Hit The Island è un gioco recentemente apparso per l’ultimo modello di iPhone Pro. Si tratta di un reboot di un classicissimo, Pong: il giocatore muove una barretta nella parte bassa dello schermo, cercando di colpire con una o più palline l’isola che c’è in cima allo schermo. Ma cos’è quest’isola? Per capirlo, bisogna tornare indietro di qualche anno. Più precisamente, agli ultimi mesi del 2017.
Apple ha trasformato un “buco” in una opportunità
Dove c’era un vuoto, Apple crea un’isola: la Dynamic Island è un nuovo elemento grafico e interattivo che ripensa la parte superiore dello schermo, probabilmente la più importante novità introdotta nell’interfaccia dell’iPhone negli ultimi anni.
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- Alessandro Scarano
- 20 settembre 2022
A dieci anni dalla presentazione del primo iPhone, Apple lancia l’iPhone X. Questo modello rappresenta ancora oggi il più grande salto nel linguaggio di design dell’iPhone dal suo esordio. Anche per stare al passo con la concorrenza, che immetteva sul mercato modelli con cornici sempre più sottili – è dell’anno precedente lo Xiaomi firmato da Philippe Starck con la parte frontale al 91% display –, Cupertino propone uno smartphone a tutto schermo, che perde le due storiche bande sopra e sotto il display. Da un punto di vista progettuale, questo crea soprattutto due problemi, entrambi legati all’eliminazione del fino-a-quel-punto-iconico tasto home. Il primo è la navigazione: clic e doppi clic sul pulsante, che permettevano di saltare da una app all’altra o tornare alla schermata principale, vengono dunque sostituiti da una serie di gesti a schermo. Fin qui, tutto abbastanza semplice.
Ma c’è un’altra faccenda da risolvere. Dal 2013 il tasto dell’iPhone ospitava il sensore del Touch ID, ovvero il sistema di sicurezza che permetteva di gestire lo sblocco del telefono e controllare l’identità di chi lo usa – quando installi una app, o usi il telefono per pagare con Apple Pay. La soluzione introdotta con iPhone X è il Face ID, ovvero il riconoscimento facciale di Apple, un avanzato sistema biometrico basato su tre sensori, che confermano l’identità di chi usa il dispositivo confrontandolo con una mappa 3D del volto precedentemente registrata. Secondo Apple, è più sicuro del sistema con l’impronta. Ovviamente, il modulo per il Face Id - TrueDepth camera system, lo etichetta Apple - deve stare nella parte frontale del telefono. Trova posto in una tacca nera, una sorta di promontorio che costeggia la parte superiore del display e dove vengono collocati anche altri componenti, tra cui microfono e speaker.
Da quel momento, il notch diventa il tormentone per eccellenza del mondo della tecnologia di consumo. Twitter si gonfia di meme dedicati al notch. All’inizio viene deriso, poi quasi tutti i competitor di Apple lo copiano. Il notch diventa uno standard dell’industria, ogni player lo interpreta a modo suo. Il gioco è ridurlo fino a farlo scomparire. Nascono le soluzioni alternative: buchi e buchini più o meno grandi, fotocamere frontali motorizzate a scomparsa, sensore dell’impronta a schermo e anche prototipi di smartphone con fotocamere frontali nascoste sotto il display.
Apple va avanti per la sua strada e al notch non rinuncia. Anzi, quest’anno è arrivato anche su MacBook. Su iPhone intanto si era leggermente ristretto, modello dopo modello. Fino a quest’anno, quando nei consueti leak che precedono il lancio della nuova lineup dei telefoni Apple, questa primavera spunta fuori un iPhone Pro che ha perso la tacca. Al suo posto, in un render assai realistico, due elementi neri fluttuano nella parte alta di uno schermo colorato dalle forme astratte di un gradiente violaceo, una lineetta e un punto che, se si fossero rivelati veri, sarebbero stati probabilmente proclamati come il codice morse per “bad design”.
Una roba da uscirne con le ossa spezzate a colpi di meme, da invocare il ritorno di Jonathan Ive alla guida del reparto progettazione, “eh ma Steve Jobs non l’avrebbe mai fatto” strillato dall’influencer di turno e così via. Invece, come nella migliore partita di othello, Apple rovescia la situazione a suo vantaggio con una mossa killer. La soluzione si chiama Dynamic Island – il nome è in linea con la recente svolta iperbolica in fatto di naming dell’azienda, che durante la presentazione del 7 settembre ha introdotto anche il Photonic Engine, che sembra una componente di Gundam, invece è una nuova tecnologia della fotocamera.
