Yoshiharu Tsukamoto (Kanagawa, 1965) e Momoyo Kaijima (Tokyo, 1969) si incontrano al Tokyo Institute of Technology e fondano Atelier Bow-Wow nel 1992.
Sin dagli inizi, lo studio rappresenta una realtà distintasi per l’iniezione efficace del proprio pensiero, orientato dal progetto dell’architettura (architectural design thinking), in ciò che già esiste, ovvero nel panorama quotidiano delle relazioni fra oggetti e persone nell’ambiente antropizzato, ciò che chiamano behaviorology, è raccontato nel libro-manifesto omonimo del 2010.
Le premesse e i risultati di queste indagini, che sono spesso legate ad attività di insegnamento in diverse università, sono raccolte nella delicatezza e precisione del loro disegno, che giunge a rappresentare un mondo che è al di là di ciò che viene normalmente considerato il territorio dell’architettura. Con i due volumi di Graphic Anatomy (2007, 2014), Atelier Bow-Wow esprime questo significato assegnato allo strumento del disegno.
La ricerca e la pratica sono quindi inestricabilmente legate nel lavoro dello studio, che è così in grado di elaborare progetti ad hoc in contesti sia urbani sia rurali.
In prima istanza, Tsukamoto e Kaijima si sono concentrati sull’ambiente denso delle città e delle metropoli giapponesi dal dopoguerra in avanti, prendendo in esame la genesi informale e non pianificata di microarchitetture e pratiche urbane quotidiane. Essi giungono così alla pubblicazione di Made in Tokyo (2001), Pet Architecture Guidebook (2001) e Post Bubble City (2006). Si inseriscono in queste ricerche edifici residenziali come la Ani House e la Mini-House a Tokyo (1999), quest’ultima premiata con il Gold Prize of House Architecture della Tokyo Architect Society, assieme a progetti ibridi per spazi pubblici come il Public Kitchen Operation (1994).
Più recentemente, Atelier Bow-Wow è stato coinvolto in diverse operazioni per la riabilitazione di territori rurali, soggetti a contrazione demografica ed economica o devastati da disastri naturali. In questo ambito, lo studio ha spesso compreso nel suo approccio non solo un recupero dell’ambiente fisico ma, lavorando al fianco delle comunità, ha integrato ai suoi progetti risorse locali come tecniche, materiali e competenze, mirando a sostenere e implementare quella che chiamano ‘ecologia del sostentamento’. Fanno parte di questa ampia famiglia di progetti la House of Itakura (2013), nell’ambito dell’iniziativa ArchiAid, e la Kurimoto Daiichi Firewood Supply Station (2018), oltre al villaggio di pescatori Momonoura (2017), colpito dal terremoto e dallo tsunami Tōhoku del 2011.