Il salvataggio nel Mediterraneo è un’operazione di vita o di morte che si affida spesso al caso o alla fortuna. Di fortuna sono infatti le imbarcazioni che dalle coste dell’Africa stipano i migranti verso la ricerca di un futuro in Europa. Militari o da pesca, sono invece le navi adattate da governi o Ong per le pratiche di salvataggio. Da tre anni, una cordata di politologi, designer e associazioni francesi cerca di colmare l’assenza di una flotta dedicata, lavorando al progetto della prima imbarcazione specificatamente concepita per il salvataggio di migranti. L’inedito cantiere, denominato Navire Avenir, è innanzitutto una ricerca pragmatica, calibrata al dettaglio per rispondere alle esigenze di chi lavora o ha vissuto sulla pelle un’attività di soccorso in mare. Eppure, integrando un orizzonte più ampio, intrinsecamente a cavallo tra l’impegno umanitario e l’intervento artistico, Navire Avenir si rivendica come un’operazione culturale performativa, una pratica di tessitura di legami umanitari volti a riaffermare la necessità civile dell’accoglienza e dell’integrazione. “Navire Avenir è una pista politica che vuole creare opportunità per disconoscere la strada della violenza ed opporvi il modello di un’ospitalità viva”, ci dice Sébastien Thiéry, politologo, storico collaboratore di Bruno Latour e di Gilles Clément, con cui ha fondato il collettivo francese Perou (Pôle d’Exploration des Ressources Urbaines) già attivo nelle bidonville di migranti in Francia. È a partire dalla sua ricerca, incentrata sulla costruzione di un dossier di candidatura per iscrivere il gesto dell’accoglienza al patrimonio mondiale dell’Unesco, che l’idea di una barca salva-migranti prende piede. Nata come un “conservatorio dei gesti” che salvaguarda la legge del mare e i suoi principi morali di aiuto e solidarietà, il Navire Avenir si trasforma attraverso il coinvolgimento di Ong e associazioni in un dispositivo per “navigare, salvare, accogliere e abitare” poi tradotto in un vero e proprio capitolato concepito al dettaglio per rendere possibile il “salvataggio di massa”, sempre nelle parole di Thiéry.
La prima imbarcazione progettata per salvare migranti
Il catamarano Navire Avenir, un “really-made per il XXI secolo” ora in fase di crowdfunding, permetterà una gestione ottimizzata delle operazioni di recupero in mare, e accoglierà al suo interno strutture per l’accoglienza e la cura.
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- Giulia Zappa
- 17 ottobre 2023
Per comprendere come strutturare al meglio tanto la salvaguardia della vita in mare che il tempo passato in barca dai migranti prima dell’approdo a riva, Navire Avenir fa della pratica user-centric un laboratorio e un’opportunità di confronto. Numerosi workshop vengono organizzati per mettere a fuoco da quali bisogni partire: SOS Méditerranée, Ong di Marsiglia in prima linea nelle operazioni di salvataggio, racconta la propria esperienza e condivide spunti progettuali. Il vissuto del migrante e il portato del trauma che ne deriva viene raccontato anche dai membri di associazioni di rifugiati sempre di stanza a Marsiglia, che sottolineano tra l’altro il ruolo giocato dall’enorme stress psicofisico di chi viene da mesi o anni di spostamenti e violenze. Uno stress che riemerge e si acutizza in maniera catartica durante la traversata, complicando le operazioni di soccorso. Gli impulsi raccolti vengono riorganizzati da Marc Van Peteghem, architetto navale che con lo studio Vplp design lavora al disegno di questo pioneristico strumento di soccorso. Per l’assetto, Van Peteghem predilige la tipologia del catamarano, la cui grande stabilità rappresenta un vantaggio non solo in caso di mare mosso, ma anche nella facilitazione delle operazioni di salvataggio. In virtù della sua minore resistenza all’acqua, il catamarano permette anche di ottimizzare i consumi di carburante, che saranno ulteriormente ridotti dall’installazione di moduli fotovoltaici. Anche lo sbarco a bordo dei migranti viene completamente ripensato: invece di essere gestito da una scaletta, incerta e particolarmente stressante per quanti – e sono moltissimi – non sanno nuotare, l’arrivo sul battello si fa da un ponte a poppa, che permette ai migranti di passare direttamente dai gommoni al Navire.
