La frammentazione dell'esplorazione urbana

Come un improbabile insieme di attenzione mediatica e sfruttamento di marketing minaccia di polarizzare una pratica altrimenti apolitica.

L'esplorazione urbana può essere approssimativamente definita come una prassi che cerca di svelare, tramite intrusioni intenzionali nell'ambiente urbano, aree normalmente celate alla vista e chiuse ai contatti. Jeff Chapman di Toronto (noto anche come Ninjalicious, scomparso nel 2005) fu tra i primi esploratori urbani a descrivere e codificare questa prassi – tramite la sua zine poi divenuta un libro (rispettivamente con i titoli Infiltration e Access All Areas ["Entra dappertutto"], ovviamente) – come un insieme di tattiche di infiltrazione urbana che usano un ventaglio di strategie sovversive.

In quanto forma di ingresso non autorizzato a scopo ricreativo l'esplorazione urbana è stata considerata come qualcosa ai margini della legalità, di solito mal compresa, ripudiata e screditata dalla società in generale. Tuttavia la recente curiosità nei confronti della sua pratica sta portando a una frammentazione della 'scena' nei punti di intersezione tra il crescente interesse del pubblico per i ruderi e le costruzioni abbandonate, il tentativo da parte delle grandi aziende di rendere profittevole questo interesse e la recente ondata di repressione poliziesca nei riguardi dell'esplorazione, a fronte di un crescente numero di persone coinvolte in questa prassi e di palesi incursioni nell'ambiente urbano.

Nella mia qualità di etnografo urbano presso il dipartimento di Geografia del Royal Holloway della London University partecipo dal 2008 alle attività di un gruppo di esplorazione urbana incredibilmente prolifico nelle sue interazioni con la città, e ho avuto la rara occasione di osservare questi eventi dall'interno. Credo che questa prassi, a mano a mano che cresceva in popolarità, abbia gradualmente perso i primitivi fondamenti di politica dello spazio delineati da Chapman, diventando sempre più intrecciata a quel recente interesse sociale per il feticismo dei ruderi che John Patrick Leary, cittadino di Detroit e docente alla Wayne State University ha definito, forse con troppo entusiasmo, ruin porn, 'pornorovinismo' (si veda anche la risposta di Ian Ference a questa classificazione). Insieme con gruppi di New York, Parigi e Minneapolis, tra le altre località, il nostro gruppo londinese ha lavorato attivamente a dissociare l'esplorazione urbana dalla sensazione popolare che gli esploratori si dedichino prevalentemente al feticismo rovinistico; lettura in vasta misura fondata, ritengo, sulla pubblicità negativa diffusa da media incapaci di trovare modo di spremere profitto da questa prassi.

Negli ultimi anni recenti l'esplorazione urbana è stata oggetto di numerose riflessioni sulla cultura popolare e di tentativi di colonizzazione da parte di aziende, che andavano da un nuovo modello di calzature Converse a un'app per iPhone (centinaia di località abbandonate per soli 2,99 dollari!). I più sperano, e in gran parte senza risultato, di trarre – perversamente – profitti dall'attuale crisi finanziaria, facendo della dismissione degli edifici qualcosa di vendibile e alla moda, specialmente quando possa essere trasformato in 'arte'. I casi sono innumerevoli: un'infinità di foto su Flickr che ritraggono venticinquenni che si avventurano fuori dai loro quartieri residenziali per esplorare qualcosa di pericoloso, un guscio edilizio abbandonato sull'onda della devastazione economica dove "entrano in contatto con la storia".

Quelli che tra di noi sono coinvolti nella comunità dell'esplorazione urbana appaiono oggi suddivisi in settori che distinguono chi grosso modo si accontenta di assecondare l'ultimo tentativo di sfruttamento dei media – e di auto pubblicare brutti libri, e fabbricare magliette decorate con battute esoteriche che non si capiscono a meno di aver fotografato la vernice scrostata di un ospedale psichiatrico abbandonato – da chi rischia danni fisici e arresto per spingere al punto di rottura le potenzialità politiche di questa prassi, realizzando il genere di infiltrazione che Chapman avrebbe incoraggiato e cui si sarebbe dedicato.

