C’è un’energia quasi elettrica nel modo in cui Oriana Fallaci viene rappresentata nella serie Tv a lei dedicata, in onda in questi giorni sulla Rai. La sua scrittura, il suo sguardo sul mondo, il modo in cui smonta i potenti con un’ostinazione chirurgica, tutto in lei è conflitto, passione, intelligenza spietata. Miss Fallaci non si limita a raccontarne la biografia: prova a entrare nella sua mente, a restituire la tensione di una vita sempre sul filo tra il giornalismo e la battaglia, tra la parola e l’azione. La regia si muove tra ambientazioni fedeli e dettagli minuziosi, in cui sono quasi sempre gli oggetti, gli ambienti e gli arredi a restituire lo spirito e l’atmosfera dei tempi: redazioni fumose, macchine da scrivere che martellano, centralini intrecciati di voci, telefoni in bachelite che squillano incessantemente. Ma poi è lo sguardo della protagonista a guidare tutto: quello di una donna che si trova sempre nel posto sbagliato per chiunque voglia incasellarla, ma sempre in quello giusto per raccontare la verità.
Miss Fallaci mette in scena un’epoca attraverso gli oggetti e le parole
La serie Rai dedicata a Oriana Fallaci ricostruisce il suo mondo attraverso dettagli materici e sonori, restituendo il ritmo del giornalismo e l’irruzione della modernità.
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- Silvana Annicchiarico
- 15 marzo 2025
Il cuore della serie non è solo la Fallaci che sfida i potenti, ma anche quella delle scelte private, delle rinunce e delle solitudini che il mestiere le impone. C’è la giovane Oriana che negli anni ’50 si batte per farsi accettare in un mondo dominato dagli uomini, e la reporter matura, che ormai non teme più nessuno ma paga il prezzo della sua intransigenza.
Oriana Fallaci non è solo un’icona del giornalismo, ma un simbolo della donna che si impone in un mondo maschile armata di intelligenza, ironia e tenacia. Miss Fallaci ne ripercorre le tappe con una regia che celebra il ritmo incalzante della scrittura, ma anche l’irruzione della modernità, quella delle macchine, dei dispositivi che scandiscono il tempo e le trasformazioni di un’epoca. La prima intervista a Kissinger si apre con un mangianastri portatile che Oriana estrae con cura dalla sua custodia in cuoio nero. Lo collega con filo e microfono, premendo il grande tasto per registrare: la spia rossa pulsa, segnale di una memoria che si imprime sul nastro magnetico. Kissinger sorride con una punta di disagio: “Lei riesce a far dire alle persone cose che non direbbero mai. Poi sa… non sono abituato a essere intervistato da donne”. Lei non batte ciglio, concentrata su quella piccola macchina che diventa testimone della Storia.
Nella redazione dell’Europeo, la civiltà delle macchine è un’orchestra di suoni: il ticchettio ritmico delle macchine da scrivere, il campanellino a fine riga, le stilografiche che graffiano la carta, gli accendini a rotella che scattano, le prese jack del centralino che intercettano e incrociano voci lontane. L’oggetto non è mai solo un oggetto: è parte del rito, del mestiere, della vita. A casa, Oriana è circondata da altre presenze tecniche. Il piccolo fornello smaltato bianco, la moka Bialetti, l’asciugacapelli Elchim dal manico in termoplastica nera. Un mondo di dettagli che la raccontano. Quando la madre le porta le lasagne da scaldare, Oriana si limita a un laconico: “Il forno è rotto”. Nessuna nostalgia domestica: il suo posto è alla Lettera 22, tra pensieri che si fanno inchiostro e battaglie che prendono forma su carta.
E proprio la Lettera 22 diventa protagonista di uno dei momenti più intensi della serie. Dopo il tentativo di suicidio, che la precipita in un malessere profondo, Oriana affronta un lungo blocco della scrittura. Ma è con un gesto quasi rituale che riesce a spezzarlo: cambia i nastri inchiostrati, pulisce i martelletti, inserisce un foglio bianco. Mentre sistema i tasti, un martelletto sfugge al controllo e le colpisce un dito, facendolo sanguinare. Lei tampona la ferita su un foglio, lasciando la traccia rossa sulla carta. E proprio da quella ferita, da quel segno involontario, la scrittura riprende vita: la macchina da scrivere torna a martellare sotto l’urgenza del pensiero, e il blocco si spezza definitivamente.
