Il numero di gennaio di Domus 1064 inaugura il nuovo anno individuando nel carattere il filo conduttore dei prossimi mesi della rivista. Con il suo primo Editoriale nella carica di Guest Editor, Jean Nouvel sottolinea il ruolo fondamentale della pratica architettonica nella definizione espressiva. Per lui, il ruolo sociale e legittimo dell’architettura, e quindi dell’architetto, sta quindi nell’espressività del luogo, nell’approfondirlo, nell’immaginarlo e inventare concretamente una vita che faccia emergere lo spirito del luogo. “Mi auguro” scrive Nouvel “che Domus rafforzi il suo potere evocativo, dando espressione a sensazioni, sensibilità, anomalie ed eccezioni tanto nella scelta delle architetture e degli oggetti quanto nel modo di comunicarli, tentando di trasmettere le impressioni reali sperimentate di fronte ai soggetti scelti”.
Domus 1064 è in edicola, un numero dedicato al carattere
Il magazine di gennaio individua nel carattere il filo conduttore dei prossimi mesi della rivista. Sfoglia la gallery per scoprire i contenuti della rivista.
Testo Jean Nouvel. Foto Bridgeman Images
Testo Jean de Loisy. Foto © Pierre Huyghe. Courtesy of the artist
Testo Gianluca Peluffo. Foto Lisa Ricciotti
Testo Francis Marmande. Foto Carl Van Vechten
Testo Angela Maderna. Foto Charlotte Kruk
Testo Donatien Grau. Foto Anne Frémy
Testo Alessandro Benetti. Foto Dane Alonso
Testo Donatien Grau. Foto Aurélien Mole. Courtesy of the artist, Galerie Buchholz and Sprüth Magers
Testo Martine Bedin. Foto Charlotte Kruk
Testo Fabrice Lextrait. Foto Glasshouse Images / Alamy Foto Stock
Testo Giulia Ricci. Illustrazione Anna Sutor
Testo Valentina Petrucci. Foto © Estroick Collection / Bridgeman Images
Testo Francesca Sisci. Foto Marco Cappelletti
Testo Antonio Armano
Testo Andrea Bajani. Illustrazione Anna Sutor
A cura di Massimo Valz-Gris. Foto Mirko Cecchi
La Dea (1963) e il Muro (1968), Fondation Maeght, Saint-Paul de Vence, Francia. Foto Jean Nouvel
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- La redazione di Domus
- 07 gennaio 2022
Copertina di Domus 1064. La Dea (1963) e il Muro (1968), Fondation Maeght, Saint-Paul de Vence, Francia. Photo Jean Nouvel
Segue nei Saggi il critico d’arte e curatore francese Jean de Loisy, il quale ci parla dell’importanza dell’imprevisto nel processo di creazione artistica, elemento necessario nella monotonia contemporanea. L’architetto Gianluca Peluffo ci racconta la parabola dello Stadium di Vitrolles progettato da Agence Rudy Ricciotti nel 1994, chiuso dopo solo quattro anni a causa di un attentato esplosivo. La municipalità non ha mai trovato una modalità di recupero e di riutilizzo del monolite, e lo Stadio rimane tuttora come una frattura della città, attraverso la sua forza massiva e brutale.
La prima parte della sezione Architettura è dedicata al Labirinto di Miró alla Fondation Maeght a Saint-Paul de Vence, percorso espositivo all’aperto che si articola come una linea bianca – il suo filo d’Arianna – e che si sviluppa seguendola natura nuda. “È un tracciato che segue i pendii e i livelli guardandosi soprattutto dal cambiarli, che sarebbe non tanto un crimine quanto una sciocchezza. Che raccoglie le acque così come sposa il cielo” ne scrive Francis Marmande. “Sbalorditivo, a pensarci, questo Labirinto di Miró, ennesima riedizione di uno dei miti più fondamentali, più prolifici dell’umanità, mito che si dice risalire, ben prima dei Greci, all’età del bronzo”.
