La qualità di un’architettura non ha niente a che vedere con il denaro. Il denaro permette di ottenere prestazioni di lusso per materiali o tecniche di costruzione. Perciò, spesso, l’abbondanza di legni rari, di marmi ‘eleganti’, di dorature e di specchi raffinati cui il committente aspira può diventare un vero handicap. Insomma, ciò che è appariscente è davvero rischioso, ammazza sensibilità e sfumature.
Tuttavia, progetti con costi di costruzione superiori alla media sono interessanti quasi quanto quelli che hanno fondi insufficienti. Chi cerca trova!
Per inventare qualcosa di nuovo, occorrono delle occasioni, delle anomalie e, spesso, delle scuse o dei pretesti. Gli artisti lo sanno. Amano alzare l’asticella, che è un pericolo reale perché, in architettura, progetti fallimentari rimangono in circolo per molto tempo. È per questo che è meglio fare il cuoco che l’architetto!
Con questo numero, Domus ha l’ardire di mostrare architetture di rara bellezza, inedite o inventate, che continuano a porci delle domande e a custodire misteri. Insomma, è incredibile che in piena Manhattan si trovi, al numero 56 di Leonard Street, un grattacielo alto 250 metri con una tale discrezione, fragilità e forza. O che nel gran caos di Tokyo ci sia una successione ritmata di arcate mai viste che creano una sinfonia artistica unica. O, ancora, che tutte le estati, in spiaggia a Malibu, appaia Sol LeWitt. Infine, che cave cinesi in stato di abbandono diventino architetture mobili, luoghi d’incontri aleatori e fugaci creati dal sole, dalla pioggia, dall’ombra e dal cielo.
L’architettura dà prova di essere arte quando riesce a trovare un modo per mettere in discussione e analizzare il mondo in profondità. Come la natura, come le specie a rischio d’estinzione. Per un architetto, è probabilmente il modo più difficile e più sottile per lasciare il segno del suo fuggevole passaggio, sedendosi qua e là.
Immagine in apertura: OMA, Qatar National Library, Ar Rayyan, Qatar, 2017. Foto Delfino Sisto Legnani and Marco Cappelletti. Courtesy of OMA