Il progetto di Paolo Cardini – professore associato al RISD – e Simone Muscolino – direttore dell’Art Foundation Department al VCUQatar – propone un nuovo paradigma sui concetti di “ibrido culturale” e “identità di prodotto”. Il ‘belpaese’ produce beni tra i più copiati e falsificati al mondo. In Italia il fenomeno assume le proporzioni di un vero e proprio sistema economico parallelo capace di muovere capitali per qualche miliardo di euro ogni anno.
Fake in Italy
Paolo Cardini e Simone Muscolino uniscono l’eccellenza italiana con stereotipi della cultura globale, alterando la percezione del falso e del concetto del “made in”.
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- 21 luglio 2016
- New York
Fake in Italy è una collezione di prodotti d’ispirazione, oggetti sperimentali basati sull’unione tra eccellenze produttive italiane e stereotipi della cultura globale. Ogni oggetto ripropone usi e costumi appartenenti a differenti contesti culturali ma, allo stesso tempo, rappresenta il made in Italy nelle materie prime e tecniche di produzione.
Il modello su cui basa il mercato della contraffazione è piuttosto articolato e assume differenti configurazioni in un intricato alternarsi di importazioni ed esportazioni. Le merci contraffatte sono egualmente prodotte, distribuite ed acquistate sia in Italia che all’estero alimentando la confusione tra globale e locale.
Differenti strategie contribuiscono alla creazione dei ‘falsi’ ma possono riassumersi in tre macro categorie: le copie quali repliche perfette dei modelli originali nel rispetto delle rigide direttive espresse dai differenti marchi, le riproduzioni dove l’uso di uno specifico materiale e il rispetto di un particolare processo si riferiscono direttamente all’Italia e infine le ispirazioni dove il risultato del processo di falsificazione è un’idea, un sentore di appartenenza al contesto italiano. Le ispirazioni sono senza dubbio gli esempi di maggior interesse perché, se svincolate da ogni vincolo funzionale o estetico, rappresentano appieno le potenzialità di oggetti culturalmente ibridi.
Fake in Italy si sviluppa all’interno del triangolo creato da idee, processi e materiali e favorisce il dialogo tra marmo, pelle e discursive design (il cui obiettivo principale non è commerciale ma quello di far riflettere il pubblico). Marmo e pelle sono materiali simbolo della manifattura italiana ma, allo stesso tempo, sono portatori sani di una certa identità confusa. Il marmo è estratto a Carrara, fortemente legato al territorio, ma oggi lavorato con robot a controllo numerico che rendono l’atto scultoreo possibile in qualsiasi luogo. La pelle al contrario, che è ancora legata a processi di produzione tipici di una artigianalità tutta italiana, proviene nella quasi totalità da animali non allevati in Italia. In questa prospettiva è difficile stabilire se le materie prime, l’abilità umana, entrambe o nessuno di questi due fattori siano la chiave del “made in”.
Il nuovo paradigma del Fake in Italy ha l’obiettivo di alterare la percezione del falso e istituire nuovi parametri per la sua interpretazione. La collezione Fake in Italy vuole quindi favorire il dibattito sul significato e il valore del “made in...” unendo produzione locale con stereotipi globali per riflettere sulla natura ibrida dei prodotti odierni. Fake in Italy, si rivolge in parte, ma non solo, a sistemi come l’Italia, dove spesso si osserva l’erigersi di mura protezionistiche senza nessun discorso critico su nuove identità globali e inevitabili ibridazioni culturali.
Fake in Italy
Designer: Paolo Cardini, Simone Muscolino
Anno: 2016