Il numero di gennaio di Domus 1064 inaugura il nuovo anno individuando nel carattere il filo conduttore dei prossimi mesi della rivista. Con il suo primo Editoriale nella carica di Guest Editor, Jean Nouvel sottolinea il ruolo fondamentale della pratica architettonica nella definizione espressiva. Per lui, il ruolo sociale e legittimo dell’architettura, e quindi dell’architetto, sta quindi nell’espressività del luogo, nell’approfondirlo, nell’immaginarlo e inventare concretamente una vita che faccia emergere lo spirito del luogo. “Mi auguro” scrive Nouvel “che Domus rafforzi il suo potere evocativo, dando espressione a sensazioni, sensibilità, anomalie ed eccezioni tanto nella scelta delle architetture e degli oggetti quanto nel modo di comunicarli, tentando di trasmettere le impressioni reali sperimentate di fronte ai soggetti scelti”.
Copertina di Domus 1064. La Dea (1963) e il Muro (1968), Fondation Maeght, Saint-Paul de Vence, Francia. Photo Jean Nouvel
Segue nei Saggi il critico d’arte e curatore francese Jean de Loisy, il quale ci parla dell’importanza dell’imprevisto nel processo di creazione artistica, elemento necessario nella monotonia contemporanea. L’architetto Gianluca Peluffo ci racconta la parabola dello Stadium di Vitrolles progettato da Agence Rudy Ricciotti nel 1994, chiuso dopo solo quattro anni a causa di un attentato esplosivo. La municipalità non ha mai trovato una modalità di recupero e di riutilizzo del monolite, e lo Stadio rimane tuttora come una frattura della città, attraverso la sua forza massiva e brutale.
La prima parte della sezione Architettura è dedicata al Labirinto di Miró alla Fondation Maeght a Saint-Paul de Vence, percorso espositivo all’aperto che si articola come una linea bianca – il suo filo d’Arianna – e che si sviluppa seguendola natura nuda. “È un tracciato che segue i pendii e i livelli guardandosi soprattutto dal cambiarli, che sarebbe non tanto un crimine quanto una sciocchezza. Che raccoglie le acque così come sposa il cielo” ne scrive Francis Marmande. “Sbalorditivo, a pensarci, questo Labirinto di Miró, ennesima riedizione di uno dei miti più fondamentali, più prolifici dell’umanità, mito che si dice risalire, ben prima dei Greci, all’età del bronzo”.
Segue il progetto postumo di Christo e Jeanne-Claude per l’Arc de Triomphe a Parigi, avvolto con 25.000 mq di tessuto polipropilene riciclabile blu argenteo e 3.000 m di corda rossa. Fermandoci nella capitale francese Donatien Grau ci racconta il progetto di riuso dei grandi magazzini la Samaritaine, dove la trasformazione dello studio giapponese SANAA della facciata su rue de Rivoli è una testimonianza convincente del potere della diafanità in architettura, radicalizzando questo spostamento verso una grandeur non monumentale. Segue il progetto recente di HW Studio per una casa di vacanze immersa in una foresta di conifere e querce vicino a Morelia, in Messico.
Le pagine della sezione Arte sono dedicate al Palais de Tokyo dove, dopo l’importante intervento di recupero portato avanti dallo studio Lacaton & Vassal, “Natures Mortes” di Anne Imhof potrebbe essere il primo progetto ad affrontare tutte le stratificazioni della storia di questo luogo con un tale livello di ambizione e precisione. Per Design, l’architetta Martine Bedin – una delle fondatrici del gruppo d’avanguardia Memphis – descrive il progetto d’arredo e illuminazione sviluppato da Ronan & Erwan Bouroullec per l’importante progetto di restauro della Bourse du Commerce di Parigi, ora sede della collezione Pinault.
Chiudiamo il numero con la sezione Reazione, dove Fabrice Lextrait scrive dell’imporanza del coltivare lo spirito comunitario. “Oggi, l’imperativo di architetti, compositori, registi, autori o artisti non è più creare e costruire ‘per’, ma creare e costruire ‘con’. Questa rivoluzione s’inscrive naturalmente nell’iter d’integrazione con il contesto, rafforzando e approfondendo il lavoro con gli utenti, il pubblico e la cittadinanza”.
Il Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, è aperto dalla sezione Punti di vista, dove un dialogo tra lo storico Irénée Scalbert e l’architetto Philippe Rahm approfondiscono la relazione antitetica che lega architettura e natura. Una revisione di questo rapporto è stata però innescata dalla crisi climatica, fenomeno a cui la professione sta dando risposte difformi, talvolta limitate a soluzioni tecniche. Per Opinioni, Ugo La Pietra scrive dei luoghi d’attesa: “la nostra vita, individuale e collettiva, è costantemente caratterizzata dalla categoria dell’attesa, un fatto non solo mentale, ma anche fisico, legato cioè a luoghi veri e propri”. Segue il progetto per la Scuola di Musica di Bressanone dove, puntando sulla condivisione di spazio e funzioni, lo studio Carlana Mezzalira Pentimalli ha progettato una scuola di musica aperta che dialoga con la città e la tradizione. Per Storie di aziende Fabrizio Cameli racconta la storia e la missione della sua azienda, fondata nel 2004 e diventata società per azioni nel 2021, intenzionata ad avere un controllo della filiera sempre più capillare. In chiusura del numero, infine, lo scrittore Andrea Bajani descrive la casa, al primo piano di un edificio genovese di fine Ottocento, che 20 anni fa ha abitato per un paio di mesi. “Un centinaio di metri quadri, librerie a soffitto stipate di libri”, dove ha scritto il suo romanzo più famoso, Se consideri le colpe.
Questo mese, inoltre, troverete come inserto il racconto di ciò che è successo durante la quarta edizione di domusforum, la giornata dedicato al futuro delle città avvenuta lo scorsi 24 novembre al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci a Milano. Coscienza planetaria, istruzione, design-thinking e compartecipazione dello sforzo innovativo: queste le chiavi del futuro emerse dal confronto tra i diversi saperi riuniti sul palco di domusforum.