Scorrendo anche distrattamente le pubblicazioni curate dall'autore del volume Adolf Loos e Vienna osserviamo come il campo gravitazionale in cui fluttua la ricerca storica dello studioso Marco Pogacnik sia quello di area tedesca e mitteleuropea con riferimento a figure note dell'architettura e parallela riflessione al prestigioso sviluppo della tradizione storiografica rappresentata dalla Scuola di Vienna. Il recente volume inaugura la collana dell'unità di ricerca Arte del Costruire, attivata presso lo IUAV di Venezia, che pone l'accento sull'analisi e comprensione della materialità esecutiva e sulle tecnologie impiegate nella realizzazione delle opere.
Il primo capitolo svolge il tema che dà il titolo al volume e può risultare ingannevole: non è infatti il solito riferimento all'opera dell'autore sullo sfondo dell'immenso affresco costituito dalle "arti a Vienna nel primo '900", ma è piuttosto la passeggiata di Loos attraverso le strade della città ritmata da numerosi brani ripresi dal libro Parole nel vuoto, che raccoglie scritti e conferenze dell'architetto. Così Pogacnik letteralmente ci conduce in pellegrinaggio verso il "più bell'interno, il più bel palazzo, il più bell'edificio che muore, il più bell'edificio nuovo, la più bella passeggiata di Vienna"[1] , illustrandoci l'intricata politica di piano dell'amministrazione viennese del tempo e i ruoli di differenti attori protagonisti, alcuni dei quali coinvolti nella costruzione della casa sulla Michaelerplatz.


Dalla definizione quindi della "baulinie", stupisce oggi la velocità esecutiva pur frenata dai numerosi problemi sopraggiunti in corso d'opera. Risulta affascinante leggere tra le pieghe delle prime proposte progettuali della Looshause il laboratorio in cui per la prima volta si sperimenta "in maniera compiuta il raumplan", motivato dalla "complessa strategia delineata dal Consigliere Goldman volta a recuperare la superficie ceduta al Comune come area pubblica aumentando la densità del volume edificato". "Ho insegnato ai miei allievi a pensare in tre dimensioni, a pensare al cubo"[2], spiega lo stesso Loos parlando della sua scuola di architettura nel 1913.
Il terzo e conclusivo capitolo finalizzato alla comprensione più materiale e costruttiva del progetto, si apre con un'impegnativa dichiarazione di Pogacnik che considera le forme dell'involucro esterno dell'edificio loosiano "come espressione di un tema architettonico indipendente da ogni considerazione di tipo funzionale". Il cantiere aperto nel cuore di Vienna nel 1909 prevede e porta a termine in tempi ristretti una costruzione completamente in cemento armato.
Dal volume emerge con chiarezza quanto abbia contato per la riuscita dell'opera, la perfetta organizzazione messa in piedi dai committenti della "premiata sartoria": architetti, ingegneri, avvocati, imprese, tecnici comunali e politici





[1] Adolf Loos, Parole nel vuoto, Milano, 1980, pag. 199
[2] Adolf Loos, Parole nel vuoto, Milano, 1980, pag. 264