Abbiamo tutti un luogo di provenienza. Abbiamo tutti un patrimonio genetico. Siamo tutti il risultato di incontri precedenti, precisi e localizzati, che determinano ciò che siamo. Come? Ponendoci delle sfide, sorprendendoci, contrariandoci, stupendoci, commuovendoci, sviluppando la nostra consapevolezza. In questo modo, costruiamo la nostra identità e, gradualmente, iniziamo ad amare o a detestare.
Accogliamo o rifiutiamo. Lo facciamo in un primo tempo in un ambiente protetto e intimo, poi in ambienti esterni e imprevedibili, quindi potenzialmente più pericolosi. Siamo il risultato della somma delle nostre esperienze, delle informazioni che ci arrivano. Iniziamo a costruire la nostra cultura e la nostra personalità. In seguito verremo a patti con tutto questo all’interno di altri ambienti distanti migliaia di chilometri!
Questo vale per tutti, quindi anche per architetti, artisti e altri poeti. La loro cultura fa da sfondo alla loro fantasia in perenne trasformazione, segnata profondamente, dalla loro origine. Fortunatamente, ci sono moltissimi luoghi diversi, con climi che hanno loro specificità, e con una fauna e una flora che sono felici di abitarvi.
Viaggiare arricchisce la nostra immaginazione, inventa nuove immagini e nuovi atteggiamenti, e porta ad altri modi di vivere. Spesso, quando fanno ritorno a casa, gli scrittori, i pittori, gli ebanisti, i paesaggisti e altre persone dall’animo curioso adottano nuovi modi di fare le cose che fanno tendenza e che, a loro volta, metteranno un seme nelle vecchie abitudini e le renderanno ibride. Si tratta di un processo generoso, spesso sorprendente, inventivo ed emozionante quando la sfumatura “mette insieme due sogni” e la terra con il cielo.
Mi piacciono questi avventurieri che trasportano e combinano tra loro misteri, questi cittadini del mondo che sono capaci di arricchirlo.
Immagine in apertura: Miralles Tagliabue EMBT, mercato cittadino di Santa Caterina, Barcellona, Spagna, 2005. Foto © Roland Halbe