di Massimiliano Di Bartolomeo
Archigram/Metabolism. Utopie negli anni Sessanta
Marco Wolfler Calvo
Clean, Napoli 2008 (pp. 132, € 15,00)
Difficile imbrigliare i progetti di Archigram e
Metabolism tra le pagine di un libro. Difficile perché
si tratta di manifesti, che per antonomasia
sono affissi ai muri, esposti ai cortei, appiccicati
nelle aule occupate delle facoltà, logori sul selciato,
magari dopo una furiosa contestazione.
Si tratta di utopie degli anni Sessanta,
come recita il sottotitolo del testo di Marco
Wolfler Calvo, visioni e proiezioni di una architettura
fatta di ideali ma anche di precise prese
di posizione intellettuali. In tal senso, il testo
provoca una lettura critica che definisca un
percorso culturale di avvicinamento e allontanamento
da questa stagione, magari ristretta da
un punto di vista temporale ma immensa per le
influenze ancora palpabili. Non si tratta quindi di
leggere le utopie radicali come fenomeno esplosivo
e slegato da qualsiasi riferimento, piuttosto
di interpretare ogni indizio per riconoscere il fil
rouge che percorre tutto il Novecento, a partire
dalla rivoluzione industriale, attraverso i conflitti
mondiali, le rivoluzioni ideologiche, fino alle violente
logiche dell'economia globale.
Percorrendo questo itinerario, non è un caso
che le prime pagine siano dedicate a Sant'Elia e a
Buckminster Fuller: dal primo impariamo che "le
case dureranno meno di noi" e che "ogni generazione
dovrà fabbricarsi la sua città", dal secondo
la possibilità di un blocco abitativo di dieci piani
trasportabile, ingenuamente ed eroicamente, da
uno zeppelin, leggero tra le nuvole. E ancora, il
maestro Cedric Price, interprete di un'architettura
slegata dal concetto di monumentalità e
staticità: rivelandosi autore di un progetto come
luogo dell'attraversamento e della trasformazione.
Non solo, il giapponese Kenzo Tange, con
il giovane discepolo Isozaki, alimenta la cognizione
di un'architettura tecnologica che protegga
e salvi dall'ansia dell'aumento demografico.
Il maestro e l'allievo non saranno tra i firmatari
del manifesto metabolista ma proprio Kikutake,
l'autore della futuribile Marine City, quando parla
di negazione della funzione e della forma statica
a vantaggio di una spazialmente variabile, metabolica
appunto, in qualche modo ne legittima la
condivisione di pensiero. Contemporaneamente,
in Inghilterra, prende forma il gruppo Archigram,
neologismo geniale dalla intersezione di termini
Archi-tecture e tele-gram: per un'architettura
che sia rapida, mobile e istantanea come un
telegramma, che all'epoca poteva valere quanto
una contemporanea e-mail. Le rispondenze
tra gli inglesi e i giapponesi sono culturalmente
e temporalmente evidenti: mentre le differenze
sono piuttosto nel linguaggio e nella propaganda. Archigram è il titolo del primo numero di una rivista che
fonde tra le sue pagine grafica, fumetti, arte e architettura,
anticipando ogni esempio di multi e interdisciplinarità. E la
miscela è assolutamente pop.
L'approccio di Metabolism è invece più defilato, seppur
utopistico, meno mediatico e più concreto, nel tentativo di
consegnare risposte piuttosto che suggestioni.
In ogni caso, le fantasie utopiche attecchiscono ovunque,
rafforzando il significato e il valore che rappresentano
nel panorama dell'architettura mondiale. Superstudio
e Archizoom sono gli emuli italiani: autori che hanno però
condizionato aspetti più prossimi al design. Basti pensare
al Monumento continuo, progetto di Superstudio che, da
protagonista di meravigliosi fotomontaggi che lo ritraggono
in ogni angolo del mondo, è ridotto alle dimensioni di un
tavolino quadrettato per le vetrine di Zanotta o di qualche
salotto borghese.
Metabolism e Archigram hanno invece spostato più in là
l'approfondimento: prova ne sia che gli stessi progetti diventano
ambiguamente risposta e domanda, rimandando di continuo
l'esaurirsi di un dibattito estremamente complesso tra
modernità e tradizione. Avanguardie e utopie
si sovrappongono in proposte progettuali che,
in modo esaltante, riconosciamo progenitrici
di tematiche ancora attualissime. Si pensi al
concetto di cellula abitativa di Kikutake, alla
plug-in city di Cook e, ancora, alla walking
city di Herron: i cui condizionamenti architettonici,
artistici, grafici e cinematografici
sono incessantemente sotto i nostri occhi.
In tal senso si può pensare alla stagione di
Archigram e Metabolism come una ideale
staffetta tra il futuribile, fantasticato nella
cultura post industriale del Novecento, e il
futuristico, concretizzato nelle
conquiste tecnologiche del
Duemila. In mezzo, le trasformazioni
sociali ed economiche: come
sempre imprevedibili!
E, infatti, gli errori ci sono
stati, definendo così l'estinzione di
un'architettura radicale e sociale,
fatta di moduli matematici,
ripetibili all'infinito, e di strutture
trasportabili e rinnovabili ovunque.
Megastrutture immense per
uomini semplicemente complessi
e irripetibili nella loro condizioni di
abitanti: e questo non si può proprio
imbrigliare.
Massimiliano Di
Bartolomeo Architetto
Utopie radicali
Archigram/Metabolism. Utopie negli anni SessantaMarco Wolfler Calvo Clean, Napoli 2008 (pp. 132, € 15,00)Difficile imbrigliare i progetti di Archigram e Metabolism tra le pagine di un libro. (...) Si tratta di utopie degli anni Sessanta, come recita il sottotitolo del testo di Marco Wolfler Calvo, visioni e proiezioni di una architettura fatta di ideali ma anche di precise prese di posizione intellettuali.
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- 04 settembre 2008