che sta cercando un’anima e un centro di gravità, più permanente possibile. O almeno noi cerchiamo di raccontarlo.