Storie come quella di Pierre Paulin quasi ce le si aspetterebbe di default, da un paese – la Francia – che ci ha abituati a rivoluzioni del design come la 2CV o la Citröen DS, automobili Space Age nate mentre, altrove, ancora ci si limitava a ricarrozzare modelli da anteguerra.
Ma Paulin è un nome cruciale per il design moderno globale, non solo per quella Francia di cui ha saputo incarnare, anticipare e indirizzare uno spirito fatto di innovazione radicale, spesso spinta provocatoriamente al di là delle costrizioni dell’industria.
Pierre Paulin e la via francese al design domestico radicale
Tra i ’60 e i ’70, Paulin aveva ridiscusso l'idea di seduta e pavimento col progetto Action House per Herman Miller: i prototipi sono in mostra a New York, nel loft che fu studio del maestro minimalista Donald Judd.
Foto Timothy Doyon © Judd Foundation. Donald Judd Art © Judd Foundation/Artists Rights Society (ARS), New York
Foto Timothy Doyon © Judd Foundation. Donald Judd Art © Judd Foundation/Artists Rights Society (ARS), New York
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- Giovanni Comoglio
- 10 gennaio 2025
Stiamo parlando di chi dal 1967 diventa collaboratore del Mobilier National – che proprio in seno all’industria rappresenta l’espressione dello Stato francese, supervisionando l'arredo degli edifici pubblici – e che in questa cornice porta il design radicale dritto dentro l’Eliseo, progettando nel 1972 l’appartamento per il presidente Pompidou. Ma anche di chi saprà leggere, intuire e indirizzare le tendenze del design, creando una sua società di consulenza, fino ad anticipare ed abbracciare la stagione del collectible con una nuova collaborazione presidenziale, stavolta per Mitterrand negli anni ’80. Una storia personale, e familiare, che va a coincidere con la storia stessa di una disciplina e di un pensiero.
Al centro della ricerca di Paulin, fin dagli inizi, c’è il corpo, la possibilità dei corpi di definire in ogni momento un habitat a loro misura
C’è un’affinità tra le ricerche di Paulin e quelle dell’artista americano Donald Judd, stella polare dell’arte minimale, e sta nell’esplorazione delle potenzialità di un legame, quello tra la tecnica e la trasformazione dell’habitat percettivo umano: a consacrarlo e a concretizzarlo – per entrambi – c’è il design. Un design che a partire da una singola idea sviluppa sistemi, famiglie di oggetti dalla forte coesione interna (Judd si è anche allontanato dall’astrazione, non dimentichiamo, creando arredi importanti quanto le sue opere d’arte). Questo è uno dei motori che hanno spinto La Judd Foundation di New York a dedicare una mostra a Paulin, “Action House”, negli spazi di quello studio a SoHo diventato paradigma del loft living anni ’60, della rigenerazione di Manhattan passata attraverso il riuso e la reinterpretazione delle strutture; spazi dove nell’ultimo decennio sono già stati esposti i lavori di Alvar Aalto, Dan Flavin, Felix Gonzalez-Torres e Yayoi Kusama.
Al centro della ricerca di Paulin, infatti, fin dagli inizi c’è il corpo, la possibilità dei corpi di definire in ogni momento un habitat a loro misura: è da lì che nasce il suo progetto Action House, una collaborazione del 1968 tra Paulin e l’americana Herman Miller, pensata per estendere all’ambiente domestico la versatilità dell’Action Office lanciato dal brand poco prima, negli anni della direzione di George Nelson. Il sistema Action House è una “famiglia”, di installazioni modulari configurabili dall’utente anche al di là delle limitazioni fisiche imposte dall’architettura d’interno convenzionale: non andrà in produzione, rimarrà allo stato di cinque maquettes acquisite in collezione dal Centre Pompidou, e tre prototipi che Paulin usa per la sua abitazione.
Ci sono i 25 “spicchi”, moduli su basi tetraedriche del sistema Dune, componibili in una topografia continua da dedicare a qualsiasi attività, dal relax alla socializzazione; e c’è il Déclive regolabile in inclinazione che mette anch’esso in discussione cosa sia suolo e cosa sia seduta. C’è poi il Tapis-Siège che Paulin progetta in indipendenza nel 1972 per la sua casa parigina: è un altro passo nell’esplorare la molteplicità di vocazione delle superfici, un esperimento sul concetto di vicinanza al suolo e di condivisione proprio del tatami giapponese, interpretato attraverso piegature e appoggi imbottiti che invitano alla seduta. Lontani dall’idea di singolo mobile, ma anche da quella di arredo integrato o fisso, i concept di Paulin per il vivere domestico ne decostruiscono i fondamentali, per ricomporli in sistemi che sono spazio puro, apparentemente astratti nel loro essere invece qualcosa di estremamente concreto e radicato nel presente, dettato da percezione e corpo.
Immagine d'apertura: Tapis-Siège, "Pierre Paulin: Action House", Judd Foundation, New York. Foto Timothy Doyon © Judd Foundation. Donald Judd Art © Judd Foundation/Artists Rights Society (ARS), New York
- Pierre Paulin: Action House
- Flavin Judd, direttore artistico Judd Foundation, e Paulin, Paulin, Paulin.
- Judd Foundation
- 101 Spring Street, New York
- fino al 15 febbraio 2025
Module Rectangle
Veduta dell'allestimento
Declive n° 5
Ensemble Dune
Ensemble Dune
Miami Table
Veduta dell'allestimento