Melchiorre Bega (Crevalcore, Bologna, 1898-Milano, 1976) è una figura di rilievo dell’architettura italiana del Novecento. Se le storiografie non l’hanno consacrato come protagonista assoluto, pure nella sua carriera lunga più di cinque decenni ha avuto l’occasione di incrociare e interpretare le grandi correnti d’idee del suo tempo – dal razionalismo degli anni Trenta all’international style degli anni Cinquanta, e tangenzialmente anche il brutalismo – e di avvicinarsi a personaggi di assoluto valore, su tutti Gio Ponti.
Già negli anni Trenta e Quaranta è proprio la Domus di Ponti a riservare ampio spazio alla presentazione dei progetti di Bega, che sono soprattutto abitazioni per l’alta borghesia milanese, bolognese e romana. Casa Dellepiane (1939) e Casa Galimberti (1939), entrambe a Milano, come l’Appartamento R. di Roma (1942), testimoniano di un’attitudine colta ma pragmatica, non radicale, che introduce elementi di una modernità razionalista – si veda a tal proposito il volume plastico della scala interna di Casa Dellepiane – nell’ambito d’interni domestici tutto sommato tradizionali, nei loro materiali e nella conformazione dei loro spazi.
Le case unifamiliari come Villa Pace (1940), la Villa a Lodi dello stesso anno e ancora la casa che costruisce per sé stesso sui colli bolognesi (1941) confermano il suo approccio non purista, che combina una certa volontà di astrazione e semplificazione decorativa di ascendenza modernista con la riproposizione di elementi di origine vernacolare, ad esempio il tetto a doppia falda, e di materiali tradizionali, come la pietra da taglio con cui riveste spesso i basamenti delle sue architetture.
Risalgono alla stessa epoca i primi bar, negozi e padiglioni: Bega si conferma anche in questo caso un progettista eclettico, capace di spaziare dalla monumentalità del Caffè Grande Italia in piazza dell’Esedra a Roma (1938) alle fascinazioni metropolitano-futuriste del Negozio Motta di Milano (1934) e soprattutto del Padiglione Perugina alla Fiera di Milano (1934), esempio interessante e tipico di quegli anni di dialogo tra architettura e tipografia.
Il boom economico e l’esplosione edilizia del secondo dopoguerra rappresentano per Bega, come per molti architetti della sua generazione, un’occasione di aggiornamento dei propri linguaggi e delle proprie linee di ricerca, oltre che l’epoca storica fortunata in cui ottenere incarichi di grande scala. A partire dagli anni Cinquanta l’attività di Bega spazia dal disegno del prodotto agli interni, ad esempio per il Ridotto dei Cineconvegni di Milano (1960), e fino ad architetture di volumetria anche consistente in Italia, come la Torre SIP di Genova (1967), e all’estero, su tutte la sede della casa editrice Axel Springer a Berlino (1965).
La sua fama nel periodo post-bellico, però, resta legata soprattutto a tre edifici, per ragioni molto diverse tra loro. A Bologna costruisce la Casa del Rotary in piazza Ravegnana (1954), alla base delle due torri simbolo della città. La piccola architettura, che è un inserto schiettamente contemporaneo in un contesto storico di grande valore, gli attira critiche pesantissime e si trasforma, suo malgrado, in una delle icone del dibattito per la salvaguardia dei centri storici in Italia.
Più fortunata è la vicenda della Torre Galfa di Milano, completata nel 1961 e inserita nell’ambito più ampio del centro direzionale del capoluogo lombardo, dove Bega realizza anche il Palazzo Stipel (1964). La torre, interamente rivestita di un raffinato curtain wall, è un tipico edificio alto international style che diventa, insieme al vicino Grattacielo Pirelli di Ponti (1960), un simbolo dell’ideale di modernità milanese di quegli anni. Bega prosegue anche la collaborazione con Motta, che all’epoca sta espandendo la sua rete di distribuzione lungo la neonata rete autostradale italiana: il celebre autogrill a ponte di Cantagallo (1960) è di poco successivo al primo edificio di questa tipologia, completato a Fiorenzuola d’Arda nel 1959 da Angelo Bianchetti, su incarico dell’imprenditore Mario Pavesi. Da segnalare anche l’affiancamento con Pier Luigi Nervi per la progettazione strutturale dell’autogrill a ponte di Limena, Padova (1965-1967).
Il complesso per gli uffici di Selezione a Milano, su cui lavora con Renzo Durand de la Penne a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, è uno degli ultimi grandi incarichi di Bega. Con le sue volumetrie scultoree e le facciate in cemento a vista testimonia del superamento della sua fase modernista e dell’avvicinamento ad estetiche e materiali di stampo brutalista.
Proprio questa capacità di evolversi attraverso le epoche dell’architettura, con una produzione che mantiene costantemente un livello medio-alto, fa di Bega un professionista per molti versi tipico del Novecento italiano. Infine, pur senza fornire un contributo sostanziale alla produzione teorica sulla disciplina, Bega si avvicina ai centri del dibattito critico sull’architettura e la città, ad esempio nel periodo in cui dirige Domus, tra il 1941 e il 1944, negli anni complessi della guerra.