Il numero di giugno di Domus 1069 si concentra sulla ricerca di sincerità nella progettazione architettonica. Il Guest Editor 2022 Jean Nouvel nel suo Editoriale racconta di come ognuno di noi sia in grado di arricchire il mondo con le proprie idee ed identità: frutto della somma delle proprie esperienze di vita. “Si tratta di un processo generoso, spesso sorprendente, inventivo ed emozionante quando la sfumatura “mette insieme due sogni” e la terra con il cielo. Mi piacciono questi avventurieri che trasportano e combinano tra loro misteri, questi cittadini del mondo che sono capaci di arricchirlo”.
Segue nei Saggi Mohammad al-Asad, fondatore del Center for the Study of the Built Environment di Amman, il quale dedica la sua ricerca all’identità dell’architettura moderna e contemporanea islamica. Successivamente una riflessione di David Robson su Geoffrey Bawa, architetto che operò sopratutto in quella che era all’epoca la colonia della corona britannica di Ceylon. Bawa capì che il Modernismo tropicale, trascurando la cultura e il contesto, non avrebbe potuto adeguarsi al caldo umido del contesto a disposizione.
La prima parte della sezione Architettura è dedicata all’opera dell’architetto Diébédo Francis Kéré, recentemente premiato dal prestigioso Pritzker Prize. il premio rappresenta un riconoscimento dell’approccio distintivo di Kéré nello sviluppare, a partire dalla sua doppia identità culturale, nuove strategie progettuali, efficaci non solo nei Paesi subsahariani, ma anche in altre regioni del mondo. Tra i suoi progetti vediamo in rassegna il SKF-RTL Children Learning Centre, centro didattico per bambini di età compresa tra i quattro e i 14 anni in Kenya, l’Opera Village Laongo, l risultato della collaborazione tra Kéré e Christoph Schlingensief, e ancora il Centre for Health and Social Welfare, pensato per fornire servizi sanitari e medici di base per le esigenze della popolazione di Laongo. Tra le poche opere statunitensi, Xylem è un padiglione che funge da punto d’incontro per i visitatori della tenuta Tippet Rise Art Center, invitati a esplorare i diversi usi possibili del suo spazio interno. Infine Startup Lions Campus è il centro di formazione sulle tecnologie informatiche e della comunicazione (TIC) è situato sulle rive del Lago Turkana.
Continua la sezione il progetto Pirouette House dello studio indiano Wallmakers, caratterizzato formalmente da muri che sembrano danzare: una scelta formale, ma anche una strategia per ottimizzare il volume della casa che, data la distanza ridotta dagli edifici vicini, è concepito come introverso. Opera del maestro portoghese Álvaro Siza, Clay Pavilion è parte di Casa Wabi, fondazione dell’artista messicano Bosco Sodi, ed è dedicato ad attività didattiche e creative sull’argilla. Equipo de Arquitectura ci scrive della loro Casa Intermedia, manifestazione di una volontà di mediazione fra bisogni abitativi e necessità costruttive, mentre l’architetto cileno Iván Bravo ci mostra la sua Aladino House, un’abitazione privata sollevata da terra sul paesaggio della riserva naturale di Parque Pudú. Infine Every Window a Garden di Linghao Architects è il progetto di ristrutturazione di una residenza d’inizio anni Duemila ragiona sulla decolonizzazione dell’abitare nel clima equatoriale.
Le pagine dedicate all’Arte sono incentrate sull’opera di Cai Guo-Qiang, dove tradizioni diverse e geograficamente distanti convivono nelle opere dell’artista cinese e, soprattutto, diventano ricchezza le une per le altre. Per Design Jasper Morrison e Fabrice Domercq ci raccontano la loro Gilco 100 Road Bike, una bicicletta da corsa caratterizzata dal telaio senza giunzioni a vista. Il designer giapponese Takuto Ohta propone un modo di valorizzare gli scarti dell’industria ittica coinvolgendo gli abitanti dell’area di Kishu.
Chiude il numero una riflessione finale del designer e architetto italiano afferma lo scollamento tra architettura e mondo attuale, ribadendo la necessità di ridare alla progettazuine la capacità di parlare, di esprimere la realtà attuale e il suo diritto a esistere, evitando i logori valori dei quali da troppo tempo è vittima. “Quello che manca sono scuole di architettura dove si insegni a sperimentare e che formino, oltre a fornire degli artefici dell’edilizia, architetti che ricerchino nuovi linguaggi più vicini alla realtà contemporanea”.
Il Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, è aperto dalla sezione Punti di vista, dove Daniela Bruno, dottore di ricerca in Archeologia presso l’Università Sapienza di Roma, e Paolo Cresci, direttore associato di Arup, dialogano sui rischi del PNRR quando si parla di ambiente e paesaggio. Valentina Petrucci intervista Ico Migliore, fondatore dello studio Migliore + Servetto. Cecilia Fabiani ci parla del trascorso Homo Faber 2022, seconda edizione della mostra curata da Alberto Cavalli e organizzata dalla Michelangelo Foundation che prosegue l’interessante riflessione sul contributo del design, come dimostrano i progetti di Sebastian Herkner e Zanellato/Bortotto. Andrea Bajani prova a terminare una storia d’amore ambientata in una piccola farmacia del quartiere romano di Monteverde Vecchio, spazzata via in verità proprio da quel tanto di America che chiamiamo globalizzazione.
Walter Mariotti, Direttore Editoriale di Domus, chiude con una chiacchierata con Giuliano Gori, imprenditore e collezionista di opere d’arte. La Collezione Gori è conservata negli spazi interni ed esterni della Fattoria di Celle, a Santomato, Pistoia. Qui ha dato vita al progetto di Arte ambientale, premiato nel 1996 come miglior parco privato italiano da parte dell’Associazione Internazionale degli Architetti Paesaggisti.
In allegato a questo doppio numero, il numero 2022 di EcoWorld, un approfondimento sul mondo della sostenibilità condotto dal punto di vista di Domus. “Chi vuole davvero riconciliare l’economia con il pianeta ascolta solo gli scienziati, gli ingegneri, i fisici, gli esperti di sistemi complessi. Perché non dovrebbe farlo anche chi lavora nell’architettura e nel design?” Scrive il Direttore Editoriale Walter Mariotti nell’Editoriale dell’allegato. Nelle pagine Cecilia Fabiani di interroga sul futuro della plastica, parlandone direttamente con Artemide, Fratelli Guzzini, Lanerossi, Magis, Zanotta. Valentina Croci scrive del recuperare e nobilitare scarti di produzione, mentre Emilio Ambasz si interroga sul ruolo del designer in questi delicati temi.