Dopo la cancellazione dello scorso anno, il 22 maggio apre al pubblico la 17esima edizione della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Un evento quanto mai atteso, e forse ancora più emblematico a fronte delle riflessioni scaturite dopo anno di pandemia, che trova nel progetto della mostra-laboratorio “Comunità Resilienti” del Padiglione Italia, presentato oggi alla stampa dal curatore Alessandro Melis, un dispositivo per confrontarsi con la sfida più pressante che affligge l’umanità e con essa l’architettura: il cambiamento climatico.
Usando il concetto di resilienza senza la vaghezza con cui se ne fa spesso ricorso, e utilizzando invece specifici riferimenti alla letteratura scientifica, medica ed evoluzionistica (quali quelli delle opere di Stephen Jay Gould, Elizabeth Vrba, Heather Pringle), Melis guarda al glitch, all’eccezione, all’anomalo rumore di fondo che sfugge alle maglie dell’architettura canonizzata, come ad una chiave di lettura per indagare le esperienze marginalizzate portate avanti comunità rurali ed urbane. Invocando un necessario superamento dello status quo e citando proprio Pringle – “la creatività è lo strumento di sopravvivenza dell’umanità” -, Melis considera che una via di uscita dalla crisi ambientale e sanitaria possa proprio venire dalla visione laterale offerta da esperienze che sfidano l’omogeneità estetica e deterministica.
Primo Padiglione Italia a (quasi) zero emissioni di Co2, “Comunità Resilienti” sarà allestita utilizzando i materiali del Padiglione Italia della scorsa edizione e si distinguerà per 14 nuclei tematici a carattere fortemente interdisciplinare e segnati da un’estetica di ispirazione cyber punk. “Una giungla abitata”, ancora nelle parole di Melis, che diventa un invito ad esplorare le manifestazioni della diversità e il valore dirompente del loro potenziale.