La casa di moda compie quest’anno cento anni dall’apertura del primo punto vendita a Firenze, una piccola bottega di pelletteria nata da una felice intuizione di Guccio Gucci. Da allora segue una storia fatta di successi oltreoceano, collaborazioni e scandali familiari. Riportato alla ribalta, sia artistica sia economica, dal direttore creativo Alessandro Michele e dal CEO Marco Bizzarri, la maison però sta per chiudere un’anniversario importante.
Un secolo di Gucci raccontato in 10 tappe fondamentali
Ripercorriamo i cento anni del brand attraverso i passaggi fondamentali che ne hanno segnato la storia, dalla bottega di Guccio Gucci fino alle visioni post-gender di Alessandro Michele.
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- Romina Totaro
- 02 dicembre 2021
Un’anno ricco di eventi per la maison, dunque, che – dopo il traguardo raggiunto lo scorso aprile con Gucci Aria, e la più recente collezione Gucci 100 – ha la sua conclusione con l’uscita del film-evento House of Gucci, diretto da Ridley Scott e con un cast stellare che va da Lady Gaga, Adam Driver e Jared Leto fino a Al Pacino.
Proponiamo qui un viaggio nella storia del brand in dieci tappe fondamentali, dalla sua nascita, alla direzione artistica di Tom Ford, fino ai giorni nostri.
Guccio Gucci, nato a Firenze nel 1881 da una famiglia di artigiani toscani, si appassiona alla moda quando da giovanissimo si trasferisce insieme alla famiglia a Londra per lavorare come ascensorista in un famoso hotel della capitale britannica, ammirando lo sfarzo della nobiltà inglese. Fu la nostalgia a spingerlo a tornare definitivamente in Toscana, dove inizia a vendere articoli di valigeria e pelletteria e nel 1921 fonda a Firenze l’Azienda Individuale Guccio Gucci.
Si tratta di una piccola bottega dove vende valigie in pelle importate, espandendosi gradualmente anche ad articoli da viaggio e sellerie per l’equitazione, realizzati da artigiani locali. Gli accessori di pelletteria della casa faranno sempre riferimento all’ambito equestre: il morsetto e la staffa prima, un nastro verde-rosso-verde ispirato dal sotto-pancia della sella poi.
Nonostante la morte di Guccio Gucci nel ‘53, l’azienda fiorentina vene una crescita esponenziale delle vendite. Viene aperto un primo negozio fuori dai confini italiani a New York, , alla quale ne seguiranno diverse tanto che un’area della Grande Mela è conosciuta come Gucci City. L’ormai affermata Maison vestirà da quel momento le più famose star del cinema e della politica a stelle e strisce, tra queste ricordiamo la bellissima Liz Taylor e Jackie Kennedy.
Ed è proprio da quest’ultima che prende il nome Jackie O, una delle più iconiche borse del marchio, presentata per la prima volta nel 1961, con la sua forma curva e la sua chiusura in metallo color oro.
A fronte di questo successo ormai globale, nel 1966 Principe Ranieri di Monaco e sua moglie Grace Kelly entrano nella Boutique di Gucci in via Montenapoleone a Milano, dove vengono accolti da Rodolfo Gucci, il quale decise di commissionare un disegno all’illustratore, pittore e scenografo Vittorio Accornero de Testa, per un foulard di seta.
Nasce qui Flora, l’iconico foulard di seta il cui motivo floreale ha ispirato e continua a ispirare oggetti e collezioni Gucci ancora oggi.
Per risollevare le sorti del marchio, viene assunto come vice-presidente Dawn Mello, con il compito di portare novità e creatività al marchio. Nel 1994, Tom Ford, un giovane designer texano, viene scelto, invece, come nuovo direttore creativo della maison. Il punto di svolta fondamentale è stata la collezione a/i 1995, caratterizzata da una serie di pantaloni di velluto e camicette di seta.
