A Bordeaux, Oma crea un ponte per una modernità ampliata

Il nuovo ponte Simone Veil, progettato da Rem Koolhaas e Chris van Duijn, sfida il concetto di infrastruttura con un design anti-monumentale, crea uno spazio pubblico per eventi comunitari e amplia il paesaggio urbano fino alla Garonna.

Un nuovo ponte evoca metafore di connessione, unione e nuove comunità. Una vera tentazione in questi tempi di isolamento e divisione: la riva destra e sinistra di Bordeaux sono state a lungo separate, e la Garonna ha costituito un ostacolo immaginario alla creazione di una metropoli unificata. Ma quest’estate, dopo dieci anni di lavori, la città ha finalmente inaugurato il ponte Simone Veil, l’ottavo punto di attraversamento (il primo fu il Pont de Pierre del 1821) che collega per la prima volta le comunità politiche di Bordeaux, Floirac e Bègles.

Il ponte Simone Veil è un’opera che espande la città sulla Garonna, supera la divisione tra natura e città diventando il nuovo spazio pubblico di Bordeaux, dove è possibile sperimentare l’urbanità da una nuova prospettiva, distante dal centro storico.
Oma, Simone Veil Bridge. Foto Clement Guillaume, courtesy Oma

Rem Koolhaas, responsabile del progetto insieme a Chris van Duijn, ha optato per un design sobrio, che rifiuta l’artificio. Il ponte diventa così un simbolo chiaro e visibile, che si oppone all’uso delle infrastrutture per definire l’immagine di un luogo. È vero: i ponti stabiliscono continuità, aumentano la velocità nelle aree dense e amplificano la possibilità di raggiungere destinazioni attraverso terreni complicati. Spesso però sono il frutto di espressioni eccessive e si trasformano in mere cartoline architettoniche.

Il ponte Simone Veil rompe con l’idea di superfluità e trasforma il concetto di ponte in una struttura che va oltre la funzionalità e supera le pompose espressioni architettoniche. Il progetto di Oma si configura come uno strumento sociale in attesa di essere adottato dalla comunità futura.

Oma, Simone Veil Bridge. Foto Clement Guillaume, courtesy Oma

In effetti, il nuovo ponte Simone Veil è tutto tranne che un grande gesto monumentale. È un’icona non iconica, frutto di uno spostamento dell’attenzione degli investimenti dalla visibilità alla creazione di nuovi spazi urbani.

Dotato di possibilità programmatiche, il ponte è una piattaforma di anticipazione, uno spazio pubblico ideale per ogni tipo di attività. Offre un luogo abbastanza ampio da ospitare pedoni e ciclisti, ma anche eventi. Su questa estensione urbana è possibile “connettersi” e partecipare a festival e concerti, ma anche fare esercizio fisico, incontrare persone, sedersi e fermarsi... La pendenza costante, inferiore al 4%, lo rende una dichiarazione monumentale di accessibilità e convivialità, garantendo al contempo funzionalità e mobilità per pedoni e veicoli.

Oma, Simone Veil Bridge. Courtesy Bordeaux Metropole

La vera questione posta dal Ponte Simone Veil va oltre la definizione tradizionale di infrastruttura. Supera l’iconicità e la funzionalità per offrire spazi di socializzazione, e interroga l’architettura stessa: come espandere la città?

Le rive di Bordeaux sono da tempo al centro di speculazioni architettoniche, come ha dimostrato “Bordeaux Port de la lune” presso l’Arc en Rêve nel 1989. L’evento invitava sette studi di architettura, tra cui Oma, a immaginare una nuova modernità per Bordeaux, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel 1988. Alla fine, la città ha adottato il piano del 1992 proposto da Dominique Perrault, che manteneva una netta divisione tra la “città” sulla riva destra, che ospita il centro storico di mattoni e pietra, e un’immagine più “naturale” sulla riva sinistra, con parchi e spazi verdi. La Garonna una barriera psicologica e fisica tra le due.

Oma, Simone Veil Bridge. Foto Clement Guillaume, courtesy Oma

Oggi si è raggiunta una nuova consapevolezza: la separazione tra natura e città è un’illusione anacronistica. La natura infatti è essenziale per le città, e l’urbanità è semplicemente il suo sviluppo, o meglio, lo sviluppo storico delle condizioni che ha creato. Il ponte Simone Veil è un’opera che espande la città sulla Garonna, supera la divisione tra natura e città diventando il nuovo spazio pubblico di Bordeaux, dove è possibile sperimentare l’urbanità da una nuova prospettiva, distante dal centro storico, che da lì si vede benissimo. Il ponte diventa così una piattaforma, un’estensione urbana che arricchisce l’eredità di Bordeaux con nuove possibilità sociali. Ed ecco che l’infrastruttura si trasforma e supera i propri limiti diventando una nuova tecnologia di connessione.

Il ponte, in quanto spazio pubblico sulla Garonna, apre nuove relazioni con il fiume, tradizionalmente visto come ostacolo o confine da superare. Riservando spazi alla comunità, offre l’opportunità di partecipare all’esperienza metropolitana. È più di un semplice punto di transito: è uno spazio dove integrandolo gli eventi possono avere luogo e dove Bordeaux può finalmente aprirsi al suo fiume nella dimensione pubblica. Qui la città mostra la sua vera natura: passato, presente e divenire si incontrano e si collegano con il cuore ecologico e storico di Bordeaux: la Garonna stessa.

Foto Frans Parthesius. Courtesy Oma

Oltre a estendere la città senza artifici, collegandola a un progetto sociale sulla Garonna e mettendone in risalto la bellezza, il ponte Simone Veil sta diventando una componente indispensabile dello sviluppo urbano. Rem Koolhaas ha fatto di Bordeaux il fulcro di numerosi progetti urbani, tra cui Mutations ed EuroAtlantique, il masterplan più recente. Il minimalismo formale del ponte potrebbe essere visto come la sintesi di questa sedimentazione architettonica, che culmina in un prototipo di infrastruttura che amplifica la modernità originale attraverso l’innovazione sociale. Questa proposta teorica potrebbe essere rilevante anche per la capitale francese, che persegue obiettivi storici e conservativi simili, ma che non ha ancora integrato pienamente la sua modernità originaria con le espressioni più recenti ed ecologiche.

Immagine di apertura: Oma, Simone Veil Bridge. Foto JB Menges, courtesy Bordeaux Metropole

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