Già dalla metà degli anni Venti, quando il Congo era ancora una colonia belga, precursori come Albert e Antoinette Lubaki e Djilatendo dipinsero su carta le prime opere congolesi note, anticipando lo sviluppo dell’arte moderna e contemporanea. Dallo stile figurativo o geometrico, le loro opere rappresentano la vita del villaggio, il mondo naturale, i sogni e leggende con grande poesia e fantasia.
Dopo la seconda guerra mondiale, il pittore francese Pierre Romain-Desfosses si trasferì in Congo e fondò un laboratorio d’arte chiamato “atelier du Hangar”. In questo laboratorio, attivo fino alla morte di Romain-Desfosses nel 1954, pittori come Bela, Mwenze Kibwanga e Pilipili Mulongoy
impararono a esercitare liberamente la loro immaginazione, creando opere colorate e incantevoli nei loro stili caratteristici.
Venti anni più tardi, la mostra “Art Partout”, presentata a Kinshasa nel 1978, ha presentato al pubblico i pittori Chéri Samba, Chéri Cherin, Moke e altri artisti, molti dei quali ancora attivi. Affascinati dal loro ambiente urbano e dalla memoria collettiva, si facevano chiamare “pittori popolari”. Hanno sviluppato un nuovo approccio alla pittura figurativa, ispirato da eventi quotidiani, politici o sociali facilmente riconoscibili dai loro concittadini.
Papa Mfumu’eto Ier, noto negli anni Novanta per la sua prolifica produzione indipendente di fumetti e la loro distribuzione in tutta Kinshasa, ha esplorato con le sue opere la vita quotidiana e le lotte comuni. Oggi artisti più giovani come JP Mika e Monsengo Shula, attenti agli eventi su scala globale, portano avanti l’approccio dei loro predecessori.
Specchio una nuova generazione di artisti, i membri del collettivo Eza Possibles, creato nel 2003, hanno rifiutato gli stretti confini della Académie des Beaux-Arts di Kinshasa.
Due dei fondatori, Pathy Tshindele e Kura Shomali riaffermano la vitalità della scena contemporanea con i loro collages e dipinti non convenzionali, e un approccio critico all’arte.
11 luglio – 15 novembre 2015
Beauté Congo – 1926-2015 – Congo Kitoko
a cura di André Magnin
Fondation Cartier pour l’art contemporain
261, boulevard Raspail, Paris