Le nuove scarpe Nike sono un’ode al potere dei rifiuti nel design

Con le Ispa Link, Nike apre le celebrazioni per i 50 anni introducendo una nuova filosofia di progettazione, che immagina un futuro dove modularità e sostenibilità si incontrano per ridefinire i canoni dello sportswear design. 

Una sneaker modulare e dai tratti organici che invitano alla sensorialità. Le nuove Nike Ispa Link – disponibili da oggi in quattro diverse colorazioni – sembrano in primo luogo delle scarpe da ginnastica pensate per lunghe esplorazioni, ma non per la classica scampagnata. Rappresentano infatti la proposta per un footwear nuovo, in bilico tra utopia e distopia, concepito per affrontare le strade delle metropoli dell’antropocene. 

Le nuove Nike Ispa appaiono come la proiezione applicata al footwear design delle visioni dei Mutoid Waste Company – il collettivo artistico inglese nato negli anni ‘80 sotto l’ispirazione dei fumetti di Mad Max e diventato, con le sue comuni, rave e performance itineranti, un simbolo della controcultura di fine millennio. Non è un caso che la filosofia dietro la linea Ispa sia proprio progettare come se si fosse scavato, metaforicamente, tra i rifiuti. Così spiega Noah Murphy-Reinhertz, Sustainability Lead per il Nike Explore Team, il dipartimento di ricerca che da Beaverton, in Oregon, guida lo sviluppo tecnologico del brand.

Nike Ispa Link

Courtesy Nike

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L’innovazione parte dai rifiuti

Le sneaker appartengono a Ispa una linea in principio annunciata nel 2018 nella cui sigla – Improvise, Scavenge, Protect, Adapt – è incapsulata la filosofia con cui Nike, a 50 anni dalla sua fondazione avvenuta nel 1972, immagina il suo prossimo mezzo secolo di vita. 

Nel termine inglese ‘scavenge’, che sintetizza l’espressione ‘scavare tra i rifiuti’, si ritrova il manifesto del nuovo design Nike.

Come racconta a Domus Noah Murphy-Reinhertz, l’esito di questa filosofia vuole essere “un’espressione radicale del progettare con i rifiuti”. E prosegue così: “Abbiamo ricercato le risorse a noi già disponibili e ci siamo chiesti ‘come possiamo ottenere il massimo da esse e restituirlo al prodotto?’”. 

Il design modulare e circolare di Ispa

La necessità di questa nuova concezione del design Nike è strettamente legata all’attualità del dibattito sulla sostenibilità che permea tanto il mondo del design quanto quello della moda. Da qui l’idea di sneaker modulari, componibili oggi, decomponibili domani per dare vita a nuovi modelli. 

Come illustra Darryl Matthews, Vice-President Catalyst Product Footwear Design, “Una delle sfide è disegnare per disassemblare, pensare a come disfare.” 

Le nuove Nike Ispa Link nelle loro tre componenti. Courtesy Nike

Un processo di (de)costruzione che Nike ambisce a comunicare nelle fotografie che accompagnano le nuove Ispa, mostrate con giocosità come il prodotto di tre componenti: una suola sinuosa e ultraleggera, decisamente contemporanea e quasi lunare, una tomaia in tessuto knitted e dei lacci, dall’aspetto altrettanto organico e nodoso. 

“Vogliamo che il sistema da cui nasce il prodotto esista all’interno di un sistema circolare, a tenuta stagna, capace di fornire un prodotto che sia usato e amato, ma anche mandato indietro [per essere riutilizzato, ndr]. Ambiamo a un sistema che vada oltre i singoli prodotti,” aggiunge Murphy-Reinhertz.

Sneaker a impatto zero: utopia o futuro prossimo?

Per Nike, concepire sneaker riciclabili e riutilizzabili nelle loro singole componenti si lega alla ricerca di nuovi materiali con il più basso impatto ambientale possibile.  Questo approccio passa anche attraverso il ripensamento delle tecniche produttive, sfruttando spesso macchinari già disponibili, come quello per il tessuto Flyknit. “Abbiamo preso delle macchine da maglieria già disponibili e ci siamo chiesti, ‘possono cucire la tomaia di una scarpa?’, racconta Seana Hanna, Vice President of Sustainable Innovation, “Sembrava folle ma il team si è lanciato nel progetto con entusiasmo e lo ha reso possibile. C’è poco spreco e tutti i filamenti possono essere utilizzati in materiali di recupero, come il poliestere riciclato. Vogliamo che i nostri prodotti abbiano più vite possibile”.

