La programmazione dei dieci numeri di Domus 2020 ha concentrato l’attenzione sulla posizione professionale degli architetti in un mondo in forte cambiamento, dando priorità al ruolo della pratica, piuttosto che alla pubblicazione dei progetti. David Chipperfield, nell’editoriale del numero di novembre Domus 1051, si interroga su come l’architettura debba affrontare oggi problematiche di scala molto più ampia, con un impegno più complesso di rappresentazione sociale, consapevolezza ambientale e mandato politico.
Domus 1051, l’ultimo numero di David Chipperfield, è in edicola
Su Domus 1051: Saskia Sassen riflette sulla scala delle unità spaziali; Anne Lacaton e Jean Philippe Vassalci difendono il piacere di abitare; Fulvio Irace estrae dall’archivio il Teatro del Mondo di Alto Rossi. Sfoglia la gallery e scopri i contenuti del numero di novembre.
Testo David Chipperfield. Foto Thomas Struth
Testo Saskia Sassen. Immagine Hilary Koob-Sassen
Testo Lucia Allais. Foto Marcella Winograd / Courtesy of Domino Park
Testo Vittorio Magnago Lampugnani. Foto Deux ou trois choses que je sais d’elle (1967), Jean-Luc Godard
Testo Toshiko Mori. Foto Iwan Baan
Testo Momoyo Kaijima, Yoshiharu Tsukamoto. Immagine © Atelier Bow-Wow
Testo Anne Lacaton, Jean Philippe Vassal. Foto tratta dal film Constructing Escape diretto da Karine Dana
Testo Bijoy Jain, Mitul Desai, Srijaya Anumolu. Foto © Studio Mumbai
Testo BAST. Foto BAST
Testo Tony Fretton. Foto Moritz Bernoully
Testo Stefano Maffei. Immagine Credit: Wyss Institute at Harvard University
Testo Jasper Morrison con Francesca Picchi. Foto Jasper Morrison
Testo Antonio Andreoni, Dan Hill. Foto James Tye / UCL
Testo Thomas Struth. Foto Thomas Struth
Testo Tadao Ando a cura di Sarah Handelman. Foto
Testo Rik Nys. Foto Rik Nys
Testo Katharine Kilalea. Foto Jonathan Eastland / Ajax
Testo Fulvio Irace. Foto Archivio Domus
Testo Giulia Guzzini
Autore Thomas Demand
View Article details
- La redazione di Domus
- 05 novembre 2020
Saskia Sassen apre l’ultima Agenda riflettendo sul modo in cui le dinamiche astratte dell’economia globale stanno riformulando la scala delle nostre unità spaziali.Nonostante la nostra “impressionante capacità di tradurre in termini digitali praticamente qualunque cosa”, le condizioni materiali hanno ancora il loro peso. Lucia Allais indaga sulla riscoperta del cerchio come strumento di ordinamento spaziale in architettura, nonché sull’incremento della nostra consapevolezza del perimetro che circonda il nostro corpo, mentre Vittorio Magnago Lampugnani lascia un toccante consiglio ad architetti e urbanisti: “La realizzazione materiale di un concetto non può considerarsi separato dal concetto stesso”.
Proseguendo nel discorso iniziato con il numero di ottobre, utilizziamo la sezione Pratica per ampliare il tema, chiedendo a colleghi architetti di rispondere alla domanda: “Come sarà il futuro dell’architettura?”. Toshiko Mori illustra due progetti dello studio in Senegal, proposte basate sull’idea che l’architettura ha il potenziale per contribuire a dare stabilità alle comunità che dispongono di scarse risorse. Per Atelier Bow-Wow i disegni sono una piattaforma importante per condividere le risorse della società. Anne Lacaton e Jean Philippe Vassalci affermano la necessità di difendere il piacere di abitare, inteso come un atto politico: è una necessità, un problema che va affrontato allo stesso livello di una priorità ambientale. Studio Mumbai cataloga, attraverso una serie di loro scatti, elementi caratterizzanti la percezione del mondo fisico in cui viviamo, stratificazione della nostra evoluzione culturale. Lo studio di architettura Bureau Architectures Sans Titre ritrae con una serie di scatti fotografici gli operai e tecnici in azione nei cantieri dei loro progetti, dalla ristrutturazione di un’ex autorimessa in uffici all’ampliamento e miglioramento termico di una casa. Tony Fretton analizza tre progetti realizzati da professionisti, dediti anche al mondo dell’insegnamento e della teoria. Senza clamore, ciò che hanno fatto è un antidoto all’architettura e agli oggetti che sono fatti per la pubblicazione, ma ci distraggono dal vedere e ci trattengono dall’essere.
