Devono risvegliare i sensi. Devono stuzzicare l’inconscio. Devono saper usare la vista (e, in alcuni casi, anche il tatto) per innescare un viaggio sensoriale che dagli occhi e dalla pelle arrivi al naso. Si possono chiamare con i nomi più diversi (boccette, flaconi, bottigliette, ampolle, fiale…). Possono avere le forme, i colori e i materiali più disparati. Ma hanno sempre un obiettivo comune: quello di accendere la curiosità olfattiva. Quello di far pregustare l’essenza che contengono, il profumo che custodiscono. Che può essere di volta in volta inebriante, sensuale, impalpabile, evocativo, ma che in ogni caso lascia il segno. Come diceva Guy de Maupassant: “Un profumo, nel tempo, è un ricordo più struggente di una fotografia”. Perché il naso ha più memoria degli occhi. Ma spesso bisogna passare dagli occhi per arrivare al naso. I produttori di profumi lo sanno bene. Tanto che a volte dedicano alla progettazione del contenitore un’attenzione analoga a quella che riservano alla realizzazione e alla distillazione del contenuto. Come dimostrano i contenitori che presentiamo in questo servizio: pezzi rari, a volte piccoli gioielli, preziosi quanto il profumo che contengono.
Il design dei profumi in 15 esempi da collezione, da Dalí a Gehry
Dall’iconico ed elegante Chanel no. 5, al surreale Shocking di Elsa Schiaparelli, fino all’espressione del movimento di Frank Gehry, vi raccontiamo 15 boccette di profumo che hanno segnato la storia del design.
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- Silvana Annicchiarico
- 23 gennaio 2024
Sobria, elegante e minimalista, la boccetta quadrata con etichetta bianca è diventata un simbolo di eleganza senza tempo: con un semplice gesto, Coco Chanel ha reso obsoleti i flaconi ornamentali dell’epoca, quelli con tanto di pretenziose nappe decorative, e ha contribuito ad affermare anche nel campo dei profumi un design moderno ed essenziale. È conosciuta in tutto il mondo per i suoi angoli smussati e per il tappo dalle geometrie simili a quelle di un diamante, che pare sia stato fortemente voluto da Coco Chanel per ricordare la planimetria della parigina Place Vendôme, cara alla designer e famosa per le sue prestigiose gioiellerie. Dal 1954 la boccetta fa parte della collezione permanente del MoMa di New York.
Il flacone che contiene questo profumo sensuale, ipnotico e voluttuoso si ispira al Taj Mahal, un mausoleo costruito nei giardini di Shalimar ad Agra, in India, per ricordare una donna follemente amata dall’imperatore. Il profumo, creato da Jacques Guerlain, prende il nome (che significa “tempio dell’amore”) proprio da quei giardini e il flacone, con i suoi arabeschi, si ispira alle meravigliose fontane di Shalimar le cui acque zampillanti sono riecheggiate dalla forma del tappo a ventaglio. Presentato al pubblico nel 1925, all’Esposizione delle Arti Decorative a Parigi, in seguito al successo ottenuto a bordo del transatlantico Normandie, in occasione di una traversata verso New York di Raymond Guerlain (cugino di Jacques) e di sua moglie, Shalimar venne lanciato in anteprima anche negli Stati Uniti.
Oltre alle aragoste sugli abiti da sera e ai cappelli-scarpa, Elsa Schiaparelli ha inventato anche un colore, il Rosa Shocking, che esordì con l’uscita del suo profumo del 1937 Shocking de Schiaparelli. Era un colore “luminoso, impossibile, sfacciato, inappropriato, vivificante, come tutta la luce e gli uccelli e i pesci del mondo messi insieme”, era associato a un profumo che doveva trasmettere lussuria, decadenza, glamour ed esotismo ed era imbottigliato in un flacone-torso disegnato dall’artista surrealista Leonor Fini ispirandosi direttamente al corpo di Mae West, cliente fissa di Schiaparelli. La bottiglia-torso a forma di manichino, così come i minuscoli fiori di vetro colorato, avvolti in un bouquet intorno al collo, erano realizzati in vetro di Boemia.