Qui la supermodella Kate Moss ha sfilato con una camicia di raso verde acqua, aderente come una lingerie. Abbinata a una mini borsa iridescente, il look rappresentava il picco degli anni ’90, poi replicato lo stesso anno da Madonna agli MTV Music Video Awards.
Due stagioni dopo, con la sua sfilata dell’autunno 1996, il brand riuscì a sostenere questa risalita positiva ma con un pubblico molto più ampio, ora più ricettivo al nuovo approccio di Ford al glamour. Lo stilista americano capisce fin da subito l’importanza delle campagne pubblicitarie e unito alle sue direttive stilistiche, Gucci ritorna ad essere un punto di riferimento nel panorama internazionale.
L’abito più iconico della sfilata sarà però il completo rosso velluto, indossato poi quello stesso anno da Gwyneth Paltrow – abbinato a una camicia azzurro pastello aperta sul décolleté – e reinterpretato anche nella più recente collezione Aria.
Abbandonando la rigida eleganza che lo aveva caratterizzato fino a poco prima, nel 2002 Ford introduce nuove forme rilassate, per quella che si sarebbe poi rivelata essere la sua ultima collezione come direttore creativo del brand. La nuova estetica sposa un savoir faire dalla risonanza hip-hop, con pantaloni ultra-casual e giacche con cuciture asimmetriche sono state tagliate extra-large.
Ford mostra qui grembiuli delicatamente raccolti e un abito nero a doppio strato rivettato con minuscoli ganci a occhiello.
Dopo l’improvvisa dipartita di Ford vengono quindi nominati tre diversi designer: John Ray, Alessandra Facchinetti, che diventa Direttore Creativo per l’abbigliamento donna nel 2004, e Frida Giannini, designer di Gucci dal 2002, nominata direttore creativo del brand nel 2006.
Quest’ultima attenua l’esplosione Porno Chic del suo predecessore, reinterpretando il brand “da sexy a sensuale”. Il suo debutto è più colorato e ricco di stampe, pieno di abiti femminili dal sapore anni ’70.
Nel gennaio 2015 viene nominato come nuovo direttore creativo Alessandro Michele, già designer del brand dal 2002. Da questa data si può tracciare la vita di una “nuova Gucci” dal gusto sofisticato, intellettuale e androgino. Dopo due decenni di sesso ostentato, arriva una moda post-gender aiutata anche dal nuovo casting: non solo modelli e modelle incredibilmente giovani, ma anche un'aria quasi goffa e asessuata.
La collezione donna porta una nuova freschezza al marchio, con stampe floreali, pizzi, ricami e pelliccia, a volte il tutto mescolato insieme su un unico indumento.
Una processione transumana in una sala operatoria. Nel 2018 Alessandro Michele raccontava nei suoi abiti la metafora dell’autodeterminazione, una popolazione in fase di rigenerazione grazie alle nuove potenzialità offerte dalla tecnologia. Ispirandosi a “Manifesto cyborg” di Donna Haraway, pilastro della filosofia femminista pubblicato nell’84, Gucci mette in passerella una figura che supera il dualismo di identità, unendo natura e cultura, maschile e femminile, normale e alieno, psiche e materia.
Qualcuno cullava un cucciolo di drago. Un paio di persone avevano repliche delle loro teste infilate sotto il braccio. Molti avevano il volto coperto da balaclava lavorati a maglia, suggerendo surrealmente uno stato post-operatorio.
Nella sua ultima opera, il direttore creativo Alessandro Michele ha fatto brillare l’iconico Hollywood Boulevard, rendendo omaggio alle prime star del grande schermo statunitense. Nella presentazione delle nuove collezioni donna e uomo, ritroviamo tutti i ricordi e personaggi mitologici dell’infanzia di Michele in passerella, sotto forma di trasfigurazioni contemporanee.
In questo processo di sintesi, l’abito bianco indossato da Marilyn Monroe nel film “Quando la moglie è in vacanza” diventa un long dress di raso color latte bordato a pieghe, o ancora un completo blazer scollato a V.