A Space for Being è la mostra di Google per il Fuorisalone 2019, un seguito ideale per Softwear, l’installazione di debutto presentata l’anno scorso. Si tratta di un’esperienza multisala ambientata nello Spazio Maiocchi dove, prima di entrare, i visitatori sono invitati a indossare un braccialetto con un sensore. “Ci sono tre diversi ambienti con design, montaggio e arredo diversi, e quando arrivi alla fine il braccialetto ti mostra come hai reagito a livello percettivo, utilizzando una grafica sorprendente creata da Google Design Studio”: sono parole di Suchi Reddy di Reddymade, lo studio di architettura e design che ha collaborato con Google per creare questa mostra, un’installazione basata sui principi della neuroestetica, il campo di ricerca che esplora il modo in cui le diverse esperienze estetiche hanno il potenziale di influenzare la nostra biologia e il nostro benessere. “Questo è ciò che facciamo sempre come architetti e designer: far provare qualcosa alle persone. Noi tutti percepiamo le cose naturalmente, ma non sappiamo perché”, spiega Suchi Reddy.
“Questa mostra è una versione amplificata dei principi che usiamo al lavoro”, afferma Ivy Ross, vicepresidente di Google per Hardware Design, UX and Research, mentre visita la prima delle tre sale. Nello spazio, in cui aleggiano profumo e musica soft, possiamo individuare alcuni prodotti Google. C’è un altoparlante di Google Home e uno schermo smart con delle immagini. La loro presenza è l’unica costante in ogni stanza. Anche i libri, e ce ne sono molti che i visitatori possono sfogliare, sono diversi da una stanza all’altra.
Google ci invita ad aumentare la nostra percezione (e a esserne consapevoli)
In occasione della mostra di Big G per Milano Design Week, abbiamo parlato con Ivy Ross, responsabile del design di tutti i prodotti hardware.
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- Alessandro Scarano
- 10 aprile 2019
- Milano
Hai scelto tu i libri?
Sì, ma non da sola. Lo abbiamo fatto in tre. I libri sono stati scelti per le immagini e per come arrivano ai sensi. L’idea di neuroestetica è qualcosa che i designer e gli artisti conoscono intuitivamente, ma è molto interessante che la neuroscienza stia dimostrando come tutte queste cose influenzano i nostri sensi, il nostro benessere e la nostra fisiologia.
Perché avete costruito questi tre ambienti?
Questi tre in particolare? Anziché tre altri ambienti qualsiasi? (Ivy Ross ride). Abbiamo collaborato con Muuto, l’azienda di arredamento. Entrambi rispettiamo l’estetica e c’è un apprezzamento reciproco. Ed è stato coinvolto anche l’Arts + Mind Lab della Johns Hopkins University, un gruppo di lavoro che studia questo concetto di estetica nell’arte, nel design e nel cinema.
I visitatori interagiranno con l'ambiente?
Le persone possono sedersi, usare le cose come se fosse il loro salotto. Questo non è un esperimento artistico, vogliamo semplicemente che le persone si siedano e interagiscano a loro piacimento. Il nostro più grande problema emergerà se i visitatori trascorrono più di cinque minuti in una stanza. Sarà un piacere ma anche un vero casino!
In che senso questa mostra amplifica il lavoro che state facendo a Google Hardware?
Quando entri nel campo hardware, consideri fattori come colore, trama, forma. La mia squadra considera il modo in cui li senti direttamente, con le mani. Google Home Mini è stato progettato come se si tenesse in mano un sasso, un elemento naturale visto come l’opposto di un oggetto elettronico. Questa mostra sta facendo sperimentare alle persone gli stessi principi, ma su una scala più grande.
C’è un rapporto tra questa mostra e Softwear?
Assieme a Muuto volevamo fare qualcosa che fosse al tempo stesso una versione maggiorata di ciò che abbiamo fatto l’anno scorso, ma anche qualcosa di sorprendente, che non ti aspetti da Google. E così ho pensato a questa collaborazione che utilizza i principi estetici di cui si è parlato per creare ambienti con i mobili di Muuto, il nostro hardware, mentre gli architetti di Reddymade e Johns Hopkins hanno dovuto validare l’algoritmo del braccialetto che alla fine suggerisce in quale stanza ti sei sentito più a tuo agio – e il risultato a volte corrisponde a ciò che pensi, a volte no.
Alla fine della mostra, i visitatori si siedono, mettono il braccialetto su un vassoio e hanno una rappresentazione grafica di come si sono sentiti in ogni stanza.
Il design ha un impatto sulle persone, e volevamo renderlo loro evidente con i dati. Rafforza anche la funzione del designer, perché ti dice che il suo operato ha un impatto sulla vita. Il nostro è un lavoro serio!
Quindi, entrando qui provi qualcosa, ma hai anche il feedback di quella sensazione. Questo è un livello in più rispetto alle solite cose che si vedono a una Design Week.
Siamo diventati poco sensibili nei confronti dell’aspetto sensoriale. Dovremmo percepire di più.
La nostra speranza è che all’uscita della mostra il visitatore porti con sé materiale su cui riflettere.
Con Google stai lavorando a questo genere di tecnologia?
Questo è stato fatto solo per la mostra, quindi non c'è un piano per qualcosa di specifico in questo senso. Ma Google è sempre alla ricerca di tecnologia che possa essere utile alle persone. In questo caso, l’installazione ha lo scopo di evidenziare quello che facciamo quando progettiamo l'hardware di Google.
Le mie sensazioni, riprodotte sulla cartolina che mi hai dato, hanno un aspetto bellissimo. Somiglia più ad un acquerello astratto che a un’immagine generata da un computer.
I dati possono avere una loro bellezza. Dobbiamo scegliere come utilizzare la tecnologia nelle nostre vite, come usiamo i dati, ma non dobbiamo dimenticare la bellezza delle cose.
- A Space for Being
- Spazio Maiocchi
- Via Achille Maiocchi 7, Milano
- 9-14 aprile 2019