L’estate è propizia alla lettura. Per consumare romanzi in spiaggia o al bordo di un lago, ma anche per immergersi in libri che possono aprire delle nuove prospettive.
10 libri per l’estate
Dalla botanica al post punk, dalla rivoluzione del craft a un libro tutto immagini come una fanzine, da Emanuele Coccia a Ursula Le Guin, il neo-Compasso d’Oro Emanuele Quinz seleziona per Domus dieci letture chiave.
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- Emanuele Quinz
- 03 agosto 2022
Chi si interessa al design, in questi ultimi anni ha iniziato ad approfittare di proposte sempre più ricche. Alle case editrici già specializzate nel settore si sono aggiunte nuove iniziative editoriali indipendenti, con l’effetto di moltiplicare i punti di vista e animare un dibattito sempre più attuale. Ed è proprio questo legame con l’attualità che rende i libri sul design sempre più importanti – non solo agli occhi degli specialisti ma di tutti.
Nel momento in cui, dopo due anni di pandemia e in piena crisi ecologica e politica, le riflessioni sui nostri modi di abitare il mondo, di co-abitare nel mondo, diventano sempre più fondamentali e urgenti, Il design appare come un osservatorio privilegiato non solo per comprendere la situazione ma anche per considerare delle soluzioni. Allo stesso tempo, anche se rivendica sempre di più un ruolo politico strategico, il design mantiene al centro dell’attenzione la questione estetica: costruire un mondo non solo migliore ma anche più bello (forse migliore perché più bello, o forse più bello perché migliore).
Ecco allora 10 proposte di letture per questa estate 2022: dei volumi dai formati molto diversi, scelti nell’attualità internazionale, che permettono di esplorare prospettive inedite, di scoprire editori emergenti, e, perché no, di rivoluzionare il proprio punto di vista. L’estate non è solo propizia alla lettura, ma anche al cambiamento.
Pubblicato dalla casa editrice Phaidon, il volume riprende una ricerca svolta durante la pandemia di Covid e costituisce un compendio fondamentale per comprendere il design come pratica sociale – in un mondo sempre più in crisi. Paola Antonelli e Alice Rawsthorn, sempre fra le prime a identificare gli indizi dei mutamenti in corso, riuniscono intorno a loro designer ed esperti di diversi settori disciplinari in una serie di interviste, che spaziano dalla comunicazione alla tecnologia, dall’impegno sociale alle strategie ecologiche, e toccano temi sensibili e disparati come la giustizia, le migrazioni, la crisi sanitaria, la stratificazione identitaria. Un libro importante, che segna un’epoca, indicando come il design oggi non va più pensato come un mezzo per fabbricare nuovi prodotti, ma come uno strumento per “riparare” i rapporti incrinati tra uomo e natura e rispondere agli “stati di emergenza”, che invece di ridursi si moltiplicano.
È inutile farci illusione, siamo tutti fragili, è la nostra natura di esseri viventi, minacciati da pericoli, aggressioni, contaminazioni, e anche di esseri sociali, sempre più in balia dei giudizi, degli sguardi degli altri. Non solo il nostro corpo è fragile, ma la nostra identità, la nostra volontà. Allora, come è possibile rendere questa vulnerabilità una forza? È una questione anche di design: di muri, di superfici di protezione, ma anche di aperture, di soglie. Questo piccolo libro, scritto da due filosofi che giocano con la letteratura, e illustrato dalla designer e artista olandese Lotte Schröder, ci trasporta nel mondo della nostra fragilità, alla scoperta del potere del design e dell’arte, capaci di produrre connessione e bellezza e di ribaltare il corso delle cose.
Negli ultimi anni, il mondo del design è stato scosso dall’onda del Craft, dal ritorno delle tradizioni artigianali e del “fatto a mano”, dalla rivoluzione dei Makers e dei FabLab. Nate come critiche a una società industriale sempre più consumista, inquinante e ingiusta, tutte queste pratiche hanno modificato profondamente la definizione stessa di design, sempre più etica e sostenibile, sempre più locale e partecipativa. Nuovi processi economici, nuove dinamiche sociali si sono diffuse, con l’effetto di separare progressivamente il design dall’industria e reinserirlo nell’orizzonte del quotidiano. Il 3 volume della serie EP, pubblicato dalla casa editrice Sternberg, e curato da Catharine Rossi e Alex Coles, permette di fare il punto su questa rivoluzione, e di capire quali effetti essa ha prodotto, come ha ridisegnato il mondo (non solo del design): dopo il post-moderno, il post-craft?
Un libro che si sfoglia come un fanzine, di sole immagini. O che si osserva come un mood board che riunisce foto, disegni e illustrazioni, e che ci da accesso al mondo di Jonathan Olivares, designer multi-premiato basato a Los Angeles. La costellazione di immagini permette di esplorare le risonanze che legano le tre passioni dell’autore, lo skateboarding, i graffiti e l’industrial design: un gioco di indizi e di influenze culturali, di suggestioni formali e di inattesi contrappunti, di dettagli imprevisti, che ci spiega non tanto cosa ma come vede un designer.
