Il paesaggio di Pietro Porcinai
Testo di Fulvia Grandizio
C'è fusione profonda tra mondo naturale e mondo mentale nella fotografia di Alessio
Guarino. Il suo sguardo sa cogliere il legame tra giardino e paesaggio, suggerire lo scarto
tra naturalità e artificio progettuale. Guarino fa della luce la sua complice inconsapevole:
ora cruda nello stagliare i profili delle dimore e degli alberi contro cieli di nuvole barocche,
ora morbida nel pennellare le ombre sulle texture vegetali di prati, foglie, siepi. I suoi
scatti non rappresentano il paesaggio, ci sono dentro. Se c'è interpretazione è nel guidare
l'osservatore nella comprensione del procedimento di pensiero che ha orientato le scelte
progettuali di Porcinai.
Il fotografo possiede l'istinto di evocare immagini ancestrali,
mettendo a confronto il paesaggio antropizzato della campagna toscana con il paesaggio
"controllato" progettato del giardino. E così, osservando le immagini, ti ritrovi a
immedesimarti nella mente del progettista del giardino quando ha "ascoltato" il sito per
coglierne il genius loci e, come in un gioco di scatole cinesi, nella mente delle generazioni
di uomini che con la loro opera hanno plasmato l'ambiente naturale che accoglie il
giardino, di quelli che ne hanno semplicemente goduto la bellezza o che, come Guarino,
ne hanno tratto ispirazione artistica e, colmo di significati espressi e taciuti, diventi anche
tu parte del divenire del paesaggio. Fulvia Grandizio
Il divenire del paesaggio
Con uno sguardo che sa cogliere il legame tra giardino e paesaggio, le fotografie di Alessio Guarino guidano l'osservatore nella comprensione delle scelte progettuali di Pietro Porcinai. Testi di Fulvia Grandizio e Marco Mazzi.
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- Alessio Guarino
- 16 ottobre 2012
Appunti per un testo sui giardini di Pietro Porcinai
Testo di Marco Mazzi
Il Novecento ha spesso dimostrato di pensare che la compiuta teorizzazione di un lessico stilistico non sia
costretta a confrontarsi con una tradizione consolidata, ma debba piuttosto infrangere quegli schemi e quelle
istanze formali che producono un determinato codice estetico. La rigidità della metodologia, spesso segnata
da un contrasto esplicito con dei modelli canonici ed epistemologici ancora legati al passato, ha cercato, con
le esperienze di Bauhaus, di Futurismo, di Dada e Surrealismo, di liberare l'arte da legami di dipendenza con
forme espressive obsolete e linguisticamente infedeli alla proposta originaria di un'arte che avrebbe dovuto
risolvere il rapporto antitetico e ideologico, legando l'individuo alla realtà sociale e culturale del suo tempo. I
giardini del paesaggista fiorentino Pietro Porcinai (1910-1986) rappresentano una griglia interpretativa che ci
permette di cogliere la complessità dell'esperienza e della meditazione sul paesaggio moderno, inteso come
disegno totalistico, fondato sull'espressione di una visione del mondo su cui si colloca l'esperienza umana e
immaginaria dell'infinito.
Porcinai, fra i massimi paesaggisti del XX secolo, è stato in grado di esplorare con appassionata maestria e lungimiranza, la progettazione del verde pubblico e privato, la valorizzazione etica e estetica del patrimonio ambientale, la possibilità di interrogare e contestualizzare il rapporto ermeneutico fra la natura e la coscienza individuale. Il contributo ideologico della ricerca architettonica di Porcinai considera il verde una realtà estetica e culturale, che assegna all'individuo la possibilità di evocare una predisposizione filosofica edificante e che rimette in gioco, attualizzandolo, il principio Rinascimentale dell'esistenza di un connubio simbolico fra l'attività umana e la ricchezza dell'intreccio di quelle relazioni che rendono possibile l'intelligibilità della natura. Marco Mazzi