A conclusione della rassegna Design e Arte, Stefano Maffei racconta come le realtà del design non siano più collegate esclusivamente alla materialità. Jasper Morrison prosegue invece le sue riflessioni personali sul suo lungo rapporto con Milano e ci ricorda che la curiosità e i rapporti umani sono essenziali al pieno sviluppo del processo creativo. La stretta collaborazione intersettoriale e la “diffusione delle capacità progettuali” hanno avuto un ruolo critico nell’urgenza di sviluppare e fornire nuove attrezzature sanitarie nei primi mesi della pandemia mondiale. Antonio Andreoni e Dan Hill si concentrano sui progetti per le attrezzature sanitarie sviluppane nei mesi dell’emergenza mondiale, affermando che considerarli come design strategico “permetterebbe l’emergere di prospettive più ampie” nell’innovazione medica, nonché per le strutture sanitarie più resilienti. L’ultimo articolo della sezione Arte riguarda il lavoro di Thomas Struth, le cui immagini quest’anno hanno accompagnato ogni mese la sezione Agenda.
Tra le Riflessioni, osserviamo da vicino un disegno tecnico della Chiesa della Luce di Tadao Ando, dove cercava di esprimere chiarezza e purezza. A Cuba, dove Rik Nys svela la complessità della conservazione de L’Avana Vecchia indirizzata a soddisfare le esigenze del turismo internazionale. Katharine Kilalea ci guida in Sudafrica in una replica in abbandono della Villa Savoye di Le Corbusier, evocando la magica sensazione di un nuovo luogo per un simbolo familiare. Fulvio Irace estrae dall’archivio il Teatro del Mondo di Aldo Rossi per riflettere sul concetto di scala. Giocando sulla miniaturizzazione e sull’ingrandimento dall’architettura all’oggetto e viceversa, l’opera di Rossi “mette in dubbio l’identità della grandezza”.
Nel Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, Melissa Daniel ci parla dell’utopia nera di un Bauhaus afroamericano, come Black Wall Street a Tulsa, in Oklahoma, negli anni Venti del Novecento, e Seneca Village a New York, negli anni Venti dell’Ottocento. Angela Maderna descrive “House of Cards”, la nuova mostra del fotografo Thomas Demand a a Leuven, in Belgio. Nella sezione dedicate all’arte Valentina Petrucci dialoga con Massimo de Carlo, collezionista con quartier generale nella Casa Corbellini-Wassermann di Piero Portaluppi. Silvana Annichiarico continua con la selezione di tre talenti emergenti nel mondo del design. Il direttore editoriale Walter Mariotti conclude la sezione con la rubrica Pausa caffè, in una conversazione con Gianni Berengo Gardin, uno dei più importanti fotografi italiani.
Nell’editoriale di Domus 1051, il guest editor 2020 si interroga su come l'architettura debba affrontare oggi problematiche di scala molto più ampia, con un impegno più complesso di rappresentazione sociale, consapevolezza ambientale e mandato politico.
Saskia Sassen apre la nostra ultima ‘Agenda’ riflettendo sul modo in cui le dinamiche astratte dell’economia globale stanno riformulando la scala delle nostre unità spaziali. Nonostante la nostra “impressionante capacità di tradurre in termini digitali praticamente qualunque cosa”, le condizioni materiali per fortuna hanno ancora il loro peso.
Lucia Allais riflette sulla riscoperta del cerchio come strumento di ordinamento spaziale in architettura, nonché sull’incremento della nostra consapevolezza del perimetro che circonda il nostro corpo. Il cerchio “ci mostra come un nuovo meccanismo di scala sia diventato predominante nella vita culturale e sociale”.
Vittorio Magnago Lampugnani lascia un toccante consiglio ad architetti e urbanisti: “La realizzazione materiale di un concetto non può considerarsi separato dal concetto stesso”. Dobbiamo perciò pensare alle grandi idee (a cavallo tra le prospettive del futuro e il ricco corpo di lezioni accumulate lungo la storia) insieme con un’attenta cura per i più piccoli particolari della loro realizzazione materiale.
Proseguendo nel discorso iniziato con il numero di ottobre utilizziamo la sezione ‘Pratica’ per ampliare il tema, chiedendo a colleghi architetti di rispondere alla domanda: “Come sarà il futuro dell’architettura?”. Toshiko Mori illustra due progetti dello studio in Senegal, il Thread Artist Residency and Cultural Centre a Sinthian e la Fass School and Teachers’ Residence a Fass, proposte basate sull’idea che l’architettura ha il potenziale per contribuire a dare stabilità alle comunità che dispongono di scarse risorse.
Per Atelier Bow-Wow i disegni sono una piattaforma importante per condividere le risorse della società. Presentano in questo numero due progetti realizzati insieme con i nostri studenti durante il Covid-19, perando che possano aiutare tutti noi a pensare a un futuro migliore cui dare forma anche con il contributo della progettazione architettonica.
