Compagno di vita discreto, tanto bistrattato quanto sottratto il più possibile alla vista, il WC rimane un piccolo tabù di cui non sembriamo apprezzare abbastanza le doti e le funzioni. È inutile ricordare, tuttavia, che di lui possiamo fare difficilmente a meno. E che è proprio intorno alla contraddizione tra l’aura prosaica e l’assoluta intimità di questo luogo-oggetto che risiede la sottaciuta iconicità della “tazza” – altro appellativo familiare con cui continuiamo a chiamarlo.
La presenza del vaso sanitario è una conquista quanto mai recente della storia dell’umanità. Invenzione cinquecentesca consolidatasi nell’Ottocento, il water closet si afferma capillarmente a partire dal secolo scorso come un territorio di espressione e sperimentazione tanto per la storia dell’arte che del design. I Romani, dal canto loro, ne avevano già inventato una proto versione – uno sguardo alle latrine di Ostia antica, con la loro linea di panche in marmo puntellate di buchi circolari l’uno accanto all’altro, ci fa facilmente intuire quanto pubblica e senza pudore dovesse essere in quell’epoca l’esperienza della minzione e della defecazione, con solo la toga a nascondere il corpo nell’esercizio liberatorio delle sue funzioni fisiologiche.
Eppure, per secoli e secoli, per non dire millenni, è stato il vaso da notte – talvolta nascosto dietro l’anta di un comodino – a supplirne le funzioni. Sarà un figlioccio di Elisabetta I, John Harrington, a concepirne la prima realizzazione: un’idea che non piacerà alla sovrana, che ne bandirà l’uso in tutto il regno. Si deve invece all’orologiaio Alexander Cumming l’invenzione del WC con sifone, il tubo a forma di U che isola la proliferazione dei cattivi odori creando una sorta di “tappo” tra la rete fognaria e la stanza da bagno. Passando dall’Inghilterra alla Francia, il WC sbarca quindi in tutto il mondo – ricordiamoci però che altri popoli, uno tra tutti i turchi, hanno adottato soluzioni tecniche e formali diverse, ma non per questo meno efficaci. Con la creazione in città della rete fognaria, il WC diventa una presenza ineludibile nel nostro quotidiano e nei nostri rituali privatissimi di pulizia e cura del corpo, iscrivendosi nell’immaginario con una forma scolpita e assoluta, riconoscibile tra mille.
Oggi, la progressiva tecnologicizzazione del WC tende a voler sublimare l’esperienza della nostra permanenza sul vaso sanitario. Ne sanno qualcosa i giapponesi, che dell’accessorializzazione del WC – integrato con sensori, bidet, scalda seggetta, telecomando e persino profili di utilizzazione per i diversi componenti del nucleo familiare – hanno fatto un punto di orgoglio attraverso i modelli washlet. Uno scarto laterale volto a respingerne l’associazione con un residuo da smaterializzare, che non basta però ad eliminarlo tanto dalla psiche che dall’orizzonte della nostra cultura materiale: non fosse altro perché la durevolezza del materiale con cui è generalmente prodotto, la ceramica, rischia di sopravvivere tanto alla nostra estinzione che a quella delle case che abbiamo abitato.