Dettaglio della suola delle Nike Ispa Link. Courtesy Nike

Certo questo obiettivo, indubbiamente a lungo termine, sembra presentare una natura utopica, specialmente nella volontà di Nike di convincere l’intera filiera a ridurre a quota zero l’impronta carbonica, modificando non solo i materiali ma anche le dinamiche produttive. 

La tecnologia e il design, però, ancora una volta entrano in dialogo. Le stampanti 3D – già impiegate da Nike per ottenere stampi capaci di interpretare con la maggior accuratezza possibile le necessità specifiche dei singoli atleti – potrebbero rappresentare la chiave di una progettazione delle sneaker domestica, su misura e con una decisa riduzione dell’impatto ambientale

Uno scenario su cui Nike non si sbilancia. “Man mano che la tecnologia avanza, anche gli strumenti diventano sempre più accessibili e dunque lo scambio tra gli atleti e Nike può diventare sempre più fluido. Non è ancora dove siamo arrivati oggi, ma quel tipo di scambio con i clienti è solamente un’estensione di cosa stiamo già facendo,” spiega Noah. La scadenza? I prossimi 50 anni.

Aggiornare la filosofia dei fondatori

A guardare bene, quella che a primo impatto può sembrare un’utopia è in realtà parte integrante dell’approccio di progettazione che accompagna Nike dalla sua fondazione.  Ne è esempio il mantra “form follows function and footprint” del chief designer John Hoke che parla di un “futuro non scritto, ma per questo non inimmaginato”. Ma anche la dinamica con cui i nuovi headquarters, che trovano spazio nel nuovo Serena Williams Building, instaurano un dialogo strettissimo con l’ambiente. Progettati dallo studio di Portland Skylab assieme a degli architetti del paesaggio, il campus impiega materiali riciclati e legni provenienti da foreste sostenibili, oltre a tutelare nel suo perimetro una superficie paludosa protetta dal governo federale e le sue specie, come i salmoni. 

John Hoke III. Chief Design Officer di Nike. Courtesy Nike

Qui, le teche della sala conferenza accolgono prototipi e vecchi modelli che servono a ricordare come il pensiero Nike sia un flusso continuo che, come spiega Hoke, in vari momenti storici ha sempre interpretato e declinato in maniera personale lo zeitgeist dello sportswear. Come i modelli della Considered Series del 2005, che oltre 15 anni fa già usavano filati dal gusto organico. Non sembra così un caso che le nuove Ispa abbiano un distinto retrogusto anni zero, un leitmotiv che sta accompagnando – anche al di fuori dello sportswear – la consacrazione di una generazione di designer che si è formata in quegli anni e nel clima culturale del no global e delle lotte ecologiste.

Gli atleti al cuore della visione Nike

Sorge spontaneo domandarsi se tutta l’attenzione riposta da Nike sul tema della sostenibilità non sia un semplice lavaggio di coscienza, in tempi in cui le multinazionali sono pressoché costrette a arricchire il loro vocabolario con un preciso set di parole chiave.
Spiega Seana Hannah che la tematica in questione è, in realtà, in seno alla visione di Nike, che fa della dedizione al miglioramento delle performance degli atleti – dalle stelle dello sport ai principianti - il proprio core business. Un concept di verticalità e trasversalità del cliente rafforzato dalla scelta di inserire un asterisco sulla parola atleta, come ricorda un’imponente scultura-segno eretta all’esterno di uno degli edifici del campus di Beaverton.

Serena Williams Building. Foto Jeremy Bittermann

“La nostra dedizione agli atleti non è mai cambiata, ma cosa è cambiato è l’effetto che il clima ha su di essi. Sta impattando sulla loro abilità sia di competere che di allenarsi. Dunque, noi abbiamo la responsabilità di proteggere il futuro dello sport e faremo di tutto pur di combattere il cambiamento climatico.”

Ora sta a Nike riuscire a tradurre l’imponente, e anche raffinato, processo alla base della sua visione creativa in prodotti capaci di incarnare esplicitamente questa filosofia agli occhi dei consumatori affamati di sneaker. Le nuove Ispa Link sono un primo passo, forse non ancora quello definitivo. Dopotutto, come Hoke ama sottolineare “il meglio deve ancora venire”. 

Le parole di Murphy-Reinhertz offrono una perfetta conclusione: “La cosa più importante per noi è collegare la sostenibilità alla cultura. Siamo chiaramente felici se le persone si innamorano di una scarpa in relazione alla sua sostenibilità, ma sappiamo anche che se ne innamorano per la performatività, e per come li fa stare bene quando la indossano.”

La Considered Series di Nike del 2005 anticipava il gusto sostenibile della serie Ispa. Photo @mcsteve

Immagine in apertura: Le Nike Ispa Link nelle quattro colorazioni. Courtesy Nike