Il viaggio verso New York è un’altra pagina di questa modernità invadente. Nell’aereo, mentre i colleghi maschi fumano, dormono o leggono il giornale, lei ricama nervosamente con un piccolo telaio un fiore. Il gesto antico e privato di una donna che sfida il mondo a modo suo. Nella hall dell’hotel di Hollywood, il televisore è un oggetto simbolico. Alla parete le foto delle dive di Hollywood fanno da sfondo a un grosso apparecchio in legno scuro con uno schermo bombato, circondato da pulsanti e manopole e un’antenna. Un dispositivo che all’epoca era ancora un lusso, ma che stava già cambiando la percezione del mondo.
Miss Fallaci è il ritratto di un’epoca e della sua civiltà delle macchine, della modernità che entra nella vita delle persone e ne cambia i gesti, le parole, il pensiero.
La sua camera d’albergo diventa subito una redazione improvvisata: la Lettera 22 sul tavolo, la planimetria della città appesa alla parete. In quella città artificiale, dove Hollywood ricostruisce il Far West invece di girarlo nel deserto dietro casa, Oriana si muove con lucidità spietata: i suoi colleghi fotoreporter immortalano ogni evento con le loro Rolleiflex, ma lei preferisce fissare i dettagli con le parole, piuttosto che con un obiettivo. Quando va a intervistare Jayne Mansfield, l’opulenza del rosa la circonda come un delirio estetico. Pareti rosa, divani floreali rosa, tende arricciate rosa, grammofono con tromba in rame rosato, telefono avorio rosato. Jayne, avvolta in chiffon rosa salmone, le dice con noncuranza: “Per conquistare l’America, una donna non deve usare il cervello”. E Oriana, tagliente: “E quindi tutto questo, il rosa, i barboncini, le cartoline, è tutto studiato?”. Jayne sorride: “Ma è ovvio. Dovevo solo usare il sesso come Marilyn Monroe”. E Oriana cogliendo la verità profonda: “Nello stesso modo in cui lo fa Hollywood…”.
Oriana entra in contatto continuamente con le macchine della civiltà. Quando rientra nel suo albergo si imbatte per la prima volta in vita sua nell’aspirapolvere. Quando lo vede è sulla soglia della sua stanza. Il gestore, fiero del suo apparecchio futuristico, le chiede: “Non ce l’avete in Italia? Questo è l’ultimo modello uscito. È fantastico”. Oriana, incuriosita, lo osserva: “Posso provarlo?”. E così, tra una lettera e un’intervista, anche l’aspirapolvere diventa parte della sua esperienza del mondo. Nella casa dei genitori a Firenze, mentre in sottofondo risuona “Volare” di Domenico Modugno, la madre di Oriana riceve un grande pacco. Con curiosità lo apre e ne estrae un’aspirapolvere: una grande sfera, metà azzurra e metà verde scuro, con un manico per il trasporto e un tubo flessibile terminante in una spazzola. Il padre lo osserva con scetticismo, aggrottando la fronte: “E che ll’è?”. La madre, leggendo il biglietto allegato, sorride divertita: “Mamma, butta la scopa. Oriana”. Poi, incuriosita, afferra il tubo: “Ma è un aspirapolvere… fammelo provare!”. Nel tentativo di accenderlo, però, si accorge che la spina è americana e scuote la testa. Il padre sbuffa, ma senza scomporsi prende l’apparecchio tra le mani: “Fo’ io”. Poi, scrutando il pacco ancora aperto, borbotta: “Non c’è altro dentro?” La madre ride, accarezzando la superficie lucida dell’elettrodomestico: “No, c’è solo l’astronave”.
A Londra, nella sua camera d’albergo, Oriana si sta truccando prima di uscire. Sul comodino, la radio Minerva modello “Venezia” diffonde un suono caldo e avvolgente. Due manopole, una per il volume e il tono, l’altra per la sintonia, una cassa in legno testa-di-moro, dettagli in metallo giallo, la tela chiara che protegge gli altoparlanti. Eleganza e funzionalità. E ancora, ecco l’arrivo del “Geloso”, il magnetofono che per Oriana è più di un oggetto: è uno strumento di battaglia. Un piccolo cofanetto con due bobine marroncine che girano leggere, tasti colorati – rosso, nero, giallo, verde – pronti a catturare ogni sfumatura della voce. Lo prova subito, con un sorriso sardonico: "E mi dica, Sig. Pieroni, quanta voglia ha di baciare la signora Fallaci?". Miss Fallaci non è solo una serie sulla giornalista Oriana Fallaci. È il ritratto di un’epoca e della sua civiltà delle macchine, della modernità che entra nella vita delle persone e ne cambia i gesti, le parole, il pensiero. Oriana affronta ogni innovazione con curiosità e sfida, senza mai farsi ridurre a spettatrice. Perché, in fondo, il vero motore della storia è sempre lei.
Immagine di apertura: Miriam Leone in Miss Fallaci, 2025. Foto Francesco Marino