La Dynamic Island è una barretta nera, perfettamente simmetrica e sotto cui ci sono tutte le componenti necessarie al Face ID; fluttua nella parte alta del display e si dilata per fare da hub di attracco per una serie di informazioni utili durante l’uso dell’iPhone: con l’app Musica, vedrai la cover del disco miniaturizzata e una stilizzazione dell’onda sonora ai due lati; in modalità hotspot, una iconcina verde è sempre presente di fianco alla barretta, che invece si espande con una animazione quando viene azionato il Face ID o stai telefonando. L’isola disegnata da Apple è dinamica ed elastica, si adatta alle necessità: tra le altre app che usano l’isola ci sono le Mappe e i memo vocali, e molte ne sono previste per il futuro – per esempio l’app di trasporti Lyft mostrerà quanti minuti mancano all’arrivo del passaggio, e così via. In molti casi, un tocco sull’isola permetterà di aprire direttamente la relativa applicazione.
Apple aveva un buco e ci ha costruito intorno una ciambella: colorata, gustosa, al momento già commestibile ma ancora non perfettamente lievitata – dovremo aspettare qualche mese prima di vedere la Dynamic Island al pieno del suo potenziale. Però il buco resta. È una questione d’abitudine, ma con pochi giorni d’uso dell’iPhone 14 Pro, la sensazione è che la nuova tacca, in realtà più piccola, sia quasi più intrusiva del vecchio notch. Non è detto che averlo racchiuso dentro una cornice piacevole lo renderà più sopportabile. Probabilmente ci abitueremo, come non notiamo più un edificio particolarmente brutto davanti a cui passiamo quotidianamente, o una macchia sul muro. È quel fenomeno che lo scrittore Alessandro Baricco, nella sua prosa sempre patinata, descrive quando racconta di come Claude Monet dipinse le ninfee. “Nulla può diventare così insignificante come qualsiasi cosa se ti ci svegli di fianco tutte le mattine della tua vita”, scrive Baricco – con buona pace di chi si sveglia di fianco a lui tutte le mattine.
Dynamic Island è una bella idea e una sorpresa. Il merito di Apple è quello di avere creato, con l’occasione del redesign del notch, una esperienza intorno a un elemento di cui ci eravamo quasi dimenticati – di sicuro se ne erano dimenticati i competitor di Cupertino. Un elemento che non è bello, ma che può essere reso utile. Un problema che si trasforma in opportunità. E Apple lo fa a modo suo, con quello spirito un po’ da primo della classe che rischia di strafare, con una esecuzione quasi fin troppo brillante rispetto al peso del problema. Un fuoco d’artificio, con cui l’azienda di Cupertino flexa quello che in cui eccelle da sempre, ovvero far parlare l’hardware con il software, amplificando al massimo la novità tecnica – in questo caso la trasformazione del notch in un isolotto – attraverso la progettazione della migliore esperienza che ci si può tessere intorno.
Apple così introduce un nuovo layer nell’interfaccia dell’iPhone, che siamo sicuri gli altri proveranno presto a copiare, e lo fa reinventando la cornice alta dello schermo, il cui design è pressoché immutato dagli esordio – zoomando sulla foto di Steve Jobs che mostra il primo iPhone alla platea del MacWorld 2007, si noterà che gli elementi presenti hanno cambiato disposizione, ma sono sempre quelli: orario, connessione, batteria. Al tempo stesso, rende più piacevole l’esperienza d’uso del dispositivo. Per esempio Apollo, una app per Reddit, nell’ultimo aggiornamento ha inserito degli animaletti che dormono in cima all’isola – questo zoo tamagotchi per la Dynamic Island al momento comprende cani, gatti e anche l’axolotl, lo stranissimo anfibio messicano a rischio d’estinzione.
Durante la presentazione, la Dynamic Island ha raccolto entusiasmo. Alla prova pratica, per ora, lascia un po’ più freddini. Alle volte sembra più ornamentale che veramente funzionale, come una nuova skin messa sopra qualcosa che in fondo in parte c’era già, o non era così necessario. E poi già abbiamo i widget e le notifiche: ci servono davvero altre informazioni a schermo? Sarà necessario lasciare un po’ di tempo per capirne il potenziale e l’efficacia: come sempre saranno gli utenti e gli sviluppatori a sancirne l’eventuale successo. E se Apple ha investito nella Dynamic Island tutta questa energia, dobbiamo presumere che l’erede del notch ci accompagnerà almeno per qualche anno – e magari non solo sull’iPhone Pro.