Poche settimane fa, a qualche giorno di distanza, due gruppi di esplorazione urbana sono stati tratti in arresto in reti di trasporto urbano che comportavano "pericoli di terrorismo" (uno nella metropolitana di New York, l'altro in quella di Londra). Entrambi seguivano i binari per localizzare e fotografare stazioni dismesse di linee sostanzialmente in uso. Benché Howard Stern, a quanto pare, consideri il fatto un'eccentricità ridicola, questi arresti non implicano che si tratti di un'attività nuova; non lo è, lo facciamo da anni in città di ogni parte del mondo. Ci siamo anche sistematicamente infiltrati nelle reti degli acquedotti e dei servizi di quasi tutte le città globali, abbiamo scavato nuove gallerie che collegano le reti e abbiamo scalato i più alti grattacieli in costruzione con il favore delle tenebre. Perché? Be', dipende dalle persone cui lo si chiede.

La mia opinione, e quel che chi è coinvolto a qualche titolo in un'attività collegata con l'architettura può trovare interessante, è che l'esplorazione urbana va molto al di là di una pratica da subcultura punk. Ciò che gli esploratori urbani affermano con le loro azioni, per citare Ninjalicious, "fa rinascere un concetto giuridico caduto da molto tempo nel dimenticatoio, il cosiddetto usufrutto, che sostanzialmente significa che si ha il diritto di usufruire della proprietà altrui, purché non la si alteri o la si danneggi in alcun modo".1 Parecchi esploratori sono particolarmente decisi nell'affermare il loro diritto di avventurarsi in opere architettoniche pubbliche come le reti fognarie. Predator, anarchico dichiarato ed esploratore del Sidney Cave Clan, ha redatto perfino un a href="http://www.infiltration.org/observations-approach.html" target="_blank">manifesto dell'esplorazione delle fogne. Mentre la tarda modernità ha sepolto questi sistemi nel tentativo di realizzare un'interfaccia non conflittuale destinata a rimanere invisibile, indiscussa e scontata, gli esploratori urbani, in quanto attivisti della partecipazione civica, affermano il diritto a sapere come funzionano queste realtà, dove stanno e che cosa collegano. Successivamente rendono pubblico questo sapere specifico locale ottenuto illegalmente, per così dire facendolo filtrare all'esterno.

Mentre le grandi imprese rimangono perplesse, cercando di capire come trarre profitti dai visitatori delle fogne e delle gallerie ferroviarie delle città mondiali, le autorità si arrabattano per cercare di capire che cosa stiamo facendo e perché lo facciamo, pronte ad arrestare chi viene sorpreso a esplorare l'ambiente urbano sotto vaghi pretesti di norme antiterrorismo. Quanto a questi ultimi, forse al momento i più pertinenti dati i recenti avvenimenti di Londra e di New York, mi siano permesse due considerazioni. Prima di tutto trattando come potenziali terroristi dei cittadini così attivamente interessati agli apparati interni delle nostre città, rischiamo di radicalizzare un movimento in gran parte apolitico (cosa che sospetto stia cominciando a verificarsi proprio in questo momento). In secondo luogo vale la pena di soffermarsi un istante sui motivi per cui dovrebbe essere augurabile che le falle nella sicurezza dell'infrastruttura urbana fossero individuate e rese pubbliche da un gruppo di cittadini entusiasti invece che, magari, individuate e rivelate in segreto a realtà probabilmente meno benintenzionate.

Ciò che fanno gli esploratori urbani può essere considerato trasgressivo, ma lo scopo non è di ordine rivoluzionario. Il genere di sapere e di esperienza che gli esploratori urbani cercano e trovano, nascosto sotto gli occhi di tutti, è appassionante, utile e in definitiva ha poco a che fare con l'estetica della decadenza. E c'entra poco anche con qualunque prospettiva economica. Si tratta di un progetto di produzione di conoscenza locale nato dal desiderio di collegarsi in modo sensato con un mondo reso sempre più banale dagli interessi commerciali e da una condizione di "rafforzamento" della sicurezza che non ha mai fine. Se altri preferiscono interpretare queste azioni come qualcosa di completamente diverso non ci possiamo far nulla. Tuttavia, mentre tutti si adoperano per colonizzare, regolamentare e cristallizzare questo 'movimento' spaziale, noi continueremo a decodificare lo spettacolo, notte dopo notte, mentre gli altri stanno a guardare dai loro cubicoli.

Bradley L. Garrett è dottorando presso il dipartimento di Geografia del Royal Holloway, University of London, con un curriculum di studi in antropologia, archeologia e metodologia della visione. Negli ultimi tre anni ha condotto ricerche etnografiche con gli esploratori urbani della Gran Bretagna. Particolari delle sue ricerche recenti, di progetti di film e un elenco di pubblicazioni in materia si trova a www.placehacking.co.uk.

NOTE:
1. Ninjalicious, Access All Areas: A User's Guide to the Art of Urban Exploration, Infilpress, 2005.

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