La Walt Disney Concert Hall di Los Angeles è una delle architetture più significative e riuscite di Frank Gehry. I tempi lunghissimi in cui si protrassero la sua progettazione e la sua costruzione, dalla fine degli anni ’80 all’inizio del nuovo millennio, furono anche l’occasione per il progressivo perfezionamento della proposta iniziale sul piano formale, spaziale e funzionale. Al tempo stesso, per tutti gli anni ’90 il cantiere californiano restò il più complesso e stimolante banco di prova per un architetto che, all’epoca, attraversava una fase critica di evoluzione del suo approccio alla progettazione.
L’idea di aggiungere una quarta sala alle tre già all’epoca a disposizione della Los Angeles Philharmonic è di Lillian Disney. Nel 1987 la vedova di Walt dona 50 milioni di dollari per la realizzazione di un edificio da intitolare al defunto marito, per commemorarne il contributo di primo piano alla storia della città. Il coinvolgimento di Gehry è il risultato di un concorso in due fasi che conta inizialmente 25 selezionati, e poi quattro finalisti, tra i quali anche i già Pritzker Prize Gottfried Böhm, Hans Hollein e James Stirling. Il committente (la filarmonica) premia il progetto di Gehry perché è l’unico che interpreta in maniera convincente una delle richieste di base del bando, ossia quella di ricostruire un legame tra la prestigiosa istituzione e un pubblico ampio, tra gli spazi della performance musicale e quelli del suo contesto urbano.
A questo proposito, è importante considerare che tra gli anni ’80 e ’90 Los Angeles è una città allo stremo. La capitale dell’edonismo della West Coast è diventata il condensatore delle tensioni sociali che attraversano gli Stati Uniti. Tra terremoti e rivolte violente (celebre è il Rodney King Uprising del 1992), Los Angeles sembra davvero trasformarsi in quella che Mike Davis descrive, nel suo saggio del 1990, come La città di quarzo, metropoli inquieta attraversata da contraddizioni esaltanti e spaventose. La sede della Los Angeles Philharmonic si trova a Downtown, uno dei quartieri più toccati da questo processo di evoluzione-involuzione, come centro derelitto di un territorio da sempre preferibilmente suburbano.
Così, il cantiere della Walt Disney Concert Hall prosegue negli anni ’90 tra mille difficoltà, con la crisi economica e il degenerare della condizione urbana losangelina che scoraggiano i finanziatori privati, impongono continui tagli di budget, e fanno addirittura considera l’opzione, poi scartata, di estromettere Gehry dall’esecuzione del lavoro. Al termine di questa genesi burrascosa, però, l’edificio concluso è lodato dal pubblico e da molta critica non solo per le straordinarie doti acustiche della sua sala maggiore, merito della stretta collaborazione di Gehry con lo specialista giapponese Minoru Nagata, ma anche e soprattutto per la relazione che stabilisce con l’intorno.
La Walt Disney Concert Hall occupa un intero isolato della griglia di Downtown, ma ruota il suo asse principale rispetto ad essa, generando in tal modo una collezione di spazi irregolari che diventano i luoghi di uno scambio più complesso tra architettura e città. Ad ogni angolo del lotto è situato un ingresso, diverso da tutti gli altri per la sua forma, l’utilizzo per cui è concepito e la conformazione della sua soglia verso l’esterno. Il più impressionante è certamente l’atrio vetrato a tutt’altezza all’incrocio tra Grand Avenue e 1st Street, attraversato dai celebri pilastri ad albero stilizzato e introdotto da una scalinata pedonale monumentale. Quest’ultima è una presenza atipica nella metropoli per eccellenza della mobilità automobilistica, e conferma la volontà di Gehry di ridare centralità al piano terra della città.
Sul piano formale, poi, la Walt Disney Concert Hall spicca con le sue vele sinuose e il suo rivestimento scintillante in un paesaggio urbano di parallelepipedi banali e opachi. Da questo punto di vista, il termine di paragone più pertinente è il Museo Guggenheim di Bilbao, realizzato da Gehry negli stessi anni. I due edifici condividono la stessa pelle in acciaio brillante – anche se per Los Angeles Gehry aveva inizialmente scelto una pietra chiara – ed entrambi sono modellati tramite il software Catia, che stava allora rivoluzionando il mondo della progettazione parametrica. Nei due casi, poi, l’icona architettonica dall’immagine accattivante vuole configurarsi come il simbolo condiviso di un processo di rinascita urbana. Per varie ragioni, tra cui la diversa scala delle due città, questa combinazione si è rivelata più virtuosa nel porto dei Paesi Baschi, ma anche la Walt Disney Concert Hall è stata il volano di un certo “effetto Bilbao”.
Tra il 1987 e il 2003, quando l’edificio fu finalmente aperto al pubblico, Gehry era diventato da (relativo) outsider a membro di primo piano dell’establishment dell’architettura mondiale. Lungo il tragitto, aveva ottenuto un Pritzker Prize, nel 1989, e aveva perfezionato quello “stile Gehry” che avrebbe connotato tutte le sue architetture successive. Come affermò Michael Webb con toni entusiastici su Domus nel 2003, la Walt Disney Concert Hall mostrava “di riassumere tutto quel che Gehry ha imparato nell’ultimo decennio. Il movimento e la raffinatezza della veste esterna e degli interni e il suo dinamico flusso spaziale la pongono nel Pantheon dell’architettura d’inizio millennio”.
- Progetto:
- Walt Disney Concert Hall
- Programma:
- sala da concerti
- Luogo:
- Los Angeles, Stati Uniti
- Architetto:
- Frank Gehry
- Completamento:
- 2003