In tempi di Olimpiade, e di ritorni di fiamma globali come quello per il tennis, è facile guardare allo sport come ad una lente capace di ispirare altri ambiti del quotidiano. Tra questi, il design di arredo non è immune al fascino della specificità sportiva. Eppure, si direbbe guardando i pezzi di questa selezione, non punta mai ad assecondarne lo spirito di competizione che pur lo caratterizza. Al contrario, in un meccanismo progettuale che comincia spesso con un prestito – un sellino al posto di una seduta, una ruota al posto della gamba di un tavolo – è la libertà del movimento che viene esaltata, e con essa la libertà del progettista: di stravolgere tipologie predefinite, di cambiare le proporzioni, di immaginare destinazioni d’uso stravaganti.
Assoluti: il design per la casa ispirato allo sport
Il dialogo tra lo sport e il mondo l’arredo ha messo sul podio più di un’icona applaudita da critica e pubblico. Mentre nei casi meno noti, ha soprattutto mirato a fare sorridere in nome di un’immaginazione progettuale liberata.
Foto Giulia Zappa
Courtesy Zanotta
Courtesy Poltronova
Courtesy Memphis Milano
Courtesy FontanaArte
Courtesy Tectona
Courtesy Atelier Biagetti
Courtesy Campeggi Design
Courtesy Studio Lievito
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- Giulia Zappa
- 01 agosto 2024
L’effetto collaterale, sempre cercato, è di conseguenza quello dell’ironia. Un paradosso, se vogliamo, visto che lo sport dovrebbe innanzitutto fare sudare, e solo dopo sorridere. Ma assecondandone il surrealismo, e spingendo estetiche e funzioni fino ai limiti delle loro possibilità – ecco, abbiamo trovato una possibile metafora dello spirito competitivo – il design sublima lo sport in un modo tutto suo: trasformandolo in un’occasione per generare azzardate, imprevedibili icone.
Immagine di apertura: Courtesy Atelier Biagetti
Greca naturalizzata francese, la designer Lina Zervudaki fu un’attiva sperimentatrice delle potenzialità del vimini, che utilizzò per la creazione di manichini, tra gli altri per Elsa Schiaparelli e Dior, nonché per pezzi di arredamento destinati ai bambini. La sinuosità di questo materiale riecheggia nel design di questa culla, che Zervudaki realizza però in metallo colorato rispettando le cromie degli anelli olimpici. Il pezzo fu presentato alla l'Esposizione internazionale «Arts et Techniques dans la Vie Moderne» del 1937.
È facile trovare una risonanza tra Sella e il mondo dello sport: la seduta fa uso di un vero e proprio sellino da bicicletta, mentre il rosa dell’asta di metallo che lo sorregge è un riferimento alla Maglia Rosa del Giro d’Italia. Tuttavia, questo pezzo dadaista dei fratelli Castiglioni, a dir poco avanguardistico per l’epoca, si ispira in realtà al sedile ad una gamba utilizzato dai mungitori, ripensato nell’Italia del boom come seduta di appoggio durante le telefonate. Il suo equilibrio precario impone tuttavia un uso attivo delle gambe, che rendono di fatto questa seduta un invito a mobilitare il corpo sollecitandone la tenuta muscolare.
Ispirata al design delle Ferrari GT, questa poltrona in fibra di vetro di Mario Sabot si distingue per la forma accogliente e sinuosa in linea con l’estetica del design space age.
Un enorme guantone da baseball segna una delle icone dell’iperrealismo del design italiano. Con questo celebre pezzo, De Pas, D’Urbino e Lomazzi pagano il loro tributo a Joe Di Maggio, ineguagliata star del baseball americano, e spingono oltre le aspettative le possibilità di comfort e accoglienza della tipologia divano, qui trasformato in un’ennesima parabola dell’informale. Nel 1978 la svizzera de Sede avrebbe fatto eco con un altro iperrealismo, quello del pugilato, del Boxing Glove.
Membro di Memphis, il giapponese Masanori Umeda regalerà con l’inclassificabile Tawaraya l’occasione per immortalare i membri del celebre collettivo milanese con quella che è forse la loro più celebre istantanea. Grande quattro volte e mezzo un tatami, ma anche pari allo spazio minimo di un appartamento giapponese, Tawaraya è di fatto un ibrido tra un mobile e uno spazio. Umeda lo definirà anche come “un luogo per il combattimento intellettuale”, pensandolo come una metafora del dibattito tra designer e critica.
Evoluzione del Tavolo con Ruote, sempre firmato da Gae Aulenti per FontanaArte, Tour scambia le originarie ruote da carrello industriale con quelle da bicicletta, regalandoci uno dei più grandi tributi al ciclismo nel mondo del design. Le forcelle, cromate, sostengono un piano quadrato in vetro temperato trasparente.
Tra i tanti arredi di questa galleria che guardano al mondo dello sport come ad una fonte di ispirazione per un design ironico, Tennis si distingue come una risposta focalizzata e realista alle necessità di arbitri e giocatori in campo. Firmata da Pierre Charpin, la linea si compone di un seggiolone per arbitro e una panchina destinata ai giocatori. Realizzate in metallo e teck, vantano ampie superfici di appoggio sotto le sedute.
Con ironia e un briciolo di surrealismo, Atelier Biagetti divertiva il Salone del Mobile di Milano con una collezione – la curava Maria Cristina Didero – ispirata al mondo dell’allenamento tra le mura di una palestra. Senza deviare completamente da una finalità funzionale, i pezzi presentati richiamavano esplicitamente gli attrezzi utilizzati nella ginnastica, pur traslandone e sublimandone le estetiche verso il mondo dell’arredo. Ne è un esempio divertente la lampada a sospensione, che mette in sequenza una serie di anelli da ginnastica artistica, qui rivisitati attraverso l’uso di inaspettati neon circolari.
La trasformabilità costituisce il gene primario del DNA di Campeggi. Per questo pezzo aereo, Emanuele Magini, storico collaboratore del marchio, fa ancora una volta ricorso all’iperbole e all’ironia per concepire un arredo che reinterpreta con libertà i codici del design. La sua altalena è fissata ad una sedia dalle gambe allungate, che diventa supporto tanto per accompagnare lo swing che per ispirare un’occasione di sosta, al pari di un’amaca.
Il divertimento dello sport trasformato in un divertissement per la casa. Studio Lievito ripensa il ping pong attraverso una racchetta doppiamente specchiata e una pallina di marmo che funziona da supporto di appoggio. Il pezzo è stato sviluppato in occasione di una performance che invitava gli spettatori a giocare in solitaria contro una tavola da ping pong dotata di un muro specchiato a metà campo, metafora di un’investigazione sul senso dell’immagine riflessa e dell’identità.