Emanuele Coccia è, senza ombra di dubbio, uno dei pensatori più innovativi del nuovo millennio. E Viviane Sassen è, senza ombra di dubbio, una delle fotografe più radicali e celebrate degli ultimi anni. Il volume, prodotto in una sontuosa veste grafica dalla casa editrice parigina JBE Books (Jean Boîte Éditions), si presenta come un incontro al vertice, in cui testi e fotografie producono una composizione sapiente e sorprendente di immagini e parole. Se il testo di Coccia, alla frontiera fertile tra filosofia e letteratura, esplora le ibridazioni della materia e del linguaggio, le fotografie di Sassen mettono in scena un universo complesso, di cui è difficile comprendere gli strati e le componenti. Il concetto al centro del volume è quello di alchimia: l’idea di una trasformazione continua degli elementi – in cui la natura diventa arte e l’arte natura. Un viaggio inebriante.
Un libro che si presenta come una festa per gli occhi: corredato da un’iconografia sfolgorante e che presenta declinazioni storiche e contemporanee dell’erbario, allo stesso tempo collezione botanica, spazio di invenzione creativa e scrigno delle meraviglie. Introdotto da un saggio luminoso di Domitilla Dardi, storica del design e curatrice del MAXXI, che rivela come tali oggetti illustrano le trasformazioni del rapporto tra uomo e natura, tra osservazione scientifica e sperimentazione artistica.
Non è precisamente un libro di design o sul design, anche se si presenta come un oggetto di design, nella splendida veste grafica realizzata da Ott Kagovere. Pubblicato dalla casa editrice indipendente finlandese Rab-Rab Press, fondata dal ricercatore e attivista Sezgin Boynik, il volume riunisce per la prima volta dei testi fondamentali sulla cultura punk nel contesto politico della Slovenia post-jugoslava degli anni Ottanta: un mix esplosivo di filosofia radicale e di pratiche anarchiche, con contributi di autori impegnati e trasgressivi come Slavoj Zizek, Rastko Močnik, Zoja Skušek. Quando il punk diventa uno strumento di rivoluzione.
Pubblicato all’occasione di un’esposizione al MACRO di Roma, il libro si presenta come un collage di fotografie e testi – a metà strada tra il catalogo e il libro d’artista. È un’occasione fondamentale per (ri)scoprire il lavoro di Nathalie du Pasquier, francese di nascita, milanese di adozione, una delle figure più importanti dell’arte e del design degli ultimi decenni, conosciuta soprattutto per la sua partecipazione al gruppo Memphis, riunito intorno a Ettore Sottsass negli anni Ottanta. Pitture che, inventando raffinatissime combinazioni di colori, scuotono l’aridità dell’astrazione, si alternano a oggetti dalle assonanze surreali e metafisiche, e a testi pieni di acume e di verve. Un vero e proprio caleidoscopio di forme e di idee, elettrizzante.
Un libro, piccolo di formato e di prezzo, ma grandissimo per l’importanza. Non tratta direttamente di design, ma chi si occupa o si interessa di design non può non leggerlo, in quanto presenta un’ipotesi che ribalta la visione della disciplina e della sua storia (e non solo). E se, si chiede la celebre scrittrice di fantascienza Ursula Le Guin, il primo manufatto umano non fosse un bastone per colpire e uccidere le prede, ma un contenitore per raccogliere le cose di cui si ha bisogno per vivere, “cose utili, mangiabili e belle”? Allora la storia dell’umanità (e del design) andrebbe riscritta, non a partire dalla prospettiva delle guerre, dello sfruttamento e delle dominazioni, ma del prendere cura delle cose, del corpo, del mondo… una storia femminile più che femminista, in ogni caso rivoluzionaria e necessaria. L’edizione, pubblicata dalla editrice indipendente Ignota, fondata nel 2017 sulle Ande peruviane, è impreziosita da un’introduzione dell’imprescindibile Donna Haraway e da dei disegni dell’artista coreana Lee Bul.
Un piccolo libretto di istruzioni, pieno di disegni e di diagrammi che spiegano come costruire contenitori e oggetti. Un libro in apparenza modesto, ma in realtà si tratta di un vero e proprio trattato non solo di design ma sul design. Affermando la sua predilezione per la semplicità delle forme e dei gesti, il designer francese David Enon ricostruisce dalle fondamenta la definizione di design. Alludendo nel titolo il celebre libro di George Perec (La vie: mode d’emploi, La vita: istruzioni per l’uso), con ironia e saggezza, Enon ci spiega, che il design è precisamente questo: la capacità di destreggiarsi nella “vita materiale”, ovvero inventare modi per utilizzare materiali e oggetti nella vita di tutti i giorni. Elogio del designer come bricoleur (e del designer-bricoleur che c’è in ciascuno di noi).