Segue il progetto postumo di Christo e Jeanne-Claude per l’Arc de Triomphe a Parigi, avvolto con 25.000 mq di tessuto polipropilene riciclabile blu argenteo e 3.000 m di corda rossa. Fermandoci nella capitale francese Donatien Grau ci racconta il progetto di riuso dei grandi magazzini la Samaritaine, dove la trasformazione dello studio giapponese SANAA della facciata su rue de Rivoli è una testimonianza convincente del potere della diafanità in architettura, radicalizzando questo spostamento verso una grandeur non monumentale. Segue il progetto recente di HW Studio per una casa di vacanze immersa in una foresta di conifere e querce vicino a Morelia, in Messico.
Le pagine della sezione Arte sono dedicate al Palais de Tokyo dove, dopo l’importante intervento di recupero portato avanti dallo studio Lacaton & Vassal, “Natures Mortes” di Anne Imhof potrebbe essere il primo progetto ad affrontare tutte le stratificazioni della storia di questo luogo con un tale livello di ambizione e precisione. Per Design, l’architetta Martine Bedin – una delle fondatrici del gruppo d’avanguardia Memphis – descrive il progetto d’arredo e illuminazione sviluppato da Ronan & Erwan Bouroullec per l’importante progetto di restauro della Bourse du Commerce di Parigi, ora sede della collezione Pinault.
Chiudiamo il numero con la sezione Reazione, dove Fabrice Lextrait scrive dell’imporanza del coltivare lo spirito comunitario. “Oggi, l’imperativo di architetti, compositori, registi, autori o artisti non è più creare e costruire ‘per’, ma creare e costruire ‘con’. Questa rivoluzione s’inscrive naturalmente nell’iter d’integrazione con il contesto, rafforzando e approfondendo il lavoro con gli utenti, il pubblico e la cittadinanza”.
Il Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, è aperto dalla sezione Punti di vista, dove un dialogo tra lo storico Irénée Scalbert e l’architetto Philippe Rahm approfondiscono la relazione antitetica che lega architettura e natura. Una revisione di questo rapporto è stata però innescata dalla crisi climatica, fenomeno a cui la professione sta dando risposte difformi, talvolta limitate a soluzioni tecniche. Per Opinioni, Ugo La Pietra scrive dei luoghi d’attesa: “la nostra vita, individuale e collettiva, è costantemente caratterizzata dalla categoria dell’attesa, un fatto non solo mentale, ma anche fisico, legato cioè a luoghi veri e propri”. Segue il progetto per la Scuola di Musica di Bressanone dove, puntando sulla condivisione di spazio e funzioni, lo studio Carlana Mezzalira Pentimalli ha progettato una scuola di musica aperta che dialoga con la città e la tradizione. Per Storie di aziende Fabrizio Cameli racconta la storia e la missione della sua azienda, fondata nel 2004 e diventata società per azioni nel 2021, intenzionata ad avere un controllo della filiera sempre più capillare. In chiusura del numero, infine, lo scrittore Andrea Bajani descrive la casa, al primo piano di un edificio genovese di fine Ottocento, che 20 anni fa ha abitato per un paio di mesi. “Un centinaio di metri quadri, librerie a soffitto stipate di libri”, dove ha scritto il suo romanzo più famoso, Se consideri le colpe. Questo mese, inoltre, troverete come inserto il racconto di ciò che è successo durante la quarta edizione di domusforum, la giornata dedicato al futuro delle città avvenuta lo scorsi 24 novembre al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci a Milano. Coscienza planetaria, istruzione, design-thinking e compartecipazione dello sforzo innovativo: queste le chiavi del futuro emerse dal confronto tra i diversi saperi riuniti sul palco di domusforum.
Nel suo primo Editoriale, il Guest Editor Jean Nouvel sottolinea il ruolo fondamentale della pratica architettonica nella definizione del carattere. Per lui, il ruolo sociale e legittimo dell’architettura, e quindi dell’architetto, sta quindi nell’espressività del luogo, nell’approfondirlo, nell’immaginarlo e inventare concretamente una vita che faccia emergere lo spirito del luogo.
Il critico d’arte Jean de Loisy ci parla dell’importanza dell’imprevisto nel processo di creazione artistica, necessario – nella globalizzazione contemporanea – per inventare forme che sfuggano alla monotonia dei sistemi e che s’inscrivano nell’unicità dei siti, delle geografie e delle culture.