Creata da Elsa Schiaparelli per celebrare la fine della Seconda Guerra Mondiale, questa fragranza viene ricordata soprattutto per la bottiglia, disegnata nientemeno che dal grande Salvador Dalì e realizzata dalle cristallerie Baccarat in soli 2000 esemplari. Pensata come un omaggio a Re Luigi XIV, la bottiglia veniva presentata in un grande guscio di metallo. Il tappo rappresenta un sole e sormonta una roccia battuta dalle onde. Gli uccelli in volo, disegnati all’interno del disco solare, creano una prospettiva aggiuntiva e formano un viso trompe-l’oeil. Un contenitore dal gusto surreale per un profumo dolce e persistente che purtroppo non è arrivato fino ai giorni nostri.
Disegnato originariamente dallo scultore spagnolo Joan Rebull, il flacone del profumo L’air du temps – il primo in cristallo – aveva incisi sul tappo un sole e una colomba. Soltanto nel 1951 fu adottata l'attuale confezione, ideata dalla stessa Nina Ricci e da Marc Lalique: questa volta sul tappo erano rappresentate due colombe in volo su una nuvola di cristallo. Il messaggio trasmesso dall’immagine, in un periodo in cui il mondo stava faticosamente uscendo dalla tragedia della Seconda guerra mondiale, doveva suonare come un invito alla pace e all’amore. Recentemente il flacone Deux Colombes è stato rivisitato da Philippe Starck, che ha fuso le due colombe in un unico elemento.
Nell’antico Giappone i samurai portavano appeso alla cintura un piccolo contenitore chiamato inrô in cui conservavano le loro medicine, le loro erbe e l’oppio per lenire i dolori del combattimento. È proprio questo piccolo contenitore tradizionale che fa da modello al flacone disegnato da Pierre Dinand per il profumo di Yves Saint Laurent che si chiama, non a caso, Opium: una fragranza conturbante e sensuale che riporta in auge i profumi orientali in voga negli anni Venti e Trenta con un mix di resine e spezie che il couturier chiama fiori di fuoco. Il flacone, come il profumo, rompe gli schemi: non è trasparente, associa plastica e vetro e adotta una cromia rosso sangue che evoca il colore di una lacca orientale.
“Il profumo è il veleno del cuore”: è con questo slogan che Dior lancia nel 1985 uno dei suoi profumi più amati e misteriosi. La boccetta di Poison, con la sua forma a mela avvolta in un velenoso colore viola, diventa in fretta un’icona degli anni Ottanta. Il design di Véronique Monod evoca il frutto proibito, simbolo della tentazione: una mela scolpita in un’ametista scura che del frutto conserva la rotondità, il calore, la sensualità. Questo flacone dai riflessi profondi preserva il prezioso elisir dagli sguardi indiscreti e promette un’esperienza olfattiva ammaliante.
Un flacone a forma di granata, o di bomba a mano: è davvero “esplosiva” la scelta del duo di profumieri olandesi Viktor & Rolf. Tanto esplosiva da far includere il loro profumo Flowerbomb nella lista dei prodotti beauty non autorizzati nell’aeroporto di Oslo per motivi di sicurezza. Ma come suggerisce il nome stesso del profumo, qui si tratta tutt’al più di un’esplosione di fiori: una miscela di essenze floreali e vegetali che – facendo entrare il mondo delle fragranze nell’orizzonte del sensazionalismo – promette a ogni donna esperienze olfattive straordinarie e deflagranti, pur mitigate dal tenue colore rosa che immerge il tutto in un’aura di prezioso romanticismo. Ma il sigillo nero con il logo V&R, pronto per essere sbloccato, ricorda davvero la forma di una bomba.
Un flacone tagliato come un gioiello, incastonato nell’oro come un diamante. Un talismano prezioso, che con il suo color ametista diffonde una luminosità decisa e avvolgente. Come se arrivasse da un qualche altrove. Come se evocasse certe creature delle saghe di fantascienza come Star Trek o Star Wars. Alien di Thierry Mugler rinchiude la preziosa essenza creata dai francesi Dominique Ropion e Laurent Bruyère in un contenitore dai misteriosi e affascinanti riflessi violacei: una boccetta che promette un viaggio verso esperienze olfattive inedite e sorprendenti.