All’interno, un’area di prima accoglienza si struttura in uno spazio di oltre 120 mq, caratterizzato da luci soffuse; successivamente, i migranti potranno essere accolti su 124 moduli composti da tre cuccette sovrapposte attrezzati con tende per garantire la privacy, peluche per i bambini e messaggi plurilingua di benvenuto stampati sulle coperte. Un ospedale di bordo prenderà in carico i malati e sarà equipaggiato per gestire le ustioni dovute a lunghi giorni di permanenza in mare. Uno spazio a parte, dedicato all’assistenza psicologica, sarà poi predisposto per permettere ai migranti di dare voce alle loro sofferenze grazie al sostegno di un’equipe specializzata. All’esterno, una sirena dotata di una voce umana potrà comunicare e rassicurare al bisogno, sottolineando anche a livello sonoro il suo portato di umanità.
Un equilibrio ponderato tra pragmatismo e spinta umanista è anche la metrica adottata per la comunicazione visiva di Navire Avenir. In una Babele di lingue, religioni e vissuti diversi, e in una contingenza specifica in cui la vita umana, messa a repentaglio, altera la percezione e la capacità decisionale, la grafica del battello si fa segno rassicurante, inclusivo, capace tanto di segnalare la propria identità – siamo un battello amico, non nemico – che di dare istruzioni su come facilitare e vivere l’esperienza del salvataggio e della coabitazione che ne consegue. “Abbiamo lavorato a questo battello come ad un segno portatore di segni”, racconta Malte Martin, artista visivo che ne ha curato la grafica. “L’identità visiva si sviluppa a partire dalla rappresentazione di una linea dell’orizzonte che esprime l’apertura verso l’avvenire e fa leva sull’integrazione tipografica di lingue ed alfabeti diversi”. Sullo scafo e sulle vele, l’utilizzo della inglese permetterà di differenziare Navire Avenir dalle imbarcazioni dei militari libici o dai pirati che percorrono quelle acque per riportare i migranti verso la costa di partenza. All’interno, pittogrammi intuitivi e pannelli multilingue, che comprenderanno l’arabo letterale, il persiano, l’urdu, il farsi, il bengalese, l’eritreo, il somalo, inglese e francese - saranno studiati per facilitare gli spostamenti e la coabitazione.
Dalla prima intuizione di Sébastien Thiéry, la comunità di Navire Avenir si è estesa progressivamente fino a raggiungere oltre cinquecento persone tra medici, giuristi, attivisti, ricercatori, architetti, cuochi, studenti di belle arti, riuniti e mobilitati attraverso una piattaforma che ospita anche il crowdfunding del cantiere navale. Il progetto, i cui costi di realizzazione sono stimati a 27 milioni di euro, sarà presentato il 17 ottobre a Parigi attraverso una performance nella piazza del Centre Pompidou, dove la sagoma della barca – lunga 67 metri e larga 22 – sarà disegnata al suolo per incarnare simbolicamente la presenza del vascello in questa pubblica agorà. In contemporanea, un editoriale, firmato da una trentina di direttori di musei europei che rivendicano la missione culturale incarnata dal Navire, renderà pubblico il loro sostegno a questa futura flotta umanitaria battente bandiera europea e, attraverso di essa, alla necessità che un modello di ospitalità aperta e viva si rafforzi in Europa. Cosicché il Navire Avenir possa diventare, nelle loro parole, un “really-made per il XXI secolo che sfugge all’infinita ripetizione di forme di indignazione e di lamento e che si pone in una relazione affettiva ed efficace con il mondo”.
Immagine di apertura: Courtesy © Vplp Design