Il progetto per il monolite dello Stadium di Vitrolles di Agance Rudy Ricciotti dopo il suo completamento nel 1994 è stato la scenografia solo quattro anni dopo di un attentato esplosivo. Dopo questo evento la municipalità non ha mai trovato una modalità di recupero e di riutilizzo, e lo Stadio, ora abbandonato, rimane come una frattura della citt, attraverso la sua forza massiva e brutale.
Alla Fondation Maeght a Saint-Paul de Vence, il Labirinto di Miró è un percorso espositivo all’aperto che si articola come una linea bianca – il suo filo d’Arianna – e che si sviluppa seguendola natura nuda, così come si offre, in un regno che non può essere toccato. È un tracciato che segue i pendii e i livelli guardandosi soprattutto dal cambiarli.
I progetti pubblici di Christo (1935-2020) e Jeanne- Claude (1935-2009), a partire dai primi anni Sessanta, sono sempre stati imprese titaniche e l’impacchettamento dell’Arc de triomphe di Parigi – progetto postumo, realizzato a poco più di un anno dalla scomparsa di Christo e a circa 12 da quella di Jeanne-Claude – ne è un esempio. L’Arc de Triomphe, Wrapped, avvolto con 25.000 m2 di tessuto polipropilene riciclabile blu argenteo e 3.000 m di corda rossa, è stato visibile per 16 giorni.
Nel progetto di riuso dei grandi magazzini parigini la Samaritaine, la trasformazione dello studio giapponese SANAA della facciata su rue de Rivoli è una testimonianza convincente del potere della diafanità in architettura, radicalizzando questo spostamento verso una grandeur non monumentale.
Il progetto recente di HW Studio per una casa di vacanze immersa in una foresta di conifere e querce vicino a Morelia, in Messico. “La collina di fronte alla gola” è l’appellativo poetico di una land architecture che i suoi autori descrivono come un lenzuolo appena sollevato e morbidamente incurvato.
Al Palais de Tokyo, dopo l’importante intervento di recupero portato avanti dallo studio Lacaton & Vassal, “Natures Mortes” di Anne Imhof potrebbe essere il primo progetto ad affrontare tutte le stratificazioni della storia di questo luogo con un tale livello di ambizione e precisione. Grazie alle rovine, è tornata all’elemento neoclassico che era al centro del progetto architettonico: l’interno come agorà.
Nell’importante progetto di restauro della Bourse du Commerce di Parigi – ora sede della collezione Pinault – Tadao Ando ha collaborato per l’arredo e l’illuminazione con Ronan e Erwan Bouroullec, i quali avevano come sfida non solo quella di misurarsi con l’architettura, ma anche con l’arte.
In chiusura Fabrice Lextrait narra dell’imporanza del coltivare lo spirito comunitario. “Oggi, l’imperativo di architetti, compositori, registi, autori o artisti non è più creare e costruire ‘per’, ma creare e costruire ‘con’”.
Architettura e natura sono spesso legate da una relazione antitetica. Una revisione di questo rapporto è stata però innescata dalla crisi climatica, fenomeno a cui la professione sta dando risposte difformi, talvolta limitate a soluzioni tecniche. Il confronto fra Rahm e Scalbert approfondisce il tema da posizioni diverse.
“I confini tra design, design degli interni, architettura degli interni, degli esterni e architettura del paesaggio sono tutti molto labili” ci racconti l’architetto Guest Editor della rivista nel 2018. “In realtà, preferirei non considerarli confini, come non considererei confine quello tra l’arte e l’architettura”.
Puntando sulla condivisione di spazio e funzioni, lo studio Carlana Mezzalira Pentimalli ha progettato una scuola di musica aperta che dialoga con la città e la tradizione.
Fabrizio Cameli racconta la storia e la missione della sua azienda, fondata nel 2004 e diventata società per azioni nel 2021, intenzionata ad avere un controllo della filiera sempre più capillare.
Andrea Bajani racconta la casa, al primo piano di un edificio genovese di fine Ottocento, che 20 anni fa ha abitato per un paio di mesi. “Un centinaio di metri quadri, librerie a soffitto stipate di libri”, dove ha scritto il suo romanzo più famoso, Se consideri le colpe.
Coscienza planetaria, istruzione, design-thinking e compartecipazione dello sforzo innovativo. Ecco le chiavi del futuro emerse dal confronto tra i diversi saperi riuniti sul palco di domusforum.