La doppia crisi che stiamo vivendo, sul piano ambientale e su quello sociale, solleva questioni fondamentali sull’importanza dell’edilizia residenziale. Anne Lacaton e Jean Philippe Vassalci affermano la necessità di difendere il piacere di abitare, inteso come un atto politico: è una necessità, un problema che va affrontato allo stesso livello di una priorità ambientale.
Studio Mumbai cataloga attraverso una serie di loro scatti elementi caratterizzanti la percezione del mondo fisico in cui viviamo, stratificazione della nostra evoluzione culturale. Secondo loro la nostra nozione di mondo si forma affrontando continuamente paesaggi diversi, un ricettacolo di conoscenza tacita, un campo di energia, tattile e sonoro, fatto di acqua, aria e luce.
Lo studio di architettura Bureau Architectures Sans Titre ritrae con una serie di scatti fotografici gli operai e tecnici in azione nei cantieri dei loro progetti, dalla ristrutturazione di un’ex autorimessa in uffici all'ampliamento e miglioramento termico di una casa.
La domanda non è quale sia il futuro dell’architettura, ma cosa l’architettura stia già facendo riguardo ai problemi del presente. Tony Fretton analizza tre progetti realizzati da professionisti dedicati anche al mondo dell'insegnamento e della teoria. Senza clamore, ciò che hanno fatto è un antidoto all’architettura e agli oggetti che sono fatti per la pubblicazione, ma ci distraggono dal vedere e ci trattengono dall’essere.
A conclusione della rassegna d’interventi sul significato del design oggi, Stefano Maffei racconta come le realtà del design non siano più collegate esclusivamente alla materialità. “La dimensione digitale ha cambiato l’orizzonte del design”, afferma, ma si chiede quanto ciò possa ampliarsi al di là del controllo umano in un mondo dove l’automazione e l’intelligenza artificiale sono in crescita.
Jasper Morrison prosegue invece le sue riflessioni personali sul suo lungo rapporto con Milano e ci ricorda che la curiosità e i rapporti umani sono essenziali al pieno sviluppo del processo creativo. La stretta collaborazione intersettoriale e la “diffusione delle capacità progettuali” hanno avuto un ruolo critico nell’urgenza di sviluppare e fornire nuove attrezzature sanitarie nei primi mesi della pandemia mondiale.
Antonio Andreoni e Dan Hill affermano che considerare questi progetti come design strategico, invece che basarsi su un’impostazione ingegneristica, “permetterebbe l’emergere di prospettive più ampie” nell’innovazione medica, nonché per le strutture sanitarie più resilienti.
L’ultimo articolo della sezione ‘Arte’ riguarda l’affascinante lavoro di Thomas Struth, le cui immagini quest’anno hanno accompagnato ogni mese la sezione ‘Agenda’. Struth traccia in prima persona la mappa del suo interesse per la sfera ‘pubblica’ delle città, delle vie e degli edifici, considerandoli non solo architettura, ma anche una “macchina del tempo” d’idee ed emozioni con cui siamo in continuo dialogo.
“l mio desiderio non è spiegare gli edifici attraverso il linguaggio, ma con il rapido tratto diunamatita”,affermaTadaoAndo.Osserviamodavicinoundisegnotecnicodella Chiesa della Luce di Osaka, dove cercava di esprimere chiarezza e purezza.
Dal Giappone ci spostiamo a Cuba, dove Rik Nys svela la complessità della conservazione de L’Avana Vecchia indirizzata a soddisfare le esigenze del turismo internazionale. Secondo un piano regolatore “degno di Sisifo”, elaborato da Eusebio Leal sotto il forte controllo statale e grazie al sostegno della qualifica del sito come patrimonio mondiale dell’Unesco, costruire nella ex città coloniale non solo ne compromette il tessuto storico, ma le toglie anche la vita, suscitando domande critiche sull’autenticità e sulla possibilità di controllare le forze dell’edilizia del mercato mondiale.
Katharine Kilalea ci guida in Sudafrica in una replica in abbandono della Villa Savoye di Le Corbusier, evocando la magica sensazione di un nuovo luogo per un simbolo familiare.
Fulvio Irace estrae dall’archivio il Teatro del Mondo di Aldo Rossi per riflettere sul concetto di scala. Giocando sulla miniaturizzazione e sull’ingrandimento dall’architettura all’oggetto e viceversa, l’opera di Rossi “mette in dubbio l’identità della grandezza”.
Anche se lo sviluppo a medio e lungo termine dell’emergenza sanitaria da Covid-19 e il suo impatto sui luoghi destinati al lavoro sono ancora incerti, le aziende del settore hanno già iniziato a sviluppare e a testare nuove soluzioni per le aree di lavoro concepite per l’era post-pandemica.