Non ha nome, il profumo realizzato per Kenzo dal profumiere Aurélien Guichards. La sua “personalità” è tutta nel contenitore, realizzato dal designer israeliano Ron Arad: modellato in zamac, una lega d’acciaio molto plasmabile, presenta una forma ergonomica complessa e ispirata al concetto d’infinito. Non è progettato per stare in piedi, ma sul palmo della mano, e per la fuoriuscita della fragranza richiede una gestualità guidata dal pollice e non dall’indice come avviene in tantissimi altri contenitori di profumi. Innovazione tecnologica e spregiudicatezza estetica fanno del packaging il protagonista assoluto di questo flacone, prodotto in una serie ultra-limitata e subito accolto al Centre Pompidou di Parigi e al MoMa di New York.
A prima vista è in tutto e per tutto somigliante a uno sgrassatore multiuso, ma in realtà contiene una lussuosa e delicata fragranza in grado di celebrare la femminilità in tutti i suoi aspetti. La provocazione, ironica e sbarazzina al tempo stesso, è evidente: un’essenza haute couture in un contenitore per le pulizie di casa. Il progetto è di Jeremy Scott, direttore creativo di Moschino e indiscusso re delle provocazioni e degli eccessi. A prestare il volto alla campagna pubblicitaria è stata la top model Linda Evangelista che, grazie alla sua bellezza e alla sua espressione disarmante, ha incarnato la fusione di due distinti tipi di donna: la casalinga disperata e la femme fatale.
La collezione Portraits del brand londinese Penhaligon’s è un tributo allo spirito inglese sospeso tra humour, provocazione e autoironia: una sorta di fiction olfattiva che usa il packaging per legare vari profumi ad altrettanti personaggi dell’aristocrazia britannica. A realizzarlo è stata chiamata l’artista islandese Kristjana Williams, che intrecciando frammenti d’incisioni vittoriane con illustrazioni contemporanee colorate ha creato paesaggi magici pieni di creature esotiche impossibili. Caratteristici i tappi cromati raffiguranti teste di animali. Per The Tragedy of Lord George la boccetta è adornata da un tappo placcato in oro che riproduce la testa di un cervo, animale simbolo di forza, coraggio e potere.
Classica ed elegante, la boccetta che custodisce questo profumo di Valentino si ispira e rende omaggio all’architettura romana, da cui riprende la piccola forma piramidale che già aveva generato l’iconica borchia Rockstud disseminandola fino a ricoprire tutti i lati del flacone. Una confezione fortemente identitaria, che usa l’emblema della Maison e l’ardito accostamento cromatico fra la pelle nera e l’intensa tonalità di rosa del contenuto per connotare un profumo che partendo da Roma e dal suo fascino universale ambisce a conquistare tutto il mondo.
“L’anfora tentatrice”: così Dior aveva definito la boccetta originaria disegnata nel 1999 da Hervé van der Straeten e pensata per riflettere la natura seducente del profumo J’adore che doveva contenere: un flacone-gioiello, dalle morbide curve sensuali, con un collier Masai nella parte alta dell’anfora e un applicatore a perla che rilascia la giusta dose di profumo, senza sprechi, esattamente dove la donna desidera. Nel 2021 Dior ha chiesto alla designer India Mahdavi di rivisitare quel flacone iconico e lei l’ha fatto immaginando di avvolgere il flacone ad anfora con un filo d’oro zecchino che lo abbraccia con un movimento spiraliforme, ipnotico e infinito. Ogni pezzo è stato realizzato da uno storico maestro vetraio di Murano, in una serie ultra-limitata di 1.000 pezzi unici e numerati.
La boccetta, realizzata da Frank Gehry, è una vera e propria opera d’arte scultorea ed eterea, unica e affascinante. Gehry – che ha sempre la Natura come primaria fonte di ispirazione – ha ideato una forma dinamica che sembra sfidare le leggi della fisica. Il tappo, modellato accartocciando una lastra di alluminio, assume l’aspetto di un fiore chimerico. “Ho voluto affrontare il progetto – commenta Gehry, 94 anni – da un punto di vista scultoreo. Per portare qualcosa di diverso al profumo. Non è una forma geometrica finita, è solo movimento. Un movimento visuale con l'interesse aggiunto dell’effimero”. Simile a una fiamma-gioiello, il tappo argenteo sembra spettinato dalla brezza, mentre la forma del flacone opportunamente rimodellata vuole evocare l’idea di una vela trasparente. Il tutto per innescare un viaggio immaginifico e sensoriale che inizia dalla vista, attraversa l’olfatto per posarsi infine con